Con la digital transformation l’industria del cybercrime è cambiata in modo rapido, compiendo un salto di qualità sia nella tecnologia degli attacchi che nella sofisticazione degli obiettivi perseguibili. Negli ultimi anni i criminali informatici sono diventati più organizzati e collaborano tra di loro per definire “best practice di attacco” in grado di sfruttare i nuovi varchi resi possibili dalla digitalizzazione di processi e sistemi.
Secondo gli ultimi studi condotti da IDC le falle sfruttate dai cybercriminali nelle nuove iniziative digitali faranno lievitare del 25% nei prossimi due anni la spesa aziendale per la gestione del rischio e della sicurezza IT. In azienda non solo vengono trafugate informazioni relative alle carte di credito, ma anche informazioni economico – finanziarie riservate, come: comunicazioni commerciali, proprietà intellettuali, opere di ingegno e, soprattutto, le credenziali e le identità digitali di milioni di utenti, clienti, dipendenti e partner.
In tema di sicurezza è chiaro come ogni singolo individuo sia a rischio e per avere un quadro più preciso a riguardo IDC ha stimato 24 identità digitali per ogni individuo tra quelli connessi abitualmente alla rete. Se consideriamo il 35% della popolazione mondiale in questa media, il numero di identità digitali potenzialmente vulnerabili si aggira attorno ai 55 miliardi, moltiplicando quindi a dismisura la possibilità che un bersaglio venga colpito. Tutto questo fa prevedere che entro il 2020 oltre un miliardo e mezzo di persone avrà subìto, almeno una volta, una sostanziale violazione dei propri dati.
Il costo del cybercrimine sull’economia mondiale lieviterà da 650 miliardi di dollari nel 2016 a oltre 1.000 miliardi nel 2020. Tutto ciò richiede necessariamente un nuovo approccio e un nuovo modo di pensare alla sicurezza informatica per rimanere al passo, garantendo alle imprese la flessibilità e l’aderenza alle nuove sfide del mercato.
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