Sui poeti che non hanno mai letto Petrarca o Tasso: gettatezza e sostenibilità

Il meccanismo d’interazione, comprensione, interpretazione ed espressione della lingua, sul web, è stato modificato, e le categorie nelle quali prendono vita i diversi comportamenti linguistici sono molte: ma se ogni essere umano ha il diritto di scegliersi il proprio passatempo, il problema nasce nel momento in cui si decide di raccontarlo ad altro

Immagine distribuita da Piqsels

Il piccolo dio del mondo è sempre tale e quale
e sempre strambo come al primo giorno.
Vivrebbe un po’ meglio, se tu non gli avessi dato
quella parvenza di luce del cielo.
La chiama ragione e se ne serve unicamente
per essere più bestiale di ogni altra bestia

J. W. Goethe, Faust

Trillo del telefono: è appena giunta una notifica di WhatsApp; ne siamo eccitati, anche quando ostentiamo indifferenza. Il mistero della comunicazione è racchiuso principalmente tra il suono e la scoperta del suo significato. Il periodo, tuttavia, è quello del covid, in cui e per cui il linguaggio, in poco meno di un biennio, ha acquisito un fondamento provocativo, come se ogni dichiarativa dovesse essere una rivelazione e, insieme, una forma di superamento del presunto avversario. Il messaggio che ci giunge delude un po’ le nostre aspettative: qualcuno crede di averci inviato il paper decisivo o, in altri termini, ‘performativo’, sulle scelte da fare per contrastare la pandemia. Di fatto, dopo avere aperto il link, ci accorgiamo che si tratta dell’articolo di un quotidiano. Il giornalista riporta le ultime ipotesi fatte; fa il proprio lavoro, per carità! Può darsi che, talora, sia pure un po’ fazioso; d’altronde, deve pur guadagnarsi da vivere e garantire al proprio datore di lavoro una certa coerenza editoriale. Comunque, in nessun modo, il suo ‘pezzo’ è sostitutivo d’un articolo scientifico: è privo di notizie sul materiale adottato e sul metodo di stesura, non delimita un vero e proprio oggetto, non indica una risultanza, non tratta le implicazioni, non indica una casistica et cetera. La lingua in cui l’autore si esprime è quella della mediazione divulgativa e dell’alleggerimento, sebbene – è doveroso dirlo – la mediazione e l’alleggerimento determinino lo svuotamento e, molto di frequente, l’annullamento linguistico della fonte. Per paradosso, un paradosso naturale e che ormai non fa più discutere, un articolo di giornale intitolato “Trovato il rimedio contro (…)”, che non sempre rispecchia una verità di fatto, può guadagnare un numero di consensi (like, condivisioni et similia) che uno studioso non riuscirà a ottenere in un’intera vita di pubblicazioni, neppure mettendo assieme tutti gli articoli pubblicati.

Il processo di smaterializzazione e destrutturazione della lingua, nel web, è bell’e compiuto, specie se consideriamo quali effetti collaterali l’esplosività e lo stile tachigrafico e brachilogico. Ne abbiamo parlato in Resilienza, ultima cosa di cui abbiamo bisogno e in Labbra sporgenti, ammiccamenti, tramonti: la scrittura emotiva. Come abbiamo ripetuto più volte, il processo di evoluzione della lingua non è da giudicare bello o brutto: è quel che è. Però, in un’ottica di sostenibilità e, di conseguenza, di coesistenza globale, abbiamo per lo meno il dovere di prendere atto della dilatazione dei significati condivisi. La consapevolezza, tuttavia, non esclude delle implicazioni nette e irreversibili. Il meccanismo d’interazione, comprensione, interpretazione ed espressione della lingua, sul web, è stato modificato e segue adesso un piano parallelo a quello d’una lingua che ormai potremmo definire fisico-visuale.

Il meccanismo d’interazione, comprensione, interpretazione ed espressione della lingua, sul web, è stato modificato e segue adesso un piano parallelo a quello d’una lingua che ormai potremmo definire fisico-visuale

L’esame delle categorie entro le quali prendono vita i comportamenti linguistici annunciati non è affatto complesso: l’autoproduzione è talmente ricca da non passare mai inosservata.

  • Poeti che non hanno mai letto o il Canzoniere di Petrarca o le Rime di Tasso o Marino o – giusto per sceglierne uno dei giorni nostri – Frontiera di Vittorio Sereni et al. (si accetta anche la disgiunzione esclusiva: o l’uno o l’altro, almeno uno dei due): la loro proliferazione è indiscriminata e incontrollabile; non commettono alcun reato, per carità, e l’uomo ha il diritto di esprimersi liberamente, ma, rebus sic stantibus, eludiamo la domanda atavica “che cos’è?”.
  • Scrittori che non hanno mai letto o Guerra e pace di Tolstoj o La montagna incantata di Mann o Il conte di Montecristo di Dumas o Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Gadda et al.: stesse considerazioni che in precedenza.
  • Giornalisti che, sfruttando la forza e l’esposizione mediatiche, fanno coincidere i significati e i concetti coi like, pontificando su tutto ciò che capita loro a tiro, trasformando i propri profili in mucchi di parole e giudizi, senza concedere mai una tregua al lettore; ogni giorno e su ogni argomento, devono emettere una sentenza: ne viene fuori un moralismo pallido e per adepti accecati dall’idolatria.
  • ‘Citazionisti’ che non perdono occasione per riportare aforismi d’ogni genere e specie, senza conoscere neppure la fonte del frammento citato: Nietzsche (La gaia scienza? Così parlò Zarathustra? Il crepuscolo degli idoli? E inoltre: in che lingua ha scritto questo Nietzsche?), Freud (Interpretazione dei sogni? Psicopatologia della vita quotidiana? Totem e tabù? E inoltre: era uno psicologo?), Neruda (Cento sonetti d’amore? I versi del capitano? Confesso che ho vissuto? E inoltre: Ma Neruda non era pure un attore?) et alii sono tra i più ‘quotati’, per quanto, in questo caso, il più sano dei sentimenti che possiamo dimostrare, tra quelli possibili, è la compassione.

