In questo quinto post della Rivoluzione Geo-digitale vogliamo effettuare una sintesi di quanto discusso sinora, cercando di creare un ponte tra “high level thinking” degli specialisti e come si possa passare ad applicazioni e soluzioni “trasversali” concrete atte all’utilizzazione di massa per il miglioramento della qualità della vita – smart communities, sicurezza, telemedicina / e-health, pianificazione di reti e servizi, tempo libero che saranno oggetto dei prossimi post.
Come osservavamo nella presentazione dell’iniziativa editoriale La rivoluzione Geo-Digitale, il settore delle tecnologie geo-spaziali (Geo-ICT) sta attraversando una trasformazione epocale. Oggi non è più limitato al solo dominio geomatico, ma coinvolge molti altri campi ICT (information & communication technologies) che utilizzano dati georeferenziati e mappe geo-spaziali, con un costante esplosivo aumento di nuovi prodotti e servizi, nonché la possibilità di migliorare o ri-ingegnerizzare i processi aziendali. Il valore e l’utilità risultanti per l’economia e la società attraverso l’industria geo-spaziale è stimata in oltre 500 miliardi di dollari nel mondo, e i vantaggi della geografia digitale e della dimensione spaziale vengono sempre più apprezzati dai cittadini a livello globale, in una forma o nell’altra. La trasformazione digitale della cartografia e la pervasiva diffusione delle tecnologie geospaziali in molti altri settori dell’ICT – sospinta dal dirompente sviluppo della Rete oltre il dominio della geomatica – hanno già migliorato il contesto della nostra vita e sono destinate a incidervi sempre più in futuro, attraverso applicazioni innovative “aperte” (Open Innovation) che presuppongono però il coinvolgimento di competenze multidisciplinari, in grado sia di acquisire e utilizzare le conoscenze estratte da un territorio / comunità, sia di integrare un uso appropriato della tecnologia disponibile all’interno di scenari in evoluzione.
Geo Professionisti?
Come sottolineato in Informazione geografica: quali profili professionali? per cogliere le opportunità offerte dalla rivoluzione geospaziale digitale, è fondamentale affrontare il problema delle competenze geo-digitali, identificando i profili professionali all’interno del settore geospaziale, in grado di fungere da divulgatori, acceleratori e gestori per l’utilizzo dei dati geospaziali all’interno di una spatial data infrastructure (SDI) – come ad esempio una comunità intelligente. Ciò richiede nuovi profili professionali (di terza generazione), che secondo la nomenclatura dell’European e-Competence Framework (e-CF) possono essere messi in relazione con il quadro dei 23 profili professionali ICT di seconda generazione. I profili professionali proposti intendono quindi coprire l’intero processo di business Geo-ICT, rappresentato dalla dimensione 1 dell’e-CF, cioè dalle cinque aree di e-Competence, derivate dai processi business dell’ICT: pianificare (plan), realizzare (build), operare (run), abilitare (enable) e gestire (manage).
Stati Generali dell’Innovazione (SGI) e AMFM GIS Italia sono parte attiva di un’iniziativa dell’Agenzia di regolazione UNINFO per stabilire una norma che si occupi della regolamentazione dei profili di informazione geografica (IG). L’iniziativa, sostenuta da AgID (Agenzia per l’Italia Digitale), l’Autorità Governativa incaricata dell’attuazione dell’Agenda Digitale Italiana, ha come obiettivi:
- identificare e caratterizzare i principali profili professionali operanti nel dominio di IG;
- stabilire le relazioni appropriate con i principali regolamenti nazionali e internazionali;
- definire le abilità e le competenze di IG e integrarle con la norma UNI 11056;
- estendere i deliverable dei KPI (key performance indicator) legati ai profili professionali IG per fornire al mercato un riferimento definito e una qualità adeguata;
- identificare ulteriori miglioramenti e perfezionamenti;
- fornire al legislatore uno strumento utile per la regolamentazione tecnica.
