Il futuro del lavoro tra soft e green skills

Il coronavirus ha modificato profondamente le nostre vite, ridefinendo realtà lavorative che puntano sempre di più a salvaguardare la terra e a sostenere lo sviluppo economico senza impattare negativamente sull'ambiente

Immagine distribuita da Wikimedia Commons con licenza CCO

Il coronavirus ha modificato profondamente le nostre vite e ancora continua a farlo, ma questa esperienza ci sta lasciando in eredità l’assoluta certezza di competenze nuove e specifiche che dovremo sviluppare nei prossimi anni e di cui l’emergenza vissuta ne ha visto la grande carenza. Come ha detto Mohammed Yunus “non torniamo al mondo di prima” abbiamo un’occasione incredibile per costruire un nuovo mondo, il mondo di prima non andava bene anche senza coronavirus. 

Competenze ambientali, big data, health organization, capacità di decisione, ascolto attivo, empatia queste ultime sono le cosiddette soft skills che dovremo assolutamente sviluppare nel futuro prossimo con molta attenzione se vorremo gestire con efficacia le organizzazioni. E oggi, passare da un management tradizionale a un management della complessità, implica anche la conoscenza e l’acquisizione delle green skills, perché il mercato del lavoro in Italia è purtroppo ancora troppo caratterizzato da uno squilibrio tra competenze richieste e offerta.

Non si può continuare con il modello convenzionale di produzione ma iniziare a ripensare nuovi schemi, nuovi prodotti e servizi che utilizzino materiali di recupero, scomponibili, aggiustabili o riciclabili. C’è necessità insomma di inserire nei contesti organizzativi strategie green, circolari, eco-sostenibili e a basso impatto ambientale e per far questo la formazione e l’informazione deve percorrere la strada verso l’acquisizione di conoscenze e competenze trasversali e green, prime fra tutte l’attitudine al risparmio energetico e la propensione alla sostenibilità ambientale.

Se parliamo di green jobs parliamo di realtà lavorative che puntano a salvaguardare la terra e a sostenere lo sviluppo economico senza impattare negativamente sull’ambiente: sostenere la tutela degli ecosistemi e della biodiversità, ottimizzare le risorse e utilizzare energie rinnovabili, ridurre al massimo gli sprechi. Le professioni più richieste nei prossimi anni riguarderanno sicuramente il fotovoltaico, il marketing green, la chimica green, l’agricoltura sostenibile, man anche lo sviluppo di software green, nuovi indirizzi socio-legali sulla tutela dell’ambiente e di conseguenza le soft skills come la capacità di problem solving, di gestione di soluzioni innovative e tecnologiche dovranno vestirsi di green.

Un dato di fatto incontrovertibile è che la ridefinizione delle priorità devono essere sia individuali che collettive e, soprattutto, il futuro è di chi saprà adottare uno stile di leadership diffusa, dove il singolo capo fa tesoro delle esperienze altrui e condivide con i colleghi responsabilità ed esperienze. Empatia, consapevolezza dell’organizzazione, una visione creativa, uno sviluppo delle potenzialità altrui, la diffusione della conoscenza e sono solo alcune delle qualità che un leader innovativo deve possedere. Porsi come modello di comportamento innovativo ai vertici richiede in effetto un pugno saldo nel mantenere i team di lavoro concentrati sulla discussione che migliorerà il prodotto o il servizio. Si deve insomma incoraggiare attivamente una cultura innovativa che indiscutibilmente si sta dirigendo verso una cultura sempre più green.

Qualcosa di nuovo sta arrivando, e anzi, in un certo senso, tutti e quattro i futuri sono già qui, distribuiti male, per dirla con William Gibson. Spetta a noi costruire un potere collettivo in grado di lottare per i futuri che vogliamo (Tratto da Peter Frase, Quattro modelli di futuro, Treccani 2019).

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