Alfabeto Open: F come Friend (social)

“Come ti senti amico, amico fragile,
se vuoi potrò occuparmi un’ora al mese di te” 

[Fabrizio De André, “Amico Fragile”, Volume 8 (1975)]

Lo ammetto: sono un po’ asocial, e vivendo a stretto contatto con la tecnologia, sia per lavoro che soprattutto per passione, non ne vado molto fiero. Ci sono meccanismi “social” che sinceramente non riesco ad apprezzare a fondo, e per questo non riesco a renderli parte integrante della mia vita, delle mie abitudini o del mio modo di vivere la giornata: il concetto di “social amicizia“, ad esempio.

È innegabile che rappresenti il motore fondamentale che ha sancito il successo di una famosa piattaforma, consentendole di essere così efficace ed usata, quindi nulla in contrario. Forse quello che mi convince poco non è tanto il banale paragone tra amicizia vera (fisica) con quella social. Ovvio che non sia paragonabile, non erano neanche queste le intenzioni di chi questo meccanismo l’ha inventato.

Penso che ciò che mi convinca poco sia il concetto di “contributo”, che infatti mi sfugge (al di là del contributo alla celebrità della piattaforma).

Intendo contributo in senso ampio: alla realtà che viviamo, al cambiamento delle cose, a lasciare o tentare di lasciare una traccia, un miglioramento, un senso vero a cosa stiamo facendo. Un concetto per me importante, che giustifica le mie azioni, o almeno quelle grazie a cui la sera riesco a prendere sonno.

Mi manca cioè l’azione concreta di una persona nei confronti di un’altra, o di un gruppo, o comunque di un’idea, un progetto. In sintesi, non vedo un grosso senso nell’affannarsi a stringere amicizia social con un altro, che spesso nemmeno conosco.

Viceversa, per esperienza diretta so bene che in rete si abbia l’opportunità concreta di dare un “contributo”. Questa possibilità passa però per un altro concetto, quello di community.

Quindi, per tornare al dubbio di prima, quello che mi convince poco sicuramente è il paragone tra stringere una “social amicizia” rispetto a fare parte di una community, e per spiegare questo concetto entra in ballo un altro termine anglosassone, che infatti non è F come Friend ma piuttosto E come Engagement.

Engagement è un motore social e sociale, di cui riconosco l’enorme valore, sia in termini di contributo (progetto, idea ecc.), sia in termini di rapporti (amicizia). Lo chiamo “motore” perché ha la forza di trascinare, spostare, cambiare, far viaggiare… e questa forza è proprio l’azione delle persone, con il loro coinvolgimento attivo ed appassionato.

Engagement diventa naturalmente necessità di vedersi, di incontrarsi (non solo online), di comprendersi e di scambiare, di fare in modo che altri partecipino, tutto affinché questo “contributo” si realizzi.

Ecco allora che il confine tra social e sociale, tra online e fisico, diventa finalmente molto più labile.

Ecco quindi che si incontrano persone, vere. E si incrociano occhi, altri occhi che si illuminano di una luce, la nostra stessa luce, che è altro non è che l’opportunità di fare, creare, co-progettare, contribuire con passione ad un obiettivo condiviso.

Ecco che così le cose mi tornano meglio.

E garantisco che così le cose si fanno, sentendosi parte attiva con un’energia nuova e collettiva, che ci proviene anche dagli altri e che ci aiuta in maniera determinante a realizzare obiettivi concreti (anche ambiziosi).

Questa è la vera forza delle community, che danno il loro contributo instancabile al software libero ed alla sua diffusione nel mondo, tanto per fare un esempio.

Questo è il motivo per cui assistiamo nelle stesse aziende ad una rivisitazione dell’attuale modello organizzativo gerarchico e autoreferenziale, verso un modello reticolare ed interconnesso, tipico appunto delle community.

Questo è il motivo per cui sarò pure in parte aSocial, ma apprezzo la tecnologia e provo a riconoscere tutte le opportunità che offre, soprattutto quando i suoi meccanismi possono essere utilizzati “a fin di bene” (secondo la mia opinione, ovviamente).

Engagment (e quindi community) è per me un concetto profondo molto importante, da conoscere e da saper riconoscere, apprezzare. È il fattore umano sopra tutto,  che si rafforza uno con l’altro, con i suoi pregi e difetti, con le sue dinamiche, con la sua “contaminazione”. E rappresenta oggi uno dei fattori più efficaci per la propria crescita, sia personale che professionale.

E vale la pena di meditare, se si crede ancora nelle persone.

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