I risultati preliminari hanno introdotto due profili specifici, ovvero il geographic information manager (GIM) e il geographic knowledge enabler (GKE). Il primo è un esperto il cui compito principale è promuovere la crescita del livello di qualità e le competenze tecniche all’interno della rete di stakeholder. Il suo impegno si concentra principalmente su questioni relative alla capacità di trarre beneficio dai dati territoriali (abilitazione spaziale), sia in termini di disponibilità di tali informazioni che di competenze richieste per il loro utilizzo e la loro valorizzazione. Il GKE è un esperto il cui compito principale è promuovere la consapevolezza e il pensiero spaziale all’interno della rete di stakeholder. Il suo impegno si concentra principalmente su questioni relative alle competenze geografiche professionali e all’educazione alla “cittadinanza spaziale”, ovvero consentire a individui e gruppi di interagire e partecipare al processo decisionale spaziale della società attraverso la produzione riflessiva e l’uso dei geo-media (media geografici come mappe, globi virtuali, GIS, Geoweb, …). GKE deve anche monitorare le competenze geospaziali richieste e il loro aggiornamento rispetto al tempo e promuovere interventi educativi necessari per far crescere le competenze legate al pensiero spaziale e all’intelligenza geospaziale.
Quale mercato?
In un ideale filo rosso di passaggio dalle opportunità e competenze necessarie, Uno sguardo al mercato globale del settore geospaziale si è occupato del mercato dell’industria geospaziale, prendendo in esame il Global Geospatial Industry Outlook 2017 di Geospatial Media and Communication. La prima sezione del rapporto, oggetto del post di gennaio, espone i principali trend dell’industria geospaziale e dei processi di business emergenti nel Mondo, sottolineando il continuo e inarrestabile processo di innovazione tecnologica nel settore, dovuto sia a ricadute dalla ricerca nelle geospatial sciences che al processo di “contaminazione” con un sempre maggior numero di altri settori ICT. Le tecnologie geospaziali sono diventate in pochi anni omnipervasive, e l’industria di questo settore sta attraversando una fase di marcata dinamicità a livello imprenditoriale, testimoniata da molteplici acquisizioni, partnership, spinoff e startup.
Al riguardo può essere utile integrare quanto sopra con alcuni risultati di uno studio precedente (2013) di OXERA, che ha preso in considerazione sia i noti benefici dei geo-servizi, come ad esempio la riduzione dei tempi di ricerca dei luoghi e l’aumento della scelta del consumatore, sia vantaggi aggiuntivi meno considerati, come tempi di viaggio e risparmi di carburante da navigazioni più efficienti, miglioramento dei servizi di emergenza e benefici dell’istruzione, in termini sia di capacità cognitive aggiuntive che di migliori prospettive di carriera e retribuzione. Più ampie esternalità economiche positive dell’impatto dei geo-servizi riguardano un maggior stimolo alla concorrenza tra le imprese per diverse cause, come il contributo alla riduzione dei prezzi (ad es. riducendo i costi di trasporto), maggiore efficienza (ad es. riduzione del consumo di acqua in agricoltura), aumento della scelta del consumatore (ad es. grazie a una migliore promozione di prodotti / servizi) e di servizi innovativi.
Nel post Il mercato del settore geospaziale: quale il ruolo dell’Italia? si è presa in esame la seconda sezione del rapporto Global Geospatial Industry Outlook 2017 di Geospatial Media and Communication, riguardante un’analisi effettuata su 50 Stati in termini di geospatial readiness index (GRI) nazionali, definiti per misurare la propensione di una nazione a sfruttare le opportunità offerte dalle tecnologie geospaziali, illustrandone l’esito dell’analisi GRI che riguarda il nostro Paese, cui è stato assegnato un GRI di 50 punti (su 100), al ventesimo posto su 50 Stati considerati. A livello europeo sopravanziamo solo Portogallo, Polonia e Grecia, ma ci possiamo compiacere di essere davanti a Sud Corea, India e Nuova Zelanda. Tutti i Paesi OCSE hanno però ottenuto un GRI maggiore — primi classificati gli USA, con un GRI di 86 punti su 100.
Purtroppo, a parte il primo dei quattro pilastri (pillar) sui quali è stata effettuata l’analisi, solo nel primo (Infrastruttura geospaziale e struttura delle policy) l’Italia abbia ha in sulla materia profuso dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), da molte Regioni – e in particolare del Comitato interregionale competente in seno al Centro Interregionale per i Sistemi Informatici geografici e Statistici (CISIS) – e da altre Istituzioni. Gli altri 3 pillar – Capacità istituzionale (in termini di formazione geospaziale e di specializzazioni disponibili), Livello di adozione da parte degli utenti della tecnologia geospaziale e Capacità industriale – sono al disotto o appena appena al disopra di una valutazione due cifre, ancorché come capacità industriale (anche) il settore geospaziale sia ricco di PMI e micro-entità small office home office (SOHO), molto dinamiche e spesso attive nell’arena internazionale. Si dovrebbe partire da quest’ultima osservazione per conquistare posizioni e costruire un’efficiente infrastruttura geospaziale, perfezionare il quadro delle policy, creare una sempre maggiore capacità istituzionale, una forte capacità del settore e una approfondita adozione da parte degli utenti dei vari settori verticali.
