Di Roma 2030 e città sostenibili: intervista a Domenico De Masi

Sostenibilità è raggiungere e mantenere un equilibrio tra le risorse disponibili nel Pianeta e il loro consumo da parte dell’uomo. Un equilibrio che abbiamo visto perdersi negli anni e che ora dobbiamo ritrovare”. Domenico De Masi, professore emerito di sociologia del lavoro presso l’Università “La Sapienza” di Roma, introduce in questo modo il tema centrale del suo ultimo libro, “Roma 2030. Il destino della capitale nel prossimo futuro“, in cui undici esperti, coinvolti attraverso il metodo Delphi, hanno delineato un possibile scenario della città eterna tra una decina di anni.

Quando parliamo di sostenibilità ambientale – continua De Masi – dovremmo pensare che  qualora si pensasse di poter compensare le nostre emissioni solo con gli alberi, occorrerebbe una foresta grande un pianeta e mezzo. Senza pensare che al momento attuale a inquinare sono soprattutto i Paesi più avanzati, con un terzo mondo che contribuisce poco. In poche parole siamo in debito con il Pianeta, abbiamo già abbondantemente forzato la mano e dobbiamo recuperare in qualche modo”.

Nella prefazione al libro Roma 2030, il presidente della Camera di Commercio di Roma scrive: “Il punto di forza della nuova società consiste nella sua capacità di progettare il proprio futuro. Se Roma non sarà in grado di progettare il suo futuro, altri lo faranno per essa e, magari, contro di essa. E il futuro di Roma, come abbiamo visto, significa il futuro dell’Italia. Ma per progettarlo, occorre anzitutto prevederlo scientificamente e agire in base alle previsioni piú affidabili”. Per questa ragione, la ricerca realizzata da Domenico De Masi dal novembre 2017 al maggio 2018, e discussa con gruppi di imprenditori e di intellettuali nel primo semestre del 2019, rappresenta un punto di riferimento importante, utile a trattare il tema della sostenibilità, anche in ottica di raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030.

Quali le situazioni critiche che emergono dalla ricerca?

Parlando di Roma, emerge la necessità di pensare alla città come la somma di tre anime diverse: quella di metropoli, di capitale e di città-mondo. Una città in cui la popolazione attiva sfiora i due milioni di abitanti e il tasso di occupazione è del 63%, contro il 58% della media nazionale. Una città che non è certo stata progettata di recente e in funzione di attività contemporanee e che quindi, a differenza di Brasilia o Dubai per esempio, presenta molte complessità. A Roma ci sono 5 manifestazioni al giorno, 15 milioni di turisti, in particolare pellegrini, e moltissimi monumenti da conservare. Roma, inoltre, include in sé uno Stato, Città del Vaticano, il più piccolo Stato del mondo preposto al governo della Chiesa e dei suoi 1,3 miliardi di cattolici e che intrattiene relazioni diplomatiche con 183 Stati. La situazione di Roma, pertanto, non è quella di una normale metropoli o capitale.

Quale il ruolo delle tecnologie e dell’innovazione in generale nel rendere più sostenibile Roma?

La tecnologia digitale presenta vantaggi e svantaggi, ma sicuramente nel caso di una situazione complessa come quella romana potrebbe migliorare diversi aspetti critici, compreso quello del coinvolgimento delle persone in modo rapido e a basso costo. Questo purché si metta in campo una giusta strategia di medio-lungo periodo: cosa che al momento non risulta fatta.

In Roma 2030 vengono delineate possibili soluzioni da applicare da parte degli amministratori?

La ricerca aveva l’obiettivo di fare una foto della situazione attuale e di immaginare l’evoluzione della città da qui al 2030. Partendo da questi dati, chi amministrerà Roma potrà decidere di accelerare o decelerare, di intervenire prima in un settore piuttosto che in un altro. Con una mappa dei punti di forza e di debolezza dovrebbe essere più facile programmare interventi. Le scelte dipendono, poi, sempre dall’ambizione di una città.

Insieme ai diversi punti di debolezza, Roma presenta anche punti di forza rispetto ad altre città del mondo. Quali sono?

Sicuramente la sua storia e i suoi monumenti, le 250 ambasciate e consolati presenti, le 30 università presenti e i 30 organismi europei che vi hanno sede. Per non parlare del clima e della sua posizione centrale rispetto alla nazione oltre che della sua vocazione al terziario piuttosto che all’industria. In un momento in cui anche l’Europa si sta terziarizzando, il fatto di avere già una prevalenza di attività in questo settore rappresenta un vantaggio. Oltre questo mi piace sottolineare la numerosa presenza di associazioni di volontariato, oltre 1000, che fanno di Roma una città quasi unica.

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