Libertà sotto l’albero (con qualche attenzione)

libertà

Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno.
Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita.
(Proverbio cinese)

Il Natale, si sa, è anche il tempo di regali. Alzi la mano chi non ha mai approfittato di questa occasione per regalare qualcosa, oltre che ad amici e parenti, anche a se stesso. Tutti i magazine online pullulano di consigli per gli acquisti, per cui…non faremo eccezione!

Siamo TechEconomy: quindi parleremo di regali ad alto contenuto di tecnologia digitale; siamo il canale Open4Business: quindi parleremo di strumenti ad alto contenuto di software (ed hardware) libero; siamo la rubrica “il diavolo si annida nei dettagli”: quindi parleremo degli aspetti positivi ma non nasconderemo le ombre, i nei e tutto quello che secondo noi allontana ciascun progetto dalla “perfezione”.

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Se per voi Natale è il tempo per cambiare smartphone, ma non ne volete uno qualsiasi perché siete attenti ai temi della libertà, della sostenibilità ambientale ed etica e delle condizioni di lavoro di chi produce la tecnologia che compriamo spesso a prezzi incredibilmente bassi, allora Fairphone2 è il device che fa per voi. Dopo l’inaspettato successo (60.000 esemplari realizzati, tutti venduti) della prima versione (FP1), nata attraverso una fortunata operazione di crowdfunding, la seconda versione dello smartphone “etico” è stata progettata mettendo al centro la durata nel tempo (attraverso una progettazione modulare che lo rende facilmente smontabile per permettere all’utente l’accesso, la sostituibilità e il corretto smaltimento delle singole parti), l’etica della produzione (attraverso la scelta di fonti di approvvigionamento dei materiali e aziende produttive eticamente appropriate) e, in definitiva, il rispetto della libertà dell’utente, anche attraverso l’uso di un sistema operativo libero come Android. Ovviamente queste qualità (che i concorrenti non hanno) costano, per cui il Fairphone2 non è uno smartphone propriamente economico. In realtà sono gli altri a costare meno, chiudendo un occhio all’etica per un pugno di dollari.

Attenzione: non tutte le ciambelle riescono col buco. Anche FP1 (che in più aveva la possibilità di installare Android AOSP senza personalizzazioni e di non installare le Google Apps, la cui installazione doveva essere espressamente consentita dall’utente al primo avvio) era nato con gli stessi scopi. Tuttavia non è facile gestire il successo, soprattutto se arriva oltre ogni aspettativa, per cui al momento non è più assicurata la disponibilità di parti di ricambio per il FP1, per ragioni che sono ben descritte qui. Ad esempio chi – come il sottoscritto – lo aveva preso con queste intenzioni ma ha avuto la sventura di rompere il vetro in seguito a una caduta, non potrà (per ora, almeno) acquistare il suo display di ricambio.

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Se vi siete innamorati della stampa 3D e aspettate il Natale per prenderne una, dovreste valutare un Prusa I3, magari nella versione prodotta e venduta qui dal suo ideatore, il ceco Joseph Prusa.

Prusa è noto nell’ambiente per il suo coinvolgimento nel progetto RepRap, nato proprio con l’intento di sviluppare stampanti 3D open source: dapprima diede il suo nome a una versione semplificata e migliorata della Mendel, nota appunto come Prusa Mendel (Iteration 2), poi progettò la terza e decisiva versione, la Prusa I3 appunto, apprezzata a tal punto da convincerlo a “mettersi in proprio” iniziando un’attività di produzione e vendita delle sue stampanti 3D che oggi vanta una tiratura di oltre 3000 stampanti al mese.

Ovviamente, trattandosi di un progetto open source, stampanti basate sulla Prusa I3 sono vendute anche da altri produttori, e ovviamente ce le possiamo fabbricare anche da soli. Ma siccome io ne ho una “made by Prusa” e sono rimasto rapito dalla cura dei dettagli (compresa la scatola e gli imballi), oltre che dalla qualità e dalle prestazioni dello strumento, non posso che consigliarlo.

Attenzione: il progetto è open source, per cui le parti in plastica della Prusa di Prusa sono scaricabili (e stampabili in proprio) da qui e i sorgenti del firmware sono qui. Mancano tuttavia informazioni relative alle altre parti (ad esempio le parti in lamiera), che sono fatte ad hoc per questa versione e non sono state pubblicate. Tuttavia il progetto originario è ancora disponibile, per cui si può partire da qui per arrivarci.

Se cercate qualcosa di completamente open source, e magari anche più piccolo ed economico, c’è la bellissima Fisher Delta, venduta ad esempio qui a poco più della metà del prezzo di una Prusa I3.

