Reduci dall’incontro Cop26 di Glasgow sul climate change, ci si domanda quanto della crisi climatica sia risolvibile in tempi relativamente brevi per salvare il pianeta o quanto in realtà le distanze tra i vari paesi del mondo rendano difficile, o addirittura non realizzabile, questa mission impossible, e questo tanto più perché non vi sono dubbi sulla gravità del momento.
Dal 1880 al 2020 il nostro pianeta si è riscaldato mediamente di ben + 1,2° C; la maggior parte di questo riscaldamento si è avuto negli anni compresi tra il 2003 e il 2012, quando la temperatura è aumentata mediamente di +0,78°C
Come ricordano nel loro libro “Clima in crisi” (L’asino d’oro edizioni 2021) Simonepietro Canese, Ugo Carlotto e Gianni Ferri Bontempi, “il riscaldamento del nostro pianeta non è più una opinione e il cambiamento che stiamo osservando a partire dal 1950 non ha precedenti nelle ultime migliaia di anni. Se consideriamo insieme gli oceani e le terre emerse, vediamo che dal 1880 al 2020 il nostro pianeta si è riscaldato mediamente di ben + 1,2° C; la maggior parte di questo riscaldamento si è avuto negli anni compresi tra il 2003 e il 2012, quando la temperatura è aumentata mediamente di +0,78°C. Un aumento medio di temperatura di quasi +1°C sta causando danni devastanti all’ambiente e alla salute umana, ma anche alle nostre società: da decenni vi sono morti e flussi migratori provocati dagli effetti del global warming di cui purtroppo i principali responsabili siamo proprio noi”.
Alec Ross, nel suo libro appena uscito “I Furiosi anni venti” (Feltrinelli editore 2021), ci aiuta a capire un pò di più la questione. “Il modello economico adottato dai paesi più ricchi è alla base del problema del global warming. In questi paesi vigono economie capitaliste che da circa cinquant’anni hanno adottato come impianto teorico delle proprie politiche quello che, in economia, è definito ‘neoliberismo’. L’idea centrale del neoliberismo è che ci sia una forma di relazione naturale all’interno della società umana, la competizione, e che ciascuno di noi non faccia altro che massimizzare la propria ricchezza e il proprio potere a spese di altri; promuove quindi una libertà di mercato che agisce senza l’intervento dello Stato, lasciando che le forze del mercato, guidate dalle leggi della concorrenza, regolino l’equilibrio del sistema economico: Uno dei sogni di tale modello è che bisogna rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla realizzazione del libero mercato.
Il modello economico adottato dai paesi più ricchi è alla base del problema del global warming
Le continue crisi economiche che si stanno susseguendo negli ultimi decenni suggeriscono che l’attuale modello neoliberista di politica economica è fallito, come sostenuto da moltissimi Stati e organizzazioni internazionali che ritengono che il neoliberismo ci stia portando all’autodistruzione. Se cosi non fosse non sarebbero stati scritti centinaia di accordi e programmi che richiedono di modificarlo in nome della sostenibilità”.
A questo punto capiamo che la crisi climatica è innanzitutto una crisi politico economica e sicuramente geopolitica e geoeconomica, ecco perché dai summit dedicati all’ambiente se ne esce sempre con promesse vaghe e rimandate a tempi non controllabili e futuribili, a dir poco. Ha ragione ancora Alec Ross, dicendo che avremmo bisogno di un nuovo contratto sociale “capace di ascoltare i lavoratori e i cittadini di fronte a una rivoluzione globale senza precedenti”.
È quasi infantile dirlo, ma come ci ricorda Fabrizio Cortesi sul il fattoquotidiano del 9 settembre 2021, “la stessa razionalità e l’osservazione della realtà, del resto ci dovrebbero far accettare l’idea della finitezza della Terra, consigliandoci di intraprendere più azioni coordinate per gestirla e farci capire che gli effetti negativi dei limiti dello sviluppo rischiano di diventare tanto più pesanti quanto più tardi si agirà ….Di fatto la politica e le tecnocrazie globali e nazionali, ora più che mai condizionate dall’insaziabile mondo industriale e finanziario che va in panico se non vede la crescita degli utili aziendali a doppia cifra di anno in anno, enfatizzano quotidianamente perciò i mirabolanti obiettivi “sviluppisti” di crescita che dobbiamo perseguire in termini di PIL, di produzioni industriali, di sviluppo, pena “enormi sciagure e disgrazie” in caso contrario; questo in un mondo che ormai arriva già nel mese di luglio di ogni anno all’Overshoot Day, ossia a esaurire le risorse rigenerate dalla Terra”. Glasgow è stata veramente l’ultima fermata.
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