Nadia Caraffi: manager che sostiene le ragazze e le donne digitali

Nadia Caraffi
Nadia Caraffi è presidente della delegazione di Reggio Emilia e Modena dell’associazione internazionale EWMD (European Women’s Management Development), e organizzatrice di Ragazze Digitali.

Nadia Caraffi è, da una ventina d’anni, responsabile marketing per una catena della grande distribuzione Coop ma è anche presidente della delegazione di Reggio Emilia e Modena dell’associazione internazionale EWMD (European Women’s Management Development), organizzatrice di Ragazze Digitali, primo summer camp italiano finalizzato a far conoscere alle ragazze le opportunità del digitale e di percorsi di studi in facoltà scientifiche.
Le mie nonne – racconta Nadia – erano entrambe analfabete e comunque quello che pensavano contava poco, dovevano solo sgobbare come muli. A me non è mai sembrato logico perché chiacchierandoci avevano un sacco di cose interessanti e ragionevoli da dire. Di solito saltava fuori che avevano passato la vita a mettere una pezza su tutte le alzate d’ingegno (alias guai) dei loro mariti e a tenere insieme i figli e la vita. Sono morte che ero bambina. Quello che sono io oggi, che siamo noi donne oggi, viene anche dalla loro ostinata, muta resistenza. La difesa e l’accrescimento di ciò che siamo sento di doverglielo”. Con questa convinzione Nadia, dopo aver consolidato la propria posizione professionale, si è guardata intorno per capire come poteva aiutare altre donne a stabilizzare e migliorare la propria posizione. “Per un caso del tutto fortuito – continua la presidente di EWMD Reggio-Modena – ho conosciuto Daniela Bandera che ora è presidente Nazionale EWMD e che mi ha raccontato cosa facevano come associazione. Il fatto che l’emancipazione passasse attraverso il lavoro, le professioni e la progressiva autonomia e visibilità sociale lo trovavo molto convincente; per me era stato così. Inoltre l’associazione è internazionale e questo è davvero peculiare: permette di allargare gli orizzonti al vissuto di altre nazioni più (la maggioranza) o meno avanzate dell’Italia”.

Nasce così nel 2013 EWMD Reggio e Modena con 20 donne che si conoscevano a malapena attraverso relazioni professionali, unite da una motivazione individuale di emancipazione che è diventata forza collettiva. “Ora siamo 25 ma con molte “amiche fiancheggiatrici” e lavoriamo tra Reggio e Modena”.

Quali le caratteristiche necessarie per una donna manager secondo la tua esperienza?

Tutte quelle necessarie a un uomo: competenza, motivazione, leadership e visione strategica. Dato che partiamo da un gradino o due più in basso però sono indispensabili in aggiunta dosi massicce di resilienza, duttilità e la capacità di restare diverse. E’ vincente praticare una leadership fluida e basata sulla competenza, fondare il successo principalmente sulla gestione delle diverse abilità presenti nel gruppo; ciò che ora va di moda chiamare diversity management. Omologarsi a modalità più maschili è inutile e doloroso.

Se dovessi definire empowerment e inclusion, le due parole usate per descrivere i percorsi formativi proposti alla prima edizione di Donne Digitali?

Sicuramente abbiamo bisogno di recuperare e potenziarci soprattutto in fatto di autovalutazione e poi di competenza tecnica. Dobbiamo anche imparare a riconoscere le potenzialità delle tecnologie e quanto più avanzata e inclusiva possono rendere la società. L’inclusività è un obiettivo di progresso e civiltà. Obiettivo primario di Donne Digitali era soprattutto avvicinare l’ICT a quelle donne che, per anagrafe e vissuto, dalla tecnologia si sono sempre sentite lontane.

Come nasce Ragazze digitali e che riscontri avete avuto dalla prima edizione?

Nasce dalla volontà di mettere il dito nel rapporto distorto tra donne e tecnologia e dalla nostra ostinazione di creare sbocchi concreti e non soltanto attività di riflessione e testimonianza. Vogliamo cambiare le cose, agire sulle giovani donne, renderle consapevoli delle opportunità di quel mondo e,chissà, magari aumentare la quota di ingegnere laureande dal 10% scarso al 20% in cinque anni. E’ un obiettivo sfidante ma possibile. Devo dire che siamo state letteralmente travolte: non ci aspettavamo un successo così grande ottenuto grazie al robusto supporto di UNIMORE e alla qualità dl progetto didattico del professor Michele Colajanni. L’iniziativa sta riscuotendo una attenzione e un plauso che davvero travalica i confini europei; le nostre socie internazionali hanno stanziato fondi e stanno cercando di replicare l’iniziativa in Germania e Austria. Bello no?

Perché pensi che le donne non si iscrivano a facoltà scientifiche? E cosa si può fare?

Non si iscrivono alle facoltà tecniche o alle discipline fortemente teoriche prima di tutto perché sono mestieri da uomo, quindi per stereotipo sociale; questo emerge da qualunque ricerca. Poi, insinuazione del tutto personale, perché gli sbocchi professionali a forte contenuto innovativo o di ricerca mirano alla speculazione o alla creazione di apparati tecnici spesso lontani dal fattore umano. Almeno questo è lo stereotipo. Insomma fare il medico o la biologa per sconfiggere le malattie sono sempre mestieri ad alto tasso di competenza scientifica ma più vicini a quel contributo di empatia che sembra indispensabile alle donne per sentirsi motivate.

Per fortuna ora una come Fabiola Gianotti, che governa quel marchingegno straordinario sepolto sotto le montagne di Ginevra, spacca innanzitutto gli stereotipi, prima ancora della materia per indagarla.

Lo scorso anno per Ragazze Digitali non avete voluto una maglietta rosa. Cosa pensi dell’uso del rosa negli eventi dedicati alle donne?

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Se non ti infiocchetti un po’ sembra che non ti si possa qualificare…invece credo che gli uomini sappiano riconoscere una donna anche se è vestita di azzurro! Battute a parte amiamo l’individualità e quanto di arricchimento può portare il diverso potenziale di ciascuna/o. Al momento di dare un’immagine all’evento nel 2013 c’è stato un gran dibattito e abbiamo scartabellato migliaia di immagini di donne o ragazze alle prese con tablet e PC: tutte più o meno fasulle e senza credibilità, con quella patina plasticosa e pubblicitaria. Quest’anno per fortuna abbiamo la foto del gruppone del 2014: cinquanta splendide sedicenni.

In cosa le tecnologie possono concretamente aiutare la carriera delle donne? Quanto alla maglietta abbiamo lanciato una specie di concorso alle partecipanti; scegliete voi l’immagine e noi ve la  produciamo: hanno scelto l’immagine di una ragazza in jeans, maglietta fucsia in un turbine di pixel blu, disegnata da una di loro. Fantastico no?

Bisogna riconoscere che da quando l’accesso al potere non passa più attraverso il combattimento e l’esibizione della forza bruta le cose vanno un po’ meglio per noi! Diciamo pure che l’invenzione tecnica ha liberato le potenzialità mentali e lasciato a riposo i muscoli. Per avere successo oggi occorre l’intelligenza e sarà sempre più cosi. Occorrerà anche molta intelligenza sociale e lì noi siamo fortissime e potremmo diventare imbattibili grazie alle possibilità del mondo social.

Inoltre l’ICT permette di annullare le distanze e di gestire il tempo; per noi, malate di efficienza e iperproduttività, è una vera rivoluzione. Vogliamo parlare di lavoro agile?

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