Per un pugno di centesimi

A tanti anni di distanza dalla liberalizzazione del settore, il livello dei prezzi dei servizi regolamentati all’ingrosso rimane un fattore determinante per lo sviluppo della concorrenza, con ripercussioni dirette sui prezzi ai clienti finali, che sono costantemente scesi nell’ultimo decennio, mentre le prestazioni sono cresciute in modo rilevante, come ci ricordano sempre gli operatori.

Nulla di particolare, quindi, se non ci fossero due elementi di contesto che sono fortemente interrelati. Si tratta, da un lato, del progetto di scorporo/societarizzazione della rete fissa di Telecom Italia e, dall’altro, delle condizioni per favorire la realizzazione della tanto agognata rete di nuova generazione (sempre fissa, mentre quella mobile sembra galoppare per conto suo).

centesimiLa pietra dello scandalo. Il cuore del problema è la discesa del prezzo dell’affitto del doppino in rame (principale fattore per determinare il valore dell’intera rete di Telecom Italia), che è sceso da 9,28 euro/mese a 8,68 euro, rispetto ad una forbice prospettata all’inizio del procedimento che era tra 8,60 e 9,25 euro/mese. L’impatto delle diversi decisioni rappresenta una perdita per i servizi all’ingrosso di Telecom Italia di circa 110 milioni all’anno, che verrà in buona parte ribaltata sui prezzi dei servizi finali e consentirà verosimilmente agli operatori alternativi di conquistare nuove quote di mercato.

Gli operatori alternativi. Per loro la scelta era ineludibile, visto che il rinnovo dei contratti di manutenzione della rete ha portato a riduzioni di costo significative. D’altra parte, il prezzo all’ingrosso dei servizi bitstream limitava sostanzialmente la loro capacità competitiva laddove non utilizzavano i servizi di disaggregazione del rame (l’affitto del doppino di cui sopra), mentre adesso con un taglio del 22%…

Telecom Italia. Si può intuire la reazione di Telecom Italia, a maggiore ragione in un momento in cui ha annunciato la separazione societaria della rete e si aspettava di poter ottenere un “dividendo regolamentare”, perlomeno in linea con gli orientamenti della Raccomandazione europea sulle reti di nuova generazione in via di pubblicazione, che prevede la stabilità dei prezzi del doppino in rame. Telecom lamenta, in particolare, la mancata valutazione delle dinamiche di alcuni costi, a cominciare da quello del capitale. Inoltre, l’impatto va valutato non tanto sull’anno in corso, ma sul valore prospettico della rete. La conseguenza di tutto ciò è un “congelamento” del progetto di scorporo, in attesa di ulteriori chiarimenti dello scenario regolamentare.

L’AGCOM. A fronte dei comunicati incrociati tra i diversi stakeholder, sulle rispettive ingerenze nei vari procedimenti, AGCOM ha tenuto a puntualizzare la differenza tra la decisione appena presa e le nuove partite sul tavolo, che rivestono sicuramente una strategicità ben superiore: la valutazione preliminare del progetto di scorporo (entro luglio) e il successivo possibile avvio di una nuova analisi di mercato integrata, che porterà a delineare il quadro di riferimento per il periodo 2014-2016, eventualmente allungato al 2017 (realisticamente entro dicembre).

E adesso? Il mazzo è stato mischiato, la prima mano è stata giocata. I tempi sono relativamente stretti e la posta in palio è rilevante: l’assetto concorrenziale, gli equilibri economico-finanziari dell’intero settore, la realizzazione o meno di una nuova rete allineata al resto dell’Europa.

Scusate se è poco.

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