#TwitterHeart, dalle stelle alle stalle. Un (finto/falso) «Heart Marketing»: del cuore, ma senza Cuore

Grazie, Twitter.

Eh sì, stavolta la piattaforma dell’uccellino dobbiamo proprio ringraziarla, visto l’assist che ci ha dato. Ultimamente, infatti, non abbiamo fatto che parlare di «cuore», «amore», ribadendone la centralità nel loro autentico significato di un totalizzante mettersi in gioco con testa e spirito, responsabilità, per il «prossimo», l’altro: cliente compreso. Centralità, dunque, anche per il business: per il successo nel marketing, nel cosiddetto social media marketing. Un Marketing del Volontariato, già si disse, in senso altruistico-egoistico: le cui parole d’ordine sono Customer Experience, Passaparola e Social CRM impeccabili, il cui KPI principale sta nel Social Engagement. Ciò che conta qui è amare e farsi amare dalla propria rete di contatti, che proprio questo chiede: «Fammi innamorare, sarò tuo cliente!».

Un «marketing del cuore», verrebbe da dire, riassunto in un hashtag: #SellHelp«Vuoi vendere? Aiuta!». Nel concetto di #SocialMediaROI come Responsabilità, come risultante del proprio livello di affidabilità e fiducia: di quanta passione, dedizione, devozione s’investano nell’aiutare, soddisfare ogni esigenza di chi si ha di fronte, da persona autentica, affidabile, amica.

Un Heart Marketing, insomma. Aspettiamo però a rivendicare il copyright. Giusto qualche giorno fa, lo scorso 3 novembre, Twitter se n’è infatti uscito un’operazione che di «cuore» parrebbe intrisa. «Hearts on Twitter» il titolo del post sul blog, rilanciato subito su social, con cui d’un tratto le storiche stelline dei «Preferiti» sono state soppresse e sostituite da assai discussi «cuoricini».

«Ci auguriamo che ti piaccia ciò che vedi su Twitter e Vine oggi: cuori!», si è cinguettato.

Eh no, non è piaciuto per niente. La rete è esplosa.

#RivogliamoLeStelline prima, e soprattutto poi #TwitterHeart, le parole d’ordine del grido di battaglia con cui gli utenti da ogni parte del globo hanno inondato social, blog, siti e forum. Sembrava stesse crollando il mondo.

Godetevi lo spettacolo, scoppiato come una bomba neanche un istante dopo:

 

«Vogliamo rendere Twitter più semplice», si legge nel blog, «anche per i nuovi utenti»: guarda un po’! Crollo in Borsa, taglio di posti di lavoro… Vi dice niente? Twitter ha urgenza di risollevare le sue sorti per non sparire: e allora copia Facebook. Male. Così almeno hanno sentenziato gli utenti, in molti – hanno ricordato per primi – migrati su Twitter per sfuggire ai dettami di Zuckerberg e che invece proprio lì si ritrovano ormai a ogni piè sospinto, introdotte surrettiziamente dall’«uccellino», caratteristiche tipiche del social tanto snobbato e sdegnato.

Come appunto il «Mi piace». La stella trasformata in Like: orrore!

Eppure da Twitter insistono: «Ti possono piacere tante cose, ma non è detto che ognuna sia la tua preferita. Il cuore invece è un simbolo universale, più espressivo, che racchiude in sé un raggio più ampio di emozioni». Fatto apposta, insomma, per… accogliere un po’ tutti. Soddisfare più bocche. Rinfrescare la cassa – negli intenti.

«New users, new users, new users. Tutto qui», sentenzia Nate Clinton, direttore di product strategy alla Cooper, nota azienda di design, ricordando l’attuale mantra di Dorsey & co: buttar giù i recinti per lasciare che nuovi utenti arrivino, non più “spaventati da stranezze” come limiti di 140 caratteri, chioccioline, simboli strani e inusuali. Come le stelline. Tutte le tipicità che rendono – non a caso – unico Twitter: che lo facevano amare, appunto, dai suoi utenti più fedeli.

«Apriamo le stalle», allora. Pazienza se, in questo modo, delle nostre «care, vecchie bestie» qualcuna (o più) scappa. Se così «alle stalle» ci si cade, alla fine, «dalle stelle».

