5 motivi per usare la customer experience come metodo di scelta della tecnologia

Il numero di tecnologie che affollano il mercato moderno e si propongono di risolvere i problemi delle aziende è veramente diventato enormeQuesto è particolarmente vero se guardiamo alle tecnologie che impattano sul rapporto con il cliente: CRM, DMP, marketing automation, social media marketing, adtech e chi più ne ha più ne metta.

La sfera della martech, infatti, seguendo la mappatura di Scott Brinker, cresce in modo esponenziale.

Fonte: https://chiefmartec.com/

Per altri versi, a complicare il tutto ci sono le numerosissime acquisizioni (ultima quella di Marketo da parte di Adobe) che vanno a creare grandi colossi e complesse “marketing cloud” su cui diventa veramente difficile prendere delle decisioni motivate, anche perché nelle aziende ci sono già strumenti che vengono dal passato e che in qualche modo devono essere considerati. Tanto più che anche i processi di acquisto della tecnologia sono sempre più articolati tra le funzioni.

C’è però un criterio, tanto popolare oggi a parole quanto nella realtà non attuato, che dovrebbe guidare queste e molte altre scelte che le aziende fanno per rimanere competitive sul mercato: la customer experience. Ecco 5 ragioni per lavorarci seriamente.

Non solo marketing

Forrester Research nei suoi studi ha individuato il fatto che a influenzare l’esperienza di un cliente finale c’è un 20% di contribuzione da parte di quelle funzioni da sempre deputate allo scopo dell’interazione e un 80% di impatto del resto dell’organizzazione di backoffice che, in termini di regolamenti, procedure, abilitazioni e altre cose di questo genere, influisce sul risultato finale.

Nessuna funzione è quindi esclusa del problema della CX e di conseguenza anche tutte le tecnologie usate negli altri processi sono importanti e idealmente da integrare con le tecnologie di marketing puro.

I sistemi IT di base, gli strumenti HR, quelli finanziari e quelli di collaborazione in generale sono elementi non marginali per il successo delle aziende nel servire e mantenere i propri clienti.

Il customer journey

Tutte le aziende pensano di conoscere i loro clienti e di servirli nel modo migliore, questo è forse vero da un punto di vista tradizionale e unidirezionale ma tende a mostrare delle crepe nel momento in cui ci muoviamo in un discorso di omnichannel e comunque di comportamenti sempre più complessi e meno lineari.

Torna qui quanto mai forte quindi il problema del lavoro attraverso tutta l’organizzazione per coordinare le funzioni, con il grande tema di dare a tutti un obiettivo comune lungo il percorso che ci aspettiamo che il cliente dovrà fare e che deve essere.

Fonte: https://econsultancy.com/

Se da un lato è assolutamente complesso portare a termine questo lavoro e continuare poi ad evolverlo nel tempo, dall’altra il journey è un criterio vincente e di grande spessore per poter creare quel consenso di obiettivi e risultati che è il presupposto nella scelta delle tecnologie corrette e dei processi da costruire sopra di esse.

L’importanza dei momenti 

In questi giorni sto rileggendo, in edizione italiana, Momenti che contano dei fratelli Heath e questa lettura è particolarmente coerente con tutto il discorso che sto qui facendo rispetto alla CX. Sono degli specifici momenti a creare il valore dell’esperienza e questi momenti possono essere disegnati e progettati, non lasciando nulla al caso.

Fonte: Google

La tecnologia è semplicemente un abilitatore e un supporto del pensiero, per cui la sua scelta deve derivare da una strategia e non viceversa. Come ho scritto recentemente, la capacità di gestire il contesto è qualcosa di molto meno semplice di quanto si possa pensare e l’impatto sull’organizzazione, come vedremo anche alla fine, non è trascurabile.

La misurazione dei ritorni

Dico una banalità perché sono le banalità poi a non essere messe a terra nella vita vera: sapere qual è la customer experience che intendiamo disegnare è un valore di differenziazione competitiva ma ancor più semplicemente ci permette di misurare se gli investimenti fatti hanno portato davvero frutto.

La già citata mancanza di obiettivi comuni resi espliciti e condivisi tipicamente fa sì che non vengano misurati (in team) tutti i risultati che possono essere raggiunti piuttosto che la totalità degli impatti negativi di ogni scelta.

Inoltre, solo una misurazione costante e non fatta solo ex post permette di correggere ed evolvere continuamente il modo in cui cliente viene gestito, servito e mantenuto.

Gli impatti sull’organizzazione

Come già accennato sopra, l’adozione di nuove tecnologie volte alla CX si porta dietro degli impatti significativi sull’organizzazioneNon si tratta infatti di imparare a usare un nuovo gestionale, in cui magari sono cambiati sono dei bottoni e un’interfaccia, ma di approcciare concetti nuovi e a volte anche piuttosto distruttivi rispetto al modo in cui si è sempre lavorato. Inoltre, sia le funzioni tradizionalmente deputate a gestire i clienti sia quelle che invece prima di fatto non li vedevano mai si possono trovare davanti a nuove evidenze che mettono in discussione la loro visione tradizionale dei fatti e chiedono dei cambiamenti.

Una riflessione preliminare sulla maturità dell’organizzazione e un piano per gestire i cambi che si renderanno necessari sono due requisiti importanti per quelle che poi saranno le migliori scelte da prendere anche in termini di tecnologia.

Tecnologia che a questo punto sarà l’ultima cosa da scegliere in ordine di tempo, con una solida visione che renderà più semplice il (comunque) arduo compito di orientarsi in una scelta quasi infinita di possibilità.

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Si occupa di Digital Strategy dal 2000 con, fin da subito, la convinzione che servano profili in grado di conciliare le logiche di business con una solida conoscenza della tecnologia in modo ibrido. Dal 2006 al 2014 è responsabile del Digital Marketing per un gruppo leader nel settore retail e successivamente, fino al termine del 2016, si occupa all’interno della stessa società dell’intero ecosistema della Customer Technology, facendo in modo di colmare la distanza tra Marketing, Change Management e gestendo l'Innovation Lab interno dell’azienda. Oggi ricopre un analogo ruolo di Digital Transformation a livello global per un importante brand del lusso italiano. Appassionato divulgatore con il blog http://internetmanagerblog.com, è docente in master e in corsi di alta formazione. Oltre ai viaggi digitali, ama conoscere nuovi posti anche nel mondo fisico.

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