Cyberbullismo: cosa dice la nuova legge? E gli esperti?

Ci sono voluti due anni di gestazione (e diverse bozze tra le quali l’ultima che avevamo commentato) dopo il sì del Senato per quella che è stata denominata legge sul cyberbullismo, pubblicata in Gazzetta Ufficiale in questi giorni dopo l’approvazione definitiva avvenuta lo scorso 17 maggio alla Camera dei deputati. Modificata rispetto alla proposta originaria, criticata ma molto richiesta, la legge 71 del 29/5/17 “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” è ormai realtà.

Il testo definisce in modo puntuale il cyberbullismo come “ogni forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, manipolazione, acquisizione o trattamento illecito di dati personali realizzata per via telematica in danno di minori. Nonché la diffusione di contenuti online (anche relativi a un familiare) al preciso scopo di isolare il minore mediante un serio abuso, un attacco dannoso o la messa in ridicolo”.

Cosa dice la legge in 5 punti

1. Oscuramento dei contenuti. Ogni vittima di cyberbullismo minore ultraquattordicenne, i suoi genitori o chi ne esercita la potestà può inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti diffusi in rete. Il gestore deve provvedere entro 24 ore e se questo non avviene la parte offesa può rivolgere la richiesta al Garante per la protezione dei dati personali che rimuoverà i contenuti entro 48 ore.

2. Linee guida MIUR. Entro il 18 settembre il MIUR dovrebbe adottare linee di orientamento, da aggiornare ogni due anni, per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nelle scuole, anche avvalendosi della collaborazione della Polizia postale. Oltre questo, come già previsto nella legge 107 La Buona Scuola, è prevista una formazione del personale scolastico sul tema specifico.

3. Referente scolastico. Ogni istituto scolastico dovrà individuare tra i docenti un referente che possa coordinare iniziative di prevenzione e contrasto al cyberbullismo.

4. Ammonimento. Per i minori autori di atti di cyberbullismo tra i 14 e i 18 anni, se non c’è querela o denuncia per reati penali, è previsto l’ammonimento, ovvero la convocazione del minore e di almeno un genitore da parte del questore.

5. Un tavolo. Non poteva mancare un tavolo tecnico istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che entro sessanta giorni dal suo insediamento redigerà un piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo. Immancabile una relazione al Parlamento al 31 dicembre di ogni anno.

Cosa dicono alcuni esperti in 5 commenti

“Apprezziamo l’impostazione del testo – afferma il deputato di Forza Italia Antonio Palmieri – che insiste sul versante educativo e della prevenzione. Tuttavia, siamo coscienti che questa legge non è la panacea che risolve tutti i mali, nessuna legge può imporre di essere più o meno intelligenti, rispettosi e consapevoli di se e degli altri. Questa legge, basata su responsabilità ed educazione, è importante perché rappresenta un segno. Innanzitutto, un segno di vicinanza nei confronti delle vittime del cyberbullismo, delle loro famiglie, ovvero di tutti coloro i quali si impegnano a contrastare questo fenomeno, sotto tutti i punti di vista, come le forze dell’ordine e l’istituzione scolastica. Questa legge conferma che nell’era digitale insistere sulla separazione tra virtuale e reale è anacronistico e non ha più alcuna ragione d’essere”.

Non si può non apprezzare l’intento di una legge che contrasta uno dei fenomeni più odiosi legati all’esplosione di internet e dei social network” – dice Paolo Giardini, esperto di sicurezza informatica.Tuttavia si possono riscontrare dei punti che rendono a mio parere la legge zoppa e imperfetta: l’esclusione dei motori di ricerca dal novero dei servizi internet cui è possibile richiedere la rimozione dei contenuti e la previsione di un iter complesso quale il reclamo al Garante privacy (che ricordiamo prevede il pagamento anticipato di diritti di segreteria) che di fatto limita del tutto le possibilità di azione di un quattordicenne. La norma prevede che ad adire al Garante sia l’interessato, ovvero il minore vittima. Infatti ai sensi del codice privacy, la segnalazione ed  il reclamo devono  essere presentati dall’interessato o nel solo caso del reclamo anche da un’associazione che lo rappresenti e che abbia ricevuto una delega scritta. Scherziamo forse? Che tempi si prospettano per un simile iter? Aggiungo che tavolo tecnico, codice di autoregolamentazione, comitato di monitoraggio, marchio di qualità, linee di orientamento hanno tutti il sapore stantio del già visto, già provato per altri problemi. Risultati? Il finanziamento di 50.000 euro all’anno per le campagne di prevenzione e sensibilizzazione e di 203.000 euro all’anno per tutte le scuole italiane sembrano sufficienti? Nessun fondo per i servizi sociali, chiamati a sostenere le vittime e rieducare i cyberbulli. Tutte o gran parte delle attività dovranno essere sostenute a titolo volontario e gratuito. E si sa che le nozze con i fichi secchi…”

