Il mese scorso abbiamo parlato del progetto OpenStreetMap e della community che lo gestisce. Vorremmo partire da lì per fare un’analisi della cartografia libera per confrontarla con la più conosciuta Google Maps.
Google Maps
Sicuramente quando pensiamo ad un servizio di mappe online ci viene subito in mente la cartografia di Google, progetto nato all’inizio del 2005, che consente la visualizzazione e la ricerca di informazioni all’interno di mappe.
Normalmente per la cartografia vengono utilizzate delle foto geometricamente corrette e georeferenziate, dette ortofoto. Sostanzialmente a queste immagini vengono aggiunte delle informazioni in base ai rilievi topografici, alla distorsione della lente e all’orientamento della macchina fotografica. A differenza di una semplice foto aerea, un’ortofoto diviene, grazie a queste correzioni, una vera e propria mappa, che permette di misurare le distanze reali tra i vari punti rappresentati.
Il servizio di Google utilizza invece delle foto che sono state appiattite ed adattate in modo da essere utilizzate nella proiezione cartografica e rendere più fluida la consultazione. Tuttavia, nonostante questa caratteristica cartografica debole, il vero punto di forza delle mappe di Mountain View sono i servizi costruiti su di esse. Infatti il prodotto permette di realizzare delle ricerche di tutte le informazioni che sono state aggiunte alla mappe, come ad esempio ristoranti o monumenti, oltre a consentire il calcolo di percorsi stradali tra due o più punti.
Associato alle mappe vi è poi il servizio Street View che, grazie a delle foto riprese da particolari automezzi dotati di fotocamere, permette di visualizzare delle rappresentazioni a 360 gradi dei luoghi censiti.
Negli ultimi anni poi Google ha iniziato ad offrire ai propri utenti la possibilità di ricevere informazioni sul traffico. Tutto questo è stato possibile grazie all’acquisizione di Waze, un’applicazione mobile, sviluppata da un’azienda israeliana, che si basa sul concetto di crowdsourcing. Sostanzialmente le informazioni disponibili provengono dagli stessi utilizzatori che semplicemente utilizzando l’applicazione partecipano all’implementazione delle informazioni sul traffico, su eventuali incidenti stradali o rallentamenti dovuti a lavori.
OpenStreetMap
Il progetto, partito nel luglio del 2004 su iniziativa di Steve Coast e che si trasforma già nel 2006 in fondazione, mira alla raccolta di tutti i dati geografici mondiali come base per la realizzazione di mappe e cartografie.
Le carte geografiche vengono realizzate partendo da ortofoto donate da aziende (la prima è stata nel 2006 Yahoo) o da enti governativi che hanno modificato la licenza di utilizzo dei propri dati in modo tale che potessero essere utilizzati da OpenStreetMap.
A queste ortofoto si aggiungono altre fonti libere e i dati registrati dai dispositivi GPS e dai rilievi fatti sul territorio da parte dei volontari, chiamati mappers, che girano in auto, in bici o a piedi le zone da mappare.
Molti dati sono stati forniti da fonti governative comprese alcune italiane: l’ISTAT mette a disposizione le coordinate dei centri abitati, molti open data messi a disposizioni dalle amministrazioni regionali sono stati inseriti nei database cartografici.
Alcune amministrazioni locali hanno assunto degli atti formali per dichiarare liberi i propri dati come il comune di Vicenza che utilizza OpenStreetMap quale base per il proprio WebGis di Sistema informativo territoriale.
OpenStreetMap e Goggle Maps: pro e contro
OpenStreetMap è una cartografia libera, liberamente utilizzabile, modificabile e controllabile da chiunque essendo sviluppata in modo condiviso. Rispetto alle mappe di Google in alcune zone ha un elevatissimo dettaglio come possiamo vedere attraverso il tool online Geofabrik, dove ho messo a confronto la città di Roma.
Grazie al fatto che è sviluppata in maniera collaborativa, le mappe libere vengono aggiornate in tempi molto brevi e questo ha permesso di utilizzare OpenStreetMap in località colpite da cataclismi dove i mappers hanno avuto modo di aiutare i soccorritori.
Per contro, dove i volontari non sono sufficienti, il dettaglio della mappa è molto limitato, di livello inferiore rispetto a molte altre cartografie e naturalmente i tempi di aggiornamento lunghissimi.
Goggle Maps è poco modificabile dagli utenti, se non per la possibilità di aggiungere punti di interesse e informazioni varie. Il loro utilizzo è limitato da una licenza che non ne permette un uso libero e dove è necessario pagare una royalty per un utilizzo legale e commerciale.
I tempi di attesa di aggiornamento sono molto più lunghi rispetto alla cartografia libera, che può contare invece sul supporto dei mappers volontari. Proprio per questo Google ha attivato il progetto Map Maker, aprendo di fatto la modifica delle mappe anche a collaboratori esterni, mantenendo comunque la moderazione di questi dati e rafforzandone il controllo dopo gli atti vandalici dell’anno scorso da parte di alcuni utenti. Tuttavia i dati caricati dagli utenti divengono di proprietà di Google e quindi rivenduti dalla stessa.
Due scopi, due visioni
É evidente che gli scopi dei due progetti sono nettamente diversi. Google pur cercando di migliorare i propri dati, è più orientata a costruire sulle proprie mappe tutta una serie di servizi per gli utenti finali, sia gratuiti che a pagamento. Ne sono una dimostrazione l’acquisizione di Waze e i sevizi di navigazione.
OpenStreetMap punta a costruire una vera e propria banca dati mondiale di dati cartografici liberi, che possono essere utilizzati da terze parti sempre nel rispetto delle proprie licenze, per creare applicazioni e servizi su di esse.
Facebook Comments