Il ruolo del digitale per un’industria sostenibile

Non può esistere sostenibilità senza digitalizzazione: intervista a Claudio Giulianetti, Vice Presidente Industrial Automation di Schneider Electric, che ha spiegato il ruolo del digitale per un’industria sostenibile

Eliminare le emissioni di anidride carbonica che derivano dai combustibili fossili e produrre energia da fonti rinnovabili. Nel raggiungere questi fondamentali obbiettivi l’aiuto della tecnologia è praticamente necessario. Ma in che modo? L’abbiamo chiesto a Claudio Giulianetti, Vice Presidente Industrial Automation di Schneider Electric, che in questa intervista spiega il ruolo del digitale per un’industria sostenibile.

Energia, risorse, decarbonizzazione: che ruolo può avere il digitale per un’industria sostenibile?

Ha un ruolo fondamentale e centrale, perché sono due elementi intimamente correlati. Non può esistere sostenibilità senza digitalizzazione. Infatti per efficientare i processi, ridurre l’impronta di CO2 e consumare meno bisogna innanzitutto conoscere il proprio processo. Tutto parte dalla raccolta dei dati, per arrivare ad una gestione con consapevolezza del proprio processo produttivo e di conseguenza efficientarlo al meglio.

Questo può essere fatto solo come un percorso di Digital Transformation. Questa è esattamente la strategia di Schneider Electric, che oggi sta guardando molto da vicino la transizione energetica e la transizione digitale. Vista poi la magnitudo e la velocità con cui stanno avvenendo, si può parlare di una vera e propria rivoluzione. Oggi la sfida è cercare di conoscere queste trasformazioni e riuscire a padroneggiarle, con un legame indissolubile tra le due. Questo è quello che stiamo riscontrando e che sta indirizzando la strada maestra della nostra strategia.

Quali sono al momento le soluzioni più interessanti che offrite a livello di innovazione sostenibile nel manifatturiero?

Possiamo citare le soluzioni più innovative, ma prima le aziende devono fare un percorso. Se ci rivolgiamo al settore del manufatturiero, al di là dell’innovazione bisogna partire dall’avere dei dispositivi che stanno in campo e che devono permettere di raccogliere dei dati. Ad esempio, a livello energetico, abbiamo delle soluzioni per acquisire i dati di consumo, di qualità dell’energia e di ottimizzarla di conseguenza; oppure tecnologie “nativamente” progettate per ridurre il carico energetico dei componenti energivori, come ad esempi gli azionamenti.

Tutti gli elementi devono essere innanzitutto connettibili verso sistemi di più alto livello. Così li possiamo collegare, come se fossero diversi strati, a delle soluzioni software sempre più innovative da un lato, ma anche sempre più performanti.

Quando i sistemi in campo sono nativamente connessi, abbiamo la possibilità di creare soluzioni IoT-ready, che consentono di ottenere informazioni per creare ottimizzazione continua. Abbiamo un’offerta di software Advisor per il mondo Machine, per il mondo Plant ed altri specifici per alcuni settori, che sono anche la base per nuovi servizi digitali. Per esempio, per il settore delle pompe abbiamo delle soluzioni software ad hoc pronte all’uso.  Ready to Use. Al livello software abbiamo un’offerta completa, anche grazie alle soluzioni di Aveva, con cui possiamo offrire tutto ciò che serve. Dal design, quindi dal CAD, fino alla parte di Operate and Maintain.

In cosa consiste quella che definite l’automazione universale del futuro?

È una grande novità, che abbiamo messo in campo introducendo una soluzione un software, che chiamiamo Ecostruxure Automation Expert. È un nuovo paradigma che permette di fare automazione coniugando una progettazione software evoluta, con un’apertura straordinaria sulle scelte dell’hardware, su cui questo software può essere utilizzato. Nell’industria del futuro ci piace parlare appunto di automazione universale, che è aperta, interoperabile, facilmente scalabile e può essere distribuita.

Per capire la portata della rivoluzione possiamo pensare ai prodotti digitali che usiamo quotidianamente. Abbiamo un hardware che può essere di qualsiasi fornitore, ad esempio uno smartphone, su cui ci gira una piattaforma, come Android, in cui ci possono essere N applicativi. Il concetto dell’automazione che vediamo per il futuro va proprio in questa direzione, per poter sviluppare applicazioni indipendentemente da quale possa essere l’hardware. Quindi una soluzione Software Hardware Agnostic, che possa lavorare su tutti i device di automazione in campo. Non solo su un PLC, non solo su un PC, ma veramente in modo distribuito, lasciando la più alta scalabilità e la possibilità di avere delle soluzioni davvero interoperabili tra di loro. Questa è un po’ la direzione verso cui stiamo andando.

