Accesso al web: per l’80% degli italiani dovrebbe essere diritto fondamentale

Per otto italiani su dieci l’accesso economico ad Internet dovrebbe essere un diritto dell’uomo. Il dato emerge da un’indagine condotta da Ipsos in 24 Paesi per il think tank Cigi (Centre for International Governance Innovation) e presentata oggi ad Ottawa, in Canada.
L’80% definisce il web importante per lo svago, e il 63% per il futuro economico, ma il 55% si dice più preoccupato per la sua privacy online rispetto a un anno fa, il 69% teme un furto dei dati bancari e il 71% dei dati personali. Per l’80% degli italiani, infine, l’accesso a internet dovrebbe essere un diritto umano, contro una media mondiale dell’83%.

Oltre che in Italia, il sondaggio è stato condotto su 23mila persone in Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Egitto, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Hong Kong, India, Indonesia, Kenya, Messico, Nigeria, Pakistan, Polonia, Sud Africa, Svezia, Tunisia, Turchia e Usa.

A livello globale, come detto, l’accesso abbordabile a Internet dovrebbe essere un diritto dell’uomo per l’83% del campione. La cifra sale all’89% nei Paesi di Africa e Medio Oriente, e scende al 77% nelle nazioni del G8. Sempre in Medio Oriente e Africa si registrano le percentuali più alte di chi considera il web importante per avere accesso alle informazioni (96%) e libertà d’espressione (87%), così come per il futuro economico (88%), mentre sono poche le differenze tra i paesi sulla rete come fonte di svago, che in media si attesta all’87%. Ad avere più preoccupazioni sulla privacy rispetto a un anno fa è il 64% del campione, con una punta massima dell’81% in America Latina e una minima del 51% in Europa. La paura che gli hacker accedano ai dati bancari online è condivisa dal 78% degli intervistati, il 77% teme il furto dei dati personali e il 74% è preoccupato che le sue attività online vengano monitorate e rivendute a scopo commerciale (67% in Italia). La censura di internet preoccupa il 64% del campione, con in testa i messicani (87%) e in coda gli Svedesi (37%). In Italia si registra il 59%, più della Cina, che si ferma al 50%.

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