La rivoluzione industriale è smart

Smart city. Sentiamo tanto parlare di questa fantomatica città del futuro panacea di tutti i mali ma, cosa è una città intelligente e perché dovrebbe essere una città più pulita?

Una città intelligente altro non è che una città in cui è possibile far dialogare tra loro i vari elementi affinché si comprendano e interagiscano in modo autonomo emettendo segnali in e out. Nella interconnessione sono inclusi tutti i componenti di un tessuto urbano, dai cassonetti ai lampioni, alle reti delle utenze – elettricità, acqua e gas – alle singole case.

minorityPensiamo alle abitazioni prospettate da Asimov che abbiamo visto nella trasposizione cinematografica di Minority Report o all’italiana casa di Christopher Lambert in Nirvana di Salvatores. Una simile struttura dovrebbe quindi garantire l’efficienza complessiva di uso e smaltimento  delle risorse, in una parola: efficienza.

Un sogno oggi, ma un sogno immaginabile. Il passaggio strategico da fare, oltre alla costruzione delle infrastrutture, è forse la comprensione di cosa voglia dire una evoluzione di questo genere all’interno del tessuto urbano; cominciando a ragionare vedendo la città e le sue componenti in un  ottica di sistema. Sono anni che sentiamo parlare di Smart Grid, ma solo in questi ultimi mesi ci si sta rendendo conto che pensare alle reti intelligenti, ai meter intelligenti, solo rispetto il singolo circuito intelligente da creare è riduttivo. La forza di una città simile è che ogni elemento è interconnesso, anche se stessimo parlando di una microgrid.

Non solo, un altro elemento che sta apparendo sempre più evidente è come questa interconnessione non escluda, ma includa. Ecco che le rinnovabili, lo storage, la generazione a gas, e anche centrali geotermiche (se di ultima generazione meglio) sono tutti elementi che, correttamente dosati, possono essere parte di un sistema virtuoso e con un impatto ambientale accettabile.

Tale passaggio di mentalità nelle istituzioni prima e nei cittadini poi, sarà la discrimine verso la riuscita o meno di questa sfida. Continuare a vedere in un circuito smart isolato o pensare le smart grid come unico appannaggio delle reti elettriche è una forma mentis che non farà altro che rallentare il processo tecnologico e culturale. D’altronde non è la prima volta che l’uomo è in grado di pensare una tecnologia ma non è in grado di capire fino in fondo quello le potenzialità e i fini di ciò che sta creando.

Non sono poche le città che stanno eseguendo sperimentazioni anche piccole di approcci smart, speriamo davvero che di tutto ciò non restino che molte cattedrali nel deserto, all’Europa il grande incarico di essere direttrice di orchestra di questa che potrebbe essere la nuova rivoluzione industriale, quella smart. E che magari potrà disegnare finalmente una identità europea interconnessa, interoperabile e soprattutto unita.

 

 

 

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