Di Twitter, comunicazione politica e cortocircuiti

Quelle che si sono appena concluse non sono state le elezioni della Rete, come molti hanno detto: sono state le elezioni di Twitter. O meglio, sono state le elezioni del perverso cortocircuito tra stampa e twitter. Un cortocircuito che ha visto il network cinguettante diventare il terreno di scontro sul quale si sono battuti i diversi partiti nella corsa al punto percentuale di crecita in più (dei follower), sperando che corrispondesse in qualche modo ad una crescita percentuale nelle preferenze degli elettori. O che contribuisse ad influenzarla.

Insomma: twitter come specchio e strumento (e speranza) di influenza sull’elettorato.

E questo per almeno due “buoni” motivi:

  • Twitter consente con grande semplicità di accedere ai dati di cui dispone, permettendo a chiunque di estrarli e divertirsi ad elaborarli;
  • Twitter è particolarmente diffuso tra i giornalisti e – in generale – tra gli “influencer” a vario titolo (un volta si chiamavano VIP, ma la sostanza è quella) che in qualche modo lo conoscono e lo utilizzano (da utenti finali).

La combinazione di questi due fattori ha generato un’enorme sovraesposizione del mezzo (Twitter), che ha fatto si che l’ultimo mese sia trascorso tra analisi (poche, pochissime) e pseudo-analisi (molte, moltissime) sul seguito della comunicazione on-line dei diversi schieramenti politici non in funzione di quanto siano stati bravi a dialogare, o di quanto si discutesse di loro in rete, ma di quanto fossero presenti su Twitter. Insomma: una sineddoche. Una parte per il tutto. E poco importa se la parte sia solo “una” parte. E nemmeno la più importate se, come ci dicono i dati, è vero che twitter cresce, ma gli utenti attivi sono poche centinaia di migliaia (una minoranza delle conversazioni) ed il grosso delle conversazioni si svolge altrove (su Facebook, ad esempio). Questo è lo strumento che per vari motivi è più diffuso nell’informazione mainstream. E questo è quello che chi vive in questo mondo nota e considera. Poco importa che la realtà sia (anche) altrove. Quello che conta è che come i giornali rappresentano da tempo lo strumento con il quale la politica dialoga con la politica, Twitter ha rappresentato in queste elezioni lo strumento con il quale intermediare il mainstream e servirlo in salsa social.

Poco importa se le analisi sono poco efficaci o non forniscono dati realmente significativi. Consentono di costruire classifiche, e questo interessa alla stampa. Ed ai “ricercatori”, che vogliono vedere le loro classifiche pubblicate. Certo, che le classifiche non vogliano dire nulla è un dato secondario. Una per tutte: che senso ha una classifica che mette in ordine i leader in funzione dei retweet di ogni singolo messaggio, senza normalizzare il dato rispetto al ritmo di crescita, al numero complessivo di follower o al tempo in cui l’account del leader è stato attivo? Nessuno.

Ma così come non ha nessun senso, a nessuno interessa. E sono tutti contenti.

Insomma, una parte per il tutto, Twitter ha rappresentato il punto di contatto verso il quale uffici stampa che mai hanno avuto a che fare con la rete, giornalisti che mai hanno sentito parlare di SNA ed analisti più o meno improvvisati si son ritrovati assieme, tutti d’accordo. Tutti contenti.

Ma la rete è ben altro: è conversazioni, è persone, è umore della società, è interesse. Non si può ridurre ad un gioco di specchi e di rimbalzi tra “vecchi” e “nuovi” media, che fanno si che l’obiettivo della comunicazione sia (solo) quello di far parlare i giornali dei politici che sono sui social network in quanto sono sui social network. Facendo contento il giornalista, l’ufficio stampa e pure il politico, che magari legittimamente ignora che la rete è ben altro.

Misurare i social media con il metro del mainstream non può produrre che mostri. In rete siamo tutti apprendisti stregoni. Peccato che qualcuno si atteggi ad Albus Silente.

Facebook Comments

1 COMMENT

  1. mi pare ke: twitter negli usa è il sostituto italiano degli sms; in italia è il circuito (xkèperverso?) informativo tra politica e stampa ke salta così l’intermediazione delle agenzie di stampa (prossima vittima della rete?). come dire, il mezzo è flessibile rispetto a pratiche d’uso differenti.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here