L’utilizzo di fondi pubblici stabilito dall’Unione europea per lo sviluppo della banda larga deve privilegiare le zone scarsamente servite e non deve minacciare gli investimenti privati. Quello che chiede l’ETNO, l’associazione europea degli operatori di telecomunicazioni, preoccupata per quanto si evince dalla bozza delle linee guida riguardanti l’utilizzo degli aiuti di Stato per la banda larga proposta dalla Commissione Europea.
“Le norme e le misure riguardanti gli aiuti di Stato – ha sottolineato il Presidente del Comitato esecutivo di ETNO Luigi Gambardella – dovrebbero concentrarsi sulla copertura delle aree nelle quali non ci siano piani d’investimento da parte di operatori privati a causa della loro scarsa redditività”.
Stando a quanto riportato in un documento inviato alla Commissione Europea dalla ETNO “il finanziamento pubblico non dovrebbe determinare le scelte tecnologiche – incece, dovrebbe secondo gli operatori di telecomunicazioni – supportare la scelta del mercato, delle tecnologie e dei servizi più appropriati ed efficaci per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda Digitale“.
ETNO ha indicato che l’analisi dei piani d’investimento in merito allo sviluppo delle reti broadband, dovrebbe inoltre coprire un arco di tempo di almeno cinque anni, e non di soli tre anni come proposto dalla Commissione Europea.
Suggerimenti, quelli contenuti nel documento inviato alla Commissione europea, che ricalcano quanto già in precedenza richiesto dalla Etno alle istituzioni europee; e che sottolineano l’insofferenza dell’Associazione presieduta da Gambardella, in merito all’approccio ritenuto troppo invasivo delle norme europee. Un insieme di linee d’indirizzo che in parte sembrano lontane dalle intenzioni della Commissione Europea, in particolare dalle posizioni assunte dalla Kroes, che spinge invece per maggiore competitività del mercato; compresa l’apertura a nuovi operatori riducendo i “privilegi” acquisiti dagli operatori del settore già presenti sul mercato.
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