La percezione della rete, infatti, è stata esattamente opposta alle previsioni di Twitter – stando almeno a quelle dichiarate e date per certe, sul guadagno in qualità della user experience. L’«operazione cuore» è stata vissuta come un’operazione al cuore: degli utenti. Senza condizioni né preavviso. Un rebranding unilaterale, una rimodulazione imposta dall’alto – tanto più inaccettabile nel social del networking e del customer care per eccellenza – che capovolgeva la Customer Experience di Twitter nel DNA. Tra la stella e il cuore, infatti, c’è di mezzo il passaggio da una concezione neutrale del «preferito» come Bookmark, segnalibro, marcatore usato per promemoria o archivio – qual era ormai diventato per molti – a una non neutrale di Endorsement: pubblico, per giunta. Un conto è che io contrassegni un tweet mentre scorro al volo la Timeline, per leggermi il link di rimando e approfondire la notizia con calma. Altro è che io dichiari ora di «amarlo», consigliandolo – un po’ come la recommendation di LinkedIn – a tutta la mia rete e non solo. «Si può ad esempio ‘favorire’ qualcosa riguardante un gruppo terroristico», scrive Dave Winer sul suo blog, «ma ti verrebbe mai in mente di segnalarlo con un cuore rosso?».

Allo stesso modo James Ball:

Tweet-Critica-James-Ball (1)

Una differenza funzionale che stravolge l’identità di Twitter e che, ancora in queste ore, viene rigettata a tamburo battente dalla rete. «Twitter non fa che lottare per aggiungere nuovi utenti», scrive ancora Wired. A contare oggi però, si sa, non sono tanto i [presunti] allettanti deals per chi arriva ora, quanto la capacità di tenersi anzitutto ben stretti i clienti acquisiti: affinché siano loro per primi, «passando parola» e così promuovendo il brand, a portarne di nuovi.

Proviamo ora a guardarci indietro.

Customer Experience, Word Of Mouth Marketing, Social CRM: che fine hanno fatto qui le tante belle parole evocate al principio? Cosa ne è del Social Engagement, riconosciuto ormai come chiave del New Marketing?

Valori che proprio su Twitter ci saremmo attesi messi in opera: soprattutto a crisi scoppiata. Invece niente. Nessuna «presenza», nessun apparente «ascolto» delle proteste, giuste o sbagliate che fossero, nessuna «risposta»: foss’anche solo per ribadire la correttezza della propria scelta.

Silenzio.

Peccato che non solo sempre, ma specialmente in una situazione di rischio della propria immagine, un’azienda abbia il dovere di mostrarsi a disposizione del cliente, di aiutarlo almeno a capire, a ragionare insieme: di essere affidabile, trasparente, amica. In una parola, responsabile. Per il suo bene, in primis.

Molto ci sarebbe da aggiungere anche quanto alle reazioni avute dai Brand: nei termini di un sin troppo atteso Real-Time Marketing. La risposta certo c’è stata. Un assaggio? Guardate qui. La polpetta però è troppo appetitosa – per le conclusioni cui porterebbe e che, anticipiamo, riconfermerebbero parecchie delle nostre tesi – per esser divorata qui in poche battute: meglio gustarla con calma. Meglio attendere un momento e fissar bene in testa che, forse, quel «copyright» sull’«Heart Marketing» vale la pena iniziare virtualmente ad andar a prenderselo. Di «marketing del cuore», infatti, qui non vediamo davvero nulla: se non il nome. Un flatus vocis, rispetto all’onda della protesta di una community mondiale che da anni sta dando fiducia al brand: regalandogli dati, contenuti, il proprio vissuto quotidiano. Sarà ricambiata con la stessa moneta? O non finirà per sentirsi davvero irrimediabilmente tradita?

«Fammi innamorare, sarò tuo cliente!». Sì, se poi però mi «metti le corna», ti chiedo il divorzio e mi tengo pure la casa… Stay tuned!

 

 

 

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Digital Strategy R&D Consultant, Public Speaker, Lecturer, Coach, Author. Honoured by LinkedIn as one of the Top 5 Italian Most Engaged and Influencer Marketers. #SocialCare, «Utility & You-tility Devoted», Heart-Marketing and Help-Marketing passionate theorist and evangelist. One watchword - «Do you want to Sell? Help! ROI is Responsibility, Trust» - one Mission: Helping Companies and People Help and Be Useful To Succeed in Business and Life. Writer and contributor to books and white-papers. Conference contributor and Professional Speaker, guest at events like SMX, eMetrics, ISBF, CMI, SMW. Business Coach and Trainer, I hold webinars, workshops, masterclasses and courses for companies and Academic Institutes, like Istituto Tagliacarne, Roma, TAG Innovation School, Buzzoole, YourBrandCamp, TrekkSoft. Lifelong learning and continuing vocational training are a must.

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