In uno scenario economico, energetico e politico estremamente complesso come quello attuale, come si può evolvere l’offerta per evidenziare il valore strategico delle tecnologie digitali come leva per la sostenibilità?

Tocchiamo tre temi che devono essere affrontati contemporaneamente. Oggi il cliente nel mercato ha bisogno di supporto su tutti questi tre assi: energetico, finanziario, digitale.

Quello che stiamo cercando di fare è non tanto limitare la nostra proposizione, l’interlocuzione con il mercato come fornitore di soluzioni hardware o software, ma cercare di essere un partner accreditato affidabile su questi pilastri. Quindi l’innovazione, la digitalizzazione, la sostenibilità continuando a dare sostegno ai nostri clienti in tutti gli scenari.

In questo momento ci proponiamo un po’ come dei consulenti. Come fa un consulente vorremmo provare insieme al nostro cliente e al nostro partner a costruire una strada su tematiche dove oggi non c’è una letteratura, non c’è qualcosa di già precostituito. Nessuno oggi ha la ricetta precisa e preconfezionata. Si tratta di allargare il network, avere dei partner con cui mettere insieme esperienze e competenze diverse.

Sulla sostenibilità, Schneider Electric come azienda ha una lunghissima esperienza. Oggi abbiamo un commitment molto forte su quelle che sono le ambizioni in termini di riduzioni di CO2, abbiamo un progetto e un piano specifico come azienda. Queste competenze possiamo metterle a disposizione dei nostri clienti come consulenti della sostenibilità. In concreto, li possiamo accompagnare nel costruire una loro Roadmap nella riduzione della CO2.

Come può questa visione essere in linea con il percorso che il PNRR disegna facendo leva su digitalizzazione e sostenibilità?

Questa transizione e questi cambiamenti probabilmente si sarebbero avuti nel tempo anche senza PNRR. È indubbio che il nuovo piano di investimenti rappresenti un booster, un abilitatore eccezionale per questi stessi cambiamenti. Sicuramente oggi c’è anche una spinta competitiva. Oggi chi è più sostenibile e più digitale è più attrattivo sul mercato. Attrae gli investitori, ha un branding diverso nei confronti dei suoi stakeholder e dei clienti nel suo mercato. Con gli investimenti che ci aspettiamo vivremo un’accelerazione dove sicuramente digitale e transizione green saranno centrali.

Parlando di digitalizzazione, qual è il valore dell’interconnessione degli asset, dei processi e delle persone? E come la si può implementare?

È fondamentale seguire quest’ordine: bisogna partire dal collegare gli asset, perché prima di tutto bisogna averli collegati, per poter raccogliere i dati. Solo dopo aver fatto questo passo si può passare a digitalizzare i processi. Il che vuol dire installare dei software che permettano di monitorare questi processi, identificare le aree di efficientamento e implementare delle azioni correttive. Fatto questo, si può passare alle persone, agli operatori, ossia fare training, formarli e integrarli all’interno di questo contesto. Non può essere fatto al contrario.

Noi ci siamo passati due anni fa, quando abbiamo lanciato sul mercato soluzioni per applicare la realtà aumentata. Perché se il cliente dall’altra parte non ha le macchine collegate, non può usufruire della realtà aumentata. E non si poteva poi lavorare sugli operatori. Quindi è fondamentale in questa trasformazione mettere in pista questi tre step sugli asset, sui processi e sulle persone esattamente in questo ordine, per poi creare questo circolo virtuoso. Solo a questo punto si può raccogliere i dati, analizzarli, mettere in pista azioni correttive e partire con il processo da capo.

Si può parlare di circolarità anche nella “digital experience”?

Il concetto di circolarità oggi riguarda il tema della sostenibilità, come si può ad esempio smaltire un macchinario, un’apparecchiatura. Ma proprio per il connubio indissolubile di cui ho parlato, riguarda anche il digitale. Non è un processo lineare che non si esaurisce, ma è un processo ricorsivo. Solo mettendo in atto questo processo virtuoso possiamo veramente ridurre l’impronta ecologica delle aziende, grazie a tutte le tecnologie digitali.

Come dicevo, ci sono degli step da fare: asset, processi e persone. Ma un imprenditore che è arrivato a investire formando le persone non può pensare di essere arrivato in fondo al suo percorso. Dovrà capire qual è l’asset successivo da mettere di nuovo in collegamento e di quali ulteriori risorse avrà di nuovo bisogno in futuro. Anche su tematiche più evolute, come intelligenza artificiale, manutenzione predittiva ecc. Oggi abbiamo tutti i tasselli, ma questi non riguardano solo la tecnologia. Riguardano anche i modelli di business che ci stanno dietro. E questo è collegato alla circolarità della trasformazione digitale.

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