Elegia del Fare: 6 – I digital champions territoriali

Continuiamo la rassegna del Fare, dando spazio e dignità di palcoscenico a chi – stando quotidianamente in trincea – contribuisce concretamente alla costruzione del futuro mentre il circo mediatico-lobbistico continua a raccontarsela in un turbinio di convegni e summit dove di digitale c’è solamente l’invio via mail degli inviti e un utilizzo compulsivo dei social media in termini rigorosamente autocelebrativi.

“We are the champions”. Tutto nasce da qui, il 24 settembre: meno di due mesi fa. Salutando la nomina di Riccardo Luna a Digital Champion, mi rivolgevo direttamente a lui qui su Techeconomy suggerendogli (ma non ce n’era bisogno, sicuramente ci aveva già pensato) di reclutare 8.100 champions territoriali. Meno di due mesi, e sta per succedere: fra qualche giorno, Riccardo presenterà al Tempio di Adriano i primi 100 local champions.

Primo forte segnale di discontinuità: i tempi. In meno di due mesi, eravamo abituati a non riuscire a fare neppure la prima riunione finalizzata a inquadrare l’obiettivo di una qualsiasi iniziativa. Riccardo, invece, è riuscito a mettere insieme le tesserine e a comporre il primo puzzle. Senza comitati d’onore, gruppi di lavoro, commissioni paritetiche, cabine di regia, programmi congressuali e cene di relazione. Due mesi di lavoro. “Fatti, non pugnette”, parafrasando l’indimenticato Palmiro Cangini Assessore alle Varie ed Eventuali del Comune di Roncofritto. “Fatti, non tartine e welcome coffee”, aggiungerei.

Secondo segnale di discontinuità: l’operosità silenziosa. Non dovendo mantenere macchine mediatiche condannate a inseguire la visibilità in cambio di ricavi, Riccardo è riuscito a lavorare in silenzio e completamente concentrato sull’obiettivo. La ciccia senza il contorno, diciamo. Lo zen dell’innovazione. Perché è soltanto così, che le cose riescono a succedere per davvero.

Terzo segnale di discontinuità: aver centrato l’obiettivo. Potrebbe sembrare assurdo, ma non lo è: decine e decine di iniziative non sono riuscite a raggiungere gli obiettivi prefissati, finendo per scontrarsi contro imponenti muraglie di gomma innalzate con spettacolare rapidità da quella non così immediatamente riconoscibile melassa della finta innovazione un tanto al chilo o al metro quadro.

E questa della presentazione dei primi 100 local champions non sarà la conclusione di un percorso, quanto piuttosto l’inizio del lavoro vero e della successiva fase di gemmazione. Da 100 a 1.000, da 1.000 a 8.000. Gli evangelizzatori del digitale, i testimonial del futuro.
Persone capaci finalmente di spiegare alla casalinga di Voghera e al mio elettrauto i reali benefici derivanti da una completa digitalizzazione del Paese.
Persone capaci di generare domanda di innovazione.
Perché è la domanda che genera l’offerta, e non viceversa.

Buon lavoro a Riccardo, buon lavoro ai suoi primi 100 campioni locali. Saremo tutti quanti con voi, a tifare per l’innovazione reale. E se non saremo proprio tutti, se qualcuno troverà terribilmente naif o scandalosamente non academically and politically correct questa iniziativa, ce ne faremo una ragione.
L’hashtag è: #lechiacchierestannoazero, e state sereni.

 

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