4 domande su Biocarburante

Dopo Anidride Carbonica, il nostro tour tra le parole che tutti dovremmo conoscere, rinunciando a pregiudizi o false credenze, per comprendere meglio il tema della sostenibilità ambientale continua con la B di Biocarburante. Un termine intorno al quale ruotano domande come queste, alle quali abbiamo provato a dare una risposta.

Il biocarburante è un carburante normale? E’ altrettanto inquinante?

Il biocarburante, liquido o gassoso, è un carburante di origine rinnovabile, ottenuto con processi di trasformazione delle biomasse. E’ un’ottima alternativa ai combustibili fossili in quanto contribuisce a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, tanto che la UE, entro il 2020, punta a far sì che il 10% del carburante per i trasporti di ogni Paese europeo provenga da fonti rinnovabili.

I principali biocarburanti sono il bioetanolo, come sostituto della benzina, e il biodiesel per il gasolio. Il Biodiesel FAME, Fatty Acid Methyl Ester, si distingue da Biodiesel HVO, Hydrogenated Vegetable Oil, in quanto il primo è un biocarburante diesel prodotto a partire da fonti rinnovabili quali, oli vegetali, olio da cucina usato, acidi grassi o altro, attraverso processi industriali di transesterificazione. E’ composto da carbonio, idrogeno e ossigeno. Il secondo, invece, è un biocarburante diesel prodotto a partire da varie fonti rinnovabili quali oli vegetali, olio da cucina usato, acidi grassi, ecc., attraverso processi industriali di idrogenazione. Con un alto numero di cetano, presenta proprietà motoristiche simili o migliori al diesel di origine fossile. E’ composto da idrocarburi e può essere miscelato con il diesel di origine fossile in qualsiasi percentuale volumetrica.

Il biocarburante è davvero prodotto in quantità significative?

Con la direttiva UE conosciuta come RED II, che penalizza l’utilizzo di materie prime poco sostenibili nella produzione di biocarburanti e prevede nuovi criteri di premialità per l’uso di fonti rinnovabili identificate dalla direttiva stessa, i biocarburanti non solo sono di migliore qualità, ma ne è anche aumentata la produzione. Secondo l’Eurobarometro dei biocarburanti 2019 di EurObserv’ER, infatti, nel 2018 la produzione di biocarburanti in Europa è cresciuta del 10% rispetto al 2017, arrivando a 17 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, di cui un 82% di biodiesel, un 17,1% di bioetanolo e solo lo 0,9% di biometano, considerato il più sostenibile fra i biocarburanti ma prodotto ancora in pochissima quantità. Negli ultimi dieci anni la quantità di biocarburanti utilizzata si è quadruplicata. Secondo i dati della Commissione Ambiente del Parlamento europeo il 60% dei semi oleosi e il 4% dei cereali coltivati in Europa sono impiegati nella produzione di biocarburanti.

Parlare di biocarburanti significa parlare di economia circolare?

Il biocarburante è spesso il frutto della trasformazione in una nuova risorsa energetica di un rifiuto potenzialmente dannoso per l’ambiente, come per esempio nel caso dell’olio vegetale esausto. Un esempio concreto è dato dagli oli alimentari di frittura trasformati in biocarburante nelle bioraffinerie Eni di Porto Marghera e Gela che, nel 2018, hanno consentito il riuso di circa 75.000 tonnellate di olio alimentare di scarto, quasi esclusivamente prodotte dal settore della ristorazione e dell’industria, che rappresentano solo il 25% dell’olio prodotto in Italia (280.000 tonnellate all’anno circa). Oli che, qualora non riconvertiti, sarebbero destinati a essere smaltiti, per una malsana abitudine di un gran numero di persone, attraverso gli scarichi domestici, con gravi conseguenze ambientali.

Qual è il contributo della tecnologia digitale alla produzione di biocarburante?

Se si tiene conto del fatto che, secondo l’Energy Information Administration (EIA), oltre il 45% della biomassa è trattata come rifiuto e non viene utilizzata a causa di tecnologie di conversione immature, è chiaro che il contributo delle tecnologie digitali possa risultare fondamentale. Questo anche alla luce del fatto che si può agire, grazie al contributo del digitale, nel processo di produzione del biofuel dove la parte più onerosa e impegnativa è quella di conversione da biomassa a carburante, che assorbe circa il 60% dei costi totali. Ad esempio, grazie all’utilizzo di Data Analytics e Intelligenza Artificiale, si vanno ad affrontare le sfide riferite alla resa di produzione e alla qualità del prodotto, andando a monitorare, dosare e fare analisi predittiva su parametri di processo quali temperatura, tempo di reazione di conversione, contenuto di umidità iniziale delle materie prime di biomassa e contenuto di ossigeno da olio biologico. In questo processo la sempre maggiore disponibilità di dispositivi IoT consente l’integrazione sempre più spinta di Operational Technology con l’Information Technology, mostrando come Industry 4.0 trovi la sua piena applicazione anche in questo ambito. Altro esempio di “contribuzione” del digitale, in questo caso più mirato a una migliore sostenibilità ambientale, quello dell’utilizzo dell’AI per l’ottimizzazione, e quindi il minor rilascio di anidride carbonica, nel processo di produzione di biomassa microalgale.

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