Occorre darsi un limite, altrimenti si rischia di non venirne più a capo. Le categorie, in effetti, sono troppe: dai filosofi da Wikipedia ai fotografi con lo smartphone, attraverso gl’ideologi last minute: bisognerebbe fare un libro a bella posta per ‘loro’! Si badi bene che non si tratta di sarcasmo né di divertissement o di stilettate canzonatorie. Ribadiamo che ciascun essere umano ha il diritto di scegliersi il passatempo che preferisce. Il problema, semmai, nasce nel momento in cui si decide di raccontarlo ad altro, giacché la messa in parola e la narrazione che ne deriva, in qualche modo – che ci piaccia o no! – ha una valenza poietico-generativa, crea qualcosa, qualcosa che, tuttavia, può essere reale e, insieme, illusorio. Sulla rete, a fortiori, la cautela non è mai troppa, dal momento che manca quasi del tutto l’immagine acustica che caratterizza il segno, come apprendiamo dalla lezione saussuriana. Dichiarare l’appartenenza a una categoria, quella degli scrittori, dei giornalisti, degl’ingegneri, dei medici et cetera, vuol dire assumere un impegno relazionale, tracciare in qualche modo dei confini; e, purtroppo o per fortuna, nessuno di noi può fare a meno d’essere elemento tra gli elementi, nessuno può evitare la categorizzazione. Alla stessa maniera in cui pretendiamo che un chirurgo che deve asportarci anche un semplice lipoma sottocutaneo abbia studiato adeguatamente l’anatomia, così dobbiamo pretendere che un poeta abbia studiato Petrarca, Tasso et al.

Dichiarare l’appartenenza a una categoria, quella degli scrittori, dei giornalisti, degl’ingegneri, dei medici et cetera, vuol dire assumere un impegno relazionale, tracciare in qualche modo dei confini; e, purtroppo o per fortuna, nessuno di noi può fare a meno d’essere elemento tra gli elementi, nessuno può evitare la categorizzazione

La beffa di cui l’uomo-elemento non s’avvede è filogenetica: ci affanniamo alla ricerca di corrispondenze tra parole e cose o, se non ci impegniamo in tale tormentosa ricerca, per lo meno viviamo nella convinzione di usare parole valide, sintagmi corretti ed enunciati veri, ignari, molto probabilmente, d’essere vittime d’una condanna adamitica ed epistemologica.

“Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile.” (Gen 2, 19-20)

Attratti dalla fatica adamitica, ci riscopriamo consumatori e idolatri di parole, ma spesso finiamo col sentirci vanagloriosamente eroi o profeti, depositari di verità inesistenti. Sulla base del dettato veterotestamentario, non possiamo dimenticare che quest’uomo, pur essendo primevo, viene sottoposto immediatamente alla prova epistemologica. Tutto ciò che gli sta intorno gli è estraneo, eppure deve dare un nome a tutto. Egli, in altri termini, come ci ha insegnato Heidegger, è gettato e, in questa geworfenheit (gettatezza: Cfr. HEIDEGGER, M., 1927, Sein und Zeit, trad. it. di P. Chiodi, 1976, Longanesi, Milano), genera il terribile antecedente. Elohim, invece, cioè il ‘narratore’ per antonomasia, è un nomoteta impareggiabile, ma a Dio non è chiesto alcun confronto, nessuna prova ne condiziona l’agire; a Dio basta ruah per creare, cioè un soffio (o respiro): “Dio disse: – Sia la luce! ”: wayyōmerĕlōhîm yəhî ōwr (Gen 1, 3). Perché il dire (wayyōmer) sia del tutto creativo è necessario escludere a priori il concetto stesso di prova e ciò, in una prospettiva umana, è impossibile.

L’ingresso stesso in un social network è una prova relazionale, oltre che semantica, psicologica e, molto spesso, anche professionale. L’unico nostro autentico potere consiste nella gestione della ricorsività. Non è cosa da poco, ma non è neppure un presupposto di superiorità intellettuale. Insomma, non convinciamoci d’essere ‘bravi e belli’! Anche se abbiamo già parlato della ricorsività in Nel corteggiamento in chat il primo disastro digitale, qui, a beneficio della comprensione del testo, riproponiamo un paio di esempi.

  1. Tu sei bella
    Io penso (che tu sia bella)
    Egli pensa [che io pensi (che tu sia bella)]
  1. Il cane è in giardino
    Il cane è in giardino (col gatto)
    Il cane è in giardino [(col gatto) (vicino al pozzo)]

La nostra competenza linguistica si basa su un set finito di elementi; noi possiamo solo comporne e ricomporne l’insieme per ottenere infinite combinazioni.

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