Ho caricato ExpressCurate su un mio sito per fare una prova concreta di content curation. Non male. La premessa (o la promessa?) è quella di buttare giù una serie di articoli in una manciata di minuti. Sia chiaro, la dimestichezza devi avercela. Come in ogni cosa, però. Questi strumenti – in una base free, per diventare poi a pagamento man mano che richiedi funzioni customizzate – ti permettono un discreto livello di ricerca di articoli, una intelligente mappatura di testi correlati, la possibilità di selezionare un testo già in rete citando la fonte o di manipolare il contenuto scegliendo le foto che l’algoritmo ti trova.
Parliamo, in effetti, di uno strumento di editing molto evoluto, su una base di ricerca che utilizza le grandi piattaforme come Google News, Yahoo, ecc. Per capirne pienamente l’utilità bisogna chiedersi seriamente a cosa ci possa servire.
A volte il fascino del tool di ultima generazione è tale che ci si innamora più dello strumento che della sua effettiva necessità. Ma cosa serve davvero?
1 – creare contenuti per indicizzarli e, con backlinks e motori di ricerca, aumentare traffico sul proprio sito e far crescere il rank;
2 – restare connessi al dibattito delle tendenze nel mercato delle informazioni per godere di un naturale posizionamento tra i siti o i blog necessariamente più seguiti;
3 – dare un’idea viva e dinamica del proprio sito o blog, di contro alla sensazione di staticità che, in molti casi, equivale al crollo dell’attendibilità di uno strumento di informazione.
Senza dubbio, per quanto un software possa facilitare l’impresa di raggiungere una massa critica di follower, il punto da chiarire resta nebuloso. A cosa serve il traffico? Come è possibile creare flusso su un monocanale senza cadere nel pericolo di confrontarsi con l’immensa produzione generalista di contenuti?
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La Rete mastica tutto, ma non lo inghiotte mai. Ci gioca, ci fa le bolle, a volte le fa scoppiare, ma non c’è un’informazione, un articolo, una foto, un video che non restino sospesi nella grande memoria di internet.
I software di curation mirano a far risparmiare tempo a fronte di una mirata produzione di flusso di contenuto ripreso dalla rete nella forma di individuazione, selezione, rielaborazione di articoli già scritti e pubblicati su un determinato argomento. Un lavoro importante di riorganizzazione e packaging.
Pam Dyer – una riconosciuta web influencer, attiva nel gruppo Social Media Today – ha più volte scritto sull’argomento. Il punto, quando si parla di strategia di content curation, sembra essere connesso alla dimestichezza di un settore complesso. La domanda allora è: che tipo di contenuto digitale esiste oggi e su quali piattaforme viene pubblicato?
Pam ha realizzato delle infografiche per aiutarci a capire.
4 – i content curation software nascono per organizzare il contenuto in un flusso dinamico strettamente legato alla memoria del web su un singolo argomento;
5 – grazie a un meccanismo di selezione naturale, solo le informazioni più rilevanti saranno scambiate dagli utenti;
6 – diventa importante saper riconoscere in anticipo quei contenuti che diventeranno dei trend.
Curate
Da Bundlr a Pearltrees, da Kuratur a Zemanta, da YourVersion a Pulse, da Curata a Trapit – anche se differenti per tipologia e funzione (alcuni sono aggregatori e organizzatori di fonti, altri sono strumenti di curatela veri e propri) – la maggior parte dei sistemi tecnologici di content curation non esclude affatto l’importanza di progettare e creare contenuto; piuttosto, vanno considerati come una sorta di aiuto, con l’obiettivo di stimolare una sorta di catena open source in cui il contenuto prodotto viene manipolato, arricchito, organizzato, riciclato e condiviso, nel continuo sforzo di migliorarlo.
7 – Il contenuto branded deve essere ben scritto, fluido e condivisibile;
8 – il contenuto deve essere organizzato attorno a un tema rilevante, strutturato con keyword, articoli correlati, link verso altri blog e siti e deve essere diffuso via social network;
9 – il SEO e la teoria dei backlinks come unici strumenti di ranking è superata. Il contenuto ben fatto fidelizza gli utenti.
In conclusione, lo storytelling, come approccio alla strutturazione di un contenuto – tradotto in archetipo narrativo ad uso e consumo delle conversazioni in rete – è il linguaggio che la content curation utilizza nel rendere efficace la sua azione. Più un contenuto, un articolo, un messaggio generano un effetto eco, aprendo il fronte ad altri sviluppi, interconnessioni, interazioni con gli utenti, più avrà senso curare la moltiplicazione dei canali, la distribuzione su piattaforme convergenti e la continua riproposizione dei temi trattati (anche attraverso la strategia dei related topics).
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