“La legge sul cyberbullismo – commenta Emma Pietrafesa, ricercatrice esperta in cybermolestie – tenta di normare un fenomeno molto complesso che difficilmente può essere ricondotto solo ad un aspetto normativo o tecnico. Per questo motivo ho molto apprezzato lo sforzo del testo nel cercare di stabilire un piano di azione integrato che possa fungere da supporto e sviluppo in relazione agli aspetti pedagogico-educativi e informativi-formativi. Sensato e auspicabile l’obbligo di verifica annuale sugli esiti delle attività svolte all’interno del contesto scolastico. Il timore più grande è che il problema venga affrontato solo dal punto di vista di contrasto spostando l’attenzione sulle reali cause che portano alla diffusione del fenomeno. La soluzione non può essere solo in merito allo strumento o all’uso più o meno consapevole dello strumento giacché la causa non risiede all’interno degli strumenti social o di condivisione. Le piattaforme social nascono con altri obiettivi, primo tra tutti la volontà di condivisione per ampliare non solo le proprie esperienze di vita ma anche i propri contatti, aumentando le innumerevoli opportunità messe in campo dallo sviluppo della tecnologia. Quindi spiegare il reale uso che dovrebbe essere fatto di questi strumenti ai ragazzi è indispensabile per evitare ogni forma di uso distorto”.

“Non è facile criticare una legge, soprattutto quando questa sia stata dedicata dal Presidente della Camera alla memoria di una ragazza suicidatasi a 14 anni”- dice il visionist di Tech Economy Francesco Marinucci. “Ma quando si valuta (e soprattutto si scrive) una legge, bisognerebbe farsi guidare principalmente dalla ragione e non dai sentimenti. A mio avviso si rilevano due criticità: innanzitutto il fatto che non si affronti assolutamente il tema del bullismo. L’intero impianto della legge è concentrato sul solo fenomeno del cyberbullismo, che riguarda (secondo uno studio del 2016 realizzato da Telefono Azzurro e Doxa Kids) “un ragazzo su 10”. Dallo stesso studio, però, emerge anche che, dei ragazzi che dichiarano di aver subìto episodi di bullismo (il 21% del totale), ben l’80% ne è stato vittima a scuola, il 15% in strada, il 10% in oratorio e, in generale, prevalentemente in luoghi fisici. Le vittime di cyberbullismo, dunque, sono il 12% di quel 21% che ha subito bullismo, non del totale dei ragazzi. Questo, oltre a mostrare quanto i dati vengano “rappresentati” male dai media, ci dice che il problema del cyberbullismo si inserisce in quello più ampio del bullismo, le cui manifestazioni più frequenti avvengono offline. Perché, dunque, prevedere una legge che affronta solo una parte (e nemmeno la più consistente) del problema? Perché tutelare solo chi viene preso in giro su internet e non chi subìsce lo stesso trattamento a scuola o sull’autobus? Forse la vita di un ragazzo che viene picchiato perché omosessuale vale meno di quella di un altro che viene preso in giro su Facebook? Il secondo punto riguarda la possibilità per la vittima di cyberbullismo di chiedere (e ottenere) la rimozione diretta dei contenuti offensivi, senza l’intervento di un giudice. Questa è una delle caratteristiche comuni a tutte quelle leggi definite “bavaglio” o “ammazza-blog” il cui iter si è arrestato proprio a causa delle proteste suscitate da questa possibilità. In questo caso non si è sollevata nemmeno una voce di protesta, come era prevedibile dato il modo in cui è stata presentata la questione: chi se la sentirebbe di criticare una legge accolta come un salvagente per tanti ragazzi e ragazze? A mio parere il messaggio di fondo è lo stesso visto tante volte: internet è un posto pericoloso, pieno di persone cattive e deve essere regolamentato in maniera differente rispetto a tutto il resto. Il rischio è che, una volta accettata tale procedura nel caso del cyberbullismo, essa venga successivamente riproposta e considerata necessaria per altre questioni (es. diffamazione), lasciandoci alla fine con una rete meno libera”.

“La distanza di questo testo da quello precedentemente circolato – grazie all’intervento di alcuni parlamentari – è molta, e tanti degli elementi che rendevano il precedente articolato normativo non solo inutile ma addirittura pericoloso per la libertà d’espressione (uno tra tutti l’art. 2, che consentiva di fatto a chiunque di richiedere l’oscuramento di qualsiasi sito) sono fortunatamente spariti” dice in chiusura il direttore di Tech Economy e presidente Digital Transformation Institute Stefano Epifani. “La legge ha il merito di porre l’attenzione su un tema di grande importanza, ma al solito il sospetto (e la dotazione finanziaria della legge orienta in tal senso) è che si sia cavalcato un tema piuttosto che volerlo affrontare e risolvere. Detto questo, rimango dell’idea che continuare a parlare di “bullismo” e “cyberbullismo” sia un errore madornale. Oggi quello che deve essere affrontato è il tema del bullismo, rispetto al quale Internet è uno strumento”.

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