India e mercato digitale: una scelta open

Dal 2010 al 2015 il mercato digitale in India ha registrato una crescita media pari quasi al 35%. Secondo le stime del report di settore redatto dal BostonConsultingGroup (BCG) e dall’InterneteMobileAssociationofIndia (IAMAI) l’economia legata al digitale dovrebbe poter rappresentare entro il 2018 il 5% per cento del prodotto interno lordo dell’interno paese (PIL).

Analizzando meglio i dati della serie storica ricompresi tra il 1999 ed il 2015 è possibile notare come sia soprattutto l’attività legata alla produzione di prodotti e servizi per le esportazioni ad essere cresciuta nel corso degli anni rispetto invece al mercato nazionale interno. Ed infatti si è passati da una quota di produzione pari al 19% relativa agli anni 1991/1992 ad una quota pari all’81% raggiunta nel 2014/2015.

India

In relazione a questi andamenti negli ultimi anni lo stesso Governo nazionale ha prestato particolare attenzione in merito alle scelte per la politica nel settore proprio in riferimento agli impatti sull’economia nazionale. Il settore IT impiega attualmente circa 10 milioni di lavoratori e l’industria nazionale sta guidando la trasformazione economica del paese anche nella sfera dell’economia globale. La competitività dei costi nella fornitura di servizi IT, che è di circa 3-4 volte più conveniente rispetto agli Stati Uniti, continua a essere il pilastro della proposta unica di vendita (USP) nel mercato globale di sourcing. Il paese inoltre sta acquistando ed investendo in termini di capitale intellettuale per la costituzione di centri nazionali per l’innovazione.

L’economia legata alle ICT ha avuto un forte impatto anche nel settore dell’istruzione creando una notevole domanda in particolare rivolta alle specializzazioni in ingegneria ed informatica. Il segmento di mercato legato alla gestione dei processi aziendali (BPM) è aumentato con un tasso di crescita annuale del 15% rispetto al 2010 e si stima che questo possa espandersi fino a raggiungere entro il 2020 la cifra di 300 miliardi di dollari americani. Dagli studi di settore l’India si attesta come il 4 più grande hub di nuove imprese nel mondo, con la presenza di oltre 3.100 start-up tecnologiche, cifre e numeri che ovviamente secondo le stime e le previsioni tenderanno a crescere sempre più nei prossimi anni anche all’interno del mercato nazionale. A tal riguardo basti pensare che la quota di utenti collegati in rete raggiunta nel mese di giugno superava i 350 milioni di individui, in crescendo anche il numero di utenti di social media che ha raggiunto quota 143 milioni (aprile 2015) con 160 milioni di utilizzatori di smartphone,  senza considerare l’atteso superamento delle difficoltà legate al digital divide soprattuto di tipo geografico e infrastrutturale tra il centro e le zone rurali.

Secondo un recente studio di Gartner anche i servizi pubblici legati al Cloud sono in forte crescita e dovrebbero raggiungere la cifra di $ 838.000.000 US entro il 2015, con una crescita del 33 % su base annua. Sono proprio le stime di mercato legate al cloud pubblico che tenderanno a triplicarsi fino a raggiungere la cifra pari a 1,9 miliardi di dollari entro il 2018. Ed infatti una maggiore penetrazione di Internet (anche nelle zone rurali) e un rapido emergere del commercio elettronico sono tra i principali driver per la crescita continua dei data center hosting di mercato su cui si sta muovendo il settore pubblico e privato indiano.

Anche in tema di open source negli ultimi tempi il governo indiano sembra avere le idee molto chiare con l’adozione di scelte ben definite a sostegno del software libero; soprattutto in relazione alla preferenza di adozione di standard aperti (ODT) rispetto ai formati proprietari all’interno del sistema pubblico di appalti.

Dal 19 al 20 Novembre 2015 proprio a Bengalaru si terrà OpenSourceIndia (OSI) la conferenza più importante di tutto il continente asiatico; nata nel 2004 come una conferenza su Linux, l’iniziativa è stata capace di riunire tutta la comunità dell’open source nel corso degli ultimi 11 anni. Questa 12° edizione si è posta un traguardo ancor più arduo ovvero quello di proporre in continente asiatico e più precisamene l’India come il cuore dell’ecosistema del software libero.