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Se volete spendere meno (molto meno) e non vi interessano né gli smartphone né la stampa 3D, ma siete più orientati verso l’elettronica e lo sviluppo hardware e software, allora vi piacerà tuffarvi nel mondo di Arduino, la scheda elettronica open source per antonomasia. Lo store pullula di proposte natalizie per tutte le età e per tutte le tasche: si va dalle schede singole alle schede aggiuntive ai kit educativi, dai mini-robot da montare e programmare agli inchiostri conduttivi ai componenti per realizzare semplici circuiti su carta, giù giù fino ai semplici gadget da pochi euro come t-shirt, tazze e spillette.

Il sito web di Arduino è un’autentica miniera di conoscenza: oltre alle informazioni relative ai vari prodotti, troviamo il link per scaricare l’IDE (open source, multipiattaforma) che permette di scrivere codice, compilarlo e caricare gli eseguibili sulla scheda (via USB), ma anche tutorial, esempi, progetti condivisi e forum a volontà.

Attenzione: gli ultimi due sono stati anni difficili per il progetto, per via di questioni legali, da poco superate, relative all’utilizzo del marchio da parte dei soci fondatori. Infatti mentre gli schemi costruttivi sono distribuiti con licenza Creative Commons BY-SA e quindi liberamente utilizzabili (scaricandoli dalla pagina web relativa a ciascun prodotto), ad esempio per realizzare in proprio una scheda identica o modificarli per realizzarne una diversa, il nome “Arduino” (e il relativo logo) sono marchi registrati (la cui proprietà fu oggetto della disputa). Se volete liberarvi anche di questa ultima limitazione della libertà, potete guardare il progetto Freeduino, una derivazione del progetto originale di cui sarete liberi di utilizzare anche il nome.

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Arduino vi piace ma non vi soddisfa? Cercate qualcosa di più potente e flessibile? Regalatevi un Raspberry Pi. Anche se non sembra, Raspberry Pi è un computer (anzi, una famiglia, dato che esistono versioni diverse per prestazioni e prezzo) a tutti gli effetti: basta collegare un monitor o la TV (tramite l’uscita HDMI), una tastiera e un mouse (tramite le porte USB), infilarci una scheda microSD su cui avremo prima copiato l’immagine di uno dei tanti sistemi operativi scaricabili da qui, e potremo usarlo come il nostro computer da scrivania o portatile. Ovviamente non è l’ultimo grido in fatto di prestazioni, ma provate a trovare di meglio per una spesa che oscilla tra i 20 e i 40 euro a seconda del modello. Comunque è più che sufficiente per un uso generico e, soprattutto – ed è la cosa per cui è nato e che gli riesce meglio di tutte – per insegnare ed imparare: insegnare l’uso di strumenti informatici a bambini, ragazzi e intere scolaresche, imparare a programmare, imparare a sviluppare software e hardware (grazie ad una serie di connessioni GPIO che permette l’interfaccia tra Raspberry Pi e schede elettroniche di nostra realizzazione o di terze parti, un po’ come avviene con Arduino). Grazie alle sue caratteristiche e al suo basso costo è divenuto ben presto il dispositivo di riferimento per le scuole, per i maker, per gli smanettoni e perfino per l’industria (RasPi è alla base anche di molte applicazioni professionali). Nell’autunno 2016 la Raspberry Pi Foundation, l’ente no-profit alla base del progetto, ha celebrato il raggiungimento del traguardo dei dieci milioni di esemplari venduti: ci sarà pure un motivo, no?! Se avete ancora qualche dubbio, date un’occhiata alla pagina “education”, una miniera praticamente inesauribile di risorse per tutti i gusti.

Attenzione: i sistemi operativi scaricabili dalla pagina “downloads” non sono tutti uguali.

raspberry-pi-downloads

A parte il fatto che abbiamo sistemi che trasformano il nostro Raspberry Pi in un PC, oppure in un media center da salotto o in una stazione meteo, non è tutto software libero quello che luccica. Nonostante il proclamato amore (interessato?) di Microsoft per il software libero e per Linux in particolare, sappiate che per scaricare ed utilizzare Windows 10 IoT core sul vostro Raspberry Pi dovrete accettare questa licenza che, come tutte le licenze proprietarie, vi spiega tutto quello che NON potete fare con quel software, cioè tutto, a parte eseguirlo. E scordatevi l’accesso al codice sorgente. Per noi che compriamo il RasPi apposta per smanettare, sarebbe come comprare una moto per girarci in giardino.

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