Marketing o spam?

Lo spam può essere anch’esso un potente strumento di marketing utile a soddisfare una domanda latente di beni e servizi (pornografia, vendita online illegale di prodotti farmaceutici, ecc.) che non possono essere soddisfatti (o lo sono a costi maggiori) tramite normali canali di distribuzione. Ma a parte questa categoria di affari, marketing e spam hanno (o dovrebbero avere) domini separati.

Perciò non è fuor di luogo la domanda: Stai facendo marketing o spam?

È allora opportuno definire meglio i confini e le relazioni tra marketing e spam, al fine di chiarirne contesti e pratiche operative.

Se per marketing riprendiamo la definizione contenuta nel testo Marketing di Peter, Donnelly, Pratesi, possiamo dire che questo è riferito a “Un gruppo di attività programmate, organizzate, controllate che partono dallo studio del consumatore e, in generale, della domanda e della concorrenza, e, attuandosi in forma integrata, sono volte al conseguimento degli obiettivi aziendali di medio-lungo termine attraverso la ‘soddisfazione’ del cliente”. Da qui capiamo che l’imperativo è creare valore per il cliente (user-centric thinking), che si rifletterà in fiducia e fedeltà verso il fornitore, quindi in domanda di beni e servizi, cioè vendite e fatturato. Pertanto, il marketing come promozione di valore: un insieme di vantaggi percepiti (qualità, convenienza, affidabilità, esperienza, assistenza), di aspettative positive, di fiducia (brand awareness) e di relazioni (relationship/engagement).

Una promozione strategica di valore che si avvale di molteplici tattiche e strumenti. Internet, il web 2.0 in particolare, anche in questo contesto ha posto le basi per una rivoluzione, per offrire non solo nuove tattiche di marketing, ma per essere un nuovo paradigma di creazione, promozione e scambio di valore tra aziende e clienti. E parliamo quindi di internet marketing, online marketing e digital marketing. Le specificità del Web 2.0 agevolano il processo di mediazione del valore, rendendolo aperto, mirato al coinvolgimento e alla partecipazione dell’utente/cliente/consumatore, interattivo, focalizzato sull’ascolto, sugli interessi, le preferenze e le necessità del cliente. Articolato in un insieme di contenuti (content marketing) orientati non solo e non prioritariamente a convincere all’acquisto, ma ad educare, intrattenere, ispirare, generare fiducia e emozioni (storytelling, consumer-generated content).

Stokes, 2013: Matrice contenuti/obiettivi di Digital Marketing
Stokes, 2013: Matrice contenuti/obiettivi di Digital Marketing

E allora, quand’è che si sta facendo spam e non marketing?

Il digital marketing degenera in spam quando si trasforma in informazione che non aggiunge valore per l’utente, inappropriata, non richiesta, irrilevante, insistente e pervasiva, deliberatamente ingannevole nel ricercare un ranking immeritato per contenuti di bassa qualità. Degenera in spam quando è cattivo marketing, worst practices, quando è pura pubblicità e non creazione di valore/relazione, quando è comunicazione unidirezionale e non ascolto/dialogo, quando è indifferenziato e non mirato, quando è martellante e non discreto.

Ancora più a rischio sono le tattiche di marketing di unconventional marketing o guerrilla marketing. Esse sono spesso al borderline della legalità o dell’etica del marketing, degenerano facilmente in worst practices e in spam. Ne sono esempio lo stealth marketing (diffondere informazioni positive su un brand senza informare che si tratta di un messaggio pubblicitario e magari pagato), l’endorsement (nelle sue forme estreme), l’undercover marketing (simile allo stealth marketing negli effetti, ma che si avvale di false identità o profili fake), parasitic marketing e ambush marketing (entrambi forme di marketing mirate a sfruttare grandi eventi o campagne pubblicitarie concorrenti per ottenere visibilità o infiltrare promozioni pubblicitarie).

Incappare nei sistemi anti-spam predisposti nei vari contesti della comunicazione in rete, violare le normative di legge o essere percepiti come spam da parte degli utenti/clienti/consumatori significa aver pianificato una strategia di digital marketing fallimentare.

Dare una dimensione del fenomeno dello spam (e specificamente dello spam 2.0, dello spam nel contesto del web 2.0) non è semplice, ma l’entità è estremamente rilevante.

Lo spam – afferma Stefano Branduardi, marketing operations manager a MailUp è spesso il risultato di una strategia di email marketing pensata male. Profilare i contatti, assicurarsi di avere il consenso, segmentare gli invii, puntare alla rilevanza: tutte best practice per campagne di mailing che non finiscano in spam e che assicurino ROI rilevanti“.
Nexgate, azienda californiana del settore security ora parte del gruppo Proofpoint, tra luglio 2013 e giugno 2014 ha svolto un’indagine sugli oltre 32.000 brand account della lista Fortune 100 delle principali aziende statunitensi presenti sui social network (particolare focus su Facebook, Twitter, and YouTube), comprendenti un volume di circa 60 milioni di contenuti vari. È emerso che il 40% degli account/profili Facebook e il 20% dei profili Twitter che affermano di rappresentare un brand Fortune 100 sono falsi, con circa 1,8 milioni di contenuti sono spam. Akismet, un servizio di rilevazione e filtraggio di commenti spam su blog della società Automattic, analizza in real time milioni di siti e community su internet. Nel 2014 ha rilevato oltre 90 miliardi di commenti spam, con una media di 7,5 miliardi al mese (250 milioni al giorno) ed un picco a novembre di oltre 12 miliardi. Ma il dato sorprendente è la percentuale di commenti veri/reali rispetto a quelli spam: nel mese di dicembre a fronte di oltre 10 miliardi di commenti spam risultavano solo circa 156 milioni di commenti non-spam.

 

 

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