Del resto, sta aumentando la consapevolezza generale – opinione pubblica, Istituzioni, imprese e comunità sociali – nei riguardi della rilevanza dell’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile approvata dalle Nazioni Unite nel 2015, e dei relativi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile — sustainable development goals (SDG). Riteniamo essenziale questo processo, monitorato dall’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (iniziativa che riunisce attualmente oltre 180 tra le più importanti Istituzioni e Reti della Società Civile), che oltre a riguardare un tema centrale del nostro presente e futuro, sosterrà anche la visione di una società geospazialmente consapevole. Ciò contribuirà a stimolare una crescita sistemica del settore geospaziale, raccogliendo le sfide e le opportunità offerte da un mercato – come si è visto – in forte crescita a livello globale, con ricadute occupazionali qualificate e valorizzazione dell’expertise del tessuto delle imprese italiane del settore, e a mitigare il geo-digital divide.
Spatial Enablement
Per perseguire tali effetti positivi e prospettive di sviluppo della Geospatial Revolution, è fondamentale tenere conto del concetto di “spatial enablement”. Le informazioni geografiche contribuiscono notevolmente a cambiare il modo di gestire e organizzare economie, individui e territori, ed è molto importante porre enfasi sulla capacità di sfruttare i dati geospaziali, sia in termini di disponibilità che di competenze necessarie per il loro sfruttamento – relativamente alla società nel suo complesso, ad una comunità o un corpo individuale. Amministrazioni pubbliche, cittadini e imprese possono acquisire competenze nell’uso di dati geospaziali per organizzare le loro attività e le modalità di comunicazione, e (solo) una società spatially-enabled sarà in grado di raggiungere gli obiettivi utilizzando i dati geospaziali, insieme ad altre informazioni, per prendere decisioni sulla vita quotidiana di individui e organizzazioni, per accomodare una varietà di bisogni e interessi specifici.
L’abilitazione spaziale svolge un ruolo significativo anche nella creazione di città/comunità intelligenti. Queste devono essere “spatially-enabled“, ovvero (i) considerare i dati geospaziali come un bene comune e (ii) renderli apertamente disponibili per stimolare l’innovazione.
Tre requisiti devono essere soddisfatti per poter diventare una spatially enabled smart city: (1) i cittadini devono essere in grado di godere dei dati geospaziali, avendo anche l’opportunità di acquisire una adeguata formazione (devono cioè essere “alfabetizzati spazialmente”); (2) un ambiente favorevole per la condivisione di dati territoriali, adottando standard geospaziali unificati a livello globale; (3) processi di comunicazione equi e regolari, in cui la componente geospaziale sia trasparente e onnipresente, in modo da rendere fluida ed efficace la proliferazione delle relazioni tra istituzioni e comunità.
Infine, è importante considerare che l’abilitazione spaziale può essere raggiunta dai processi di città/comunità intelligenti anche attraverso la definizione di nuovi profili professionali all’interno del settore geospaziale.
Il quadro risultante conferma che il settore geospaziale offre opportunità di sviluppo come mai accaduto in passato. I prodotti e i servizi Geo possono avere un impatto sistemico sul valore della “tripletta” ambientale-sociale-economico, che di fatto individua la “sostenibilità”. Il cambiamento è inizialmente indotto da internet che offre la possibilità di sfruttare tecnologie innovative e una quantità impressionante di contenuti disponibili. Questi fattori hanno attratto nuovi attori: i grandi player ICT, le aziende del settore automobilistico, civile, l’utenza nel suo complesso, la finanza, la consulenza e persino le startup che si stanno avvicinando a questo mercato utilizzando le tecnologie geospaziali come componenti per applicazioni incentrate sui bisogni dei consumatori. Una fetta sempre più ampia della cittadinanza sta comprendendo i benefici esponenziali della geografia digitale e della dimensione spaziale in diverse forme e per scopi diversi. I confini tra Geo e non-Geo ICT stanno rapidamente affievolendosi, diventando ancora più sfumati a causa dei cambi di paradigma che possono essere rilevati in tutti i settori ICT: soluzioni interoperabili cloud-based e aperte, nuovi modelli di business (dati, piattaforme, servizi e software “as a service”) in un contesto di continue operazioni di riposizionamento di società geospaziali – attraverso acquisizioni di società e/o partnership – per offrire ciò che il mercato richiede.
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