In una recente intervista Ram Sewak Sharma, il Segretario del Dipartimento di Elettronica e Information Technology,  ha dichiarato che l’obiettivo del governo è proprio quello di garantire un corretto confronto e una reale valutazione nella scelta tra software proprietario e libero con lo scopo di far adottare quella che risulti essere la migliore soluzione possibile; sarà infatti il governo stesso a prendersi l’onore della tutela del rispetto dei prerequisiti confrontando le varie proposte e valutandole in relazione alla capacità, controllo strategico, scalabilità, sicurezza, costi della manutenzione-gestione  e requisiti di supporto. Nel testo ufficiale invitato dal Ministero in merito alla Policy sulla adozione di software open source da parte del governo indiano si legge:

” …il governo incoraggerà l’adozione formale e l’utilizzo di software Open Source (OSS) nelle organizzazioni pubbliche. L’obiettivo è quello di fornire un quadro politico per l’adozione rapida ed efficace di OSS; di garantire il controllo strategico nelle applicazioni e nei sistemi di e-Governance in una prospettiva a lungo termine, di ridurre il costo totale di proprietà (TCO) dei progetti…”

Queste policy in realtà sono integrate all’interno di una più ampia iniziativa di diffusione relativa a tutto il settore del digitale; un ambizioso programma del governo indiano che si focalizza su tre aree chiave:

  • Infrastruttura digitale come utility per ogni cittadino
  • Governance & Servizi on Demand
  • Empowerment digitale dei cittadini

Già da qualche erano infatti stati realizzati casi studio di implementazione di sistemi FOSS (Free e Open Source Software) con una particolare attenzione rivolta principalmente agli impatti economici. In uno dei primi report del  2009  si evidenziavano alcuni risultati interessanti; lo studio si basava su 20 casi provenienti da vari dipartimenti governativi indiani e istituzioni educative che avevano scelto di utilizzare software libero per sistemi operativi, server o applicazioni. In Kerala, ad esempio, il governo aveva sostituito il software Windows con software libero migrando 50.000 postazioni con un risparmio in licenze di quasi $ 10200000 di dollari. La Life Insurance Corporation (LIC), una delle più grandi agenzie nazionali di assicurazioni, ha migrato il proprio parco macchine tecnologico (3.500 server e 30.000 postazioni) verso software libero risparmiando $8.75 milioni di dollari; anche la New India Assurance Company nello stesso periodo ha migrato i propri 1.500 server e 7.000 postazioni con un risprarmio totale di ben  $ 16.67 milioni di dollari.

La particolare attenzione, degli ultimi tempi, a favore dell’open source (anche da parte del governo indiano) può essere inteso come un riflesso del cambiamento di prospettiva e pianificazione strategica che ha spostato l’attenzione dalla sfera di semplice acquisizione di un prodotto o servizio alla sfera di investimento in termini di innovazione, adattabilità ed efficienza. E’ noto che nel corso degli ultimi anni, a livello mondiale molti governi stanno intensificando il loro impegno sull’utilizzo ed implementazione di sistemi open source anche a fini di “rispramio”; ma questa scelta spesso viene effettutata non solo e non tanto da un punto di vista puramente tecnico o tecnologico, quanto anche a supporto per la promozione di una cultura dell’innovazione e di nuove modalità di relazione e inter-relazione con i propri cittadini, non più identificabili come semplici utenti o portatori di interessi (stakeholder) ma che proprio grazie alle innovazioni tecnologiche e all’utilizzo della rete sperimentano oggi la possibilità di essere co-prosumer ovvero co-produttori di servizi.

Questo cambio di paradigma dà la possibilità di analizzare, da una prospettiva più estesa, i benefici di ampia portata dello sviluppo del digitale e soprattutto dell’utilizzo dell’open source non solo per l’economia, il mercato del lavoro e l’innovazione, ma anche all’interno dei governi stessi in termini di trasparenza ed efficacia delle proprie politiche.

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