In un recente Data Room di Milena Gabanelli e nell’articolo del Corriere della Sera della stessa Gabanelli e Rita Querzè del 22/11/2021 si parla di transizione ecologica con grande concretezza, ricordando che “siamo entrati nella grande era della transizione ecologica e in molte fabbriche si stanno facendo gli scongiuri. In assenza di un piano di riconversione rischiano di essere spazzate via dal mercato”. Analizzando in particolare il mercato dell’automotive, si osserva che “al di là del tira e molla sui tempi, il motore elettrico si sta imponendo e per produrlo serve il 30 per cento di manodopera in meno. Vuol dire che se in Italia restiamo fermi a guardare, entro i prossimi 14 anni 60 mila persone in 500 aziende perderanno il posto di lavoro“. L’articolo segue elencando gli stabilimenti dove si produce il diesel, un motore non più utilizzato per le auto ibride e la cui quota di mercato in Europa è passata dal 54 per cento al 26 per cento negli ultimi tredici anni, e dove quindi la crisi c’è già adesso. Quello che avviene è che Paesi e case automobilistiche si dividono sulla velocità di cambiamento. “Le confindustrie di Italia, Germania e Francia fanno pressione per avere tempi più lunghi” ma il resto del mondo si muove. “Al Cop 26 sei case automobilistiche hanno firmato il documento che le impegna al 100 per cento di immatricolazioni verdi dal 2040 e i paesi che hanno già firmato sono Canada, Cile, Danimarca, India, Polonia, Svezia, Turchia e Regno Unito.
Quello che documentano Milena Gabanelli e Rita Querzè è il tema principale del libro di Richard Baldwin “Rivoluzione Globotica“, edizioni il Mulino 2020, che affronta il tema guardando però a tutti i settori merceologici, ed in particolare evidenziando come automazione, intelligenza artificiale e robotica stanno rimodellando le nostre vite a ritmi travolgenti. Con quali effetti? Dal mondo del lavoro alle nostre vite personali. La cosa interessante del libro è soprattutto l’analisi della velocità di questi cambiamenti a cui le nostre sinapsi neuronali non sono abituate: siamo in grado e siamo stati in grado di affrontare cambiamenti di tipo lineare, ma non esponenziali come quelli che stiamo vivendo. A tale proposito, Baldwin cita la velocità di elaborazione dati, che come sappiamo raddoppia all’incirca ogni 18 mesi: “L’iPhone 6s comparso nel 2015, elabora informazioni circa 120 milioni di volte più velocemente del computer che guidò il viaggio dell’Apollo 11 verso la Luna nel 1969. Strabiliante vero? Vi è qualcosa però di ancor più sorprendente, Consideriamo l’iPhone X, prodotto due anni dopo: è due volte e mezzo più veloce dell’iPhone 6s, il che significa che fra il 2015 e il 2017 la velocità di elaborazione è cresciuta di 240 milioni di volte rispetto a quella del computer dell’Apollo”. In sostanza, “nei due anni successivi al 2015 l’incremento di potenza è stato il doppio di tutti i progressi compiuti tra il 1969 e il 2015. In due anni il doppio dei progressi compiuti nei quarantasei anni precedenti“. Questo non è normale per il nostro cervello ed ha ovviamente dei risvolti sociali importantissimi, e nel libro di Baldwin se ne parla abbondantemente, dalle aziende che non riusciranno a mantenersi al passo a chi riuscirà a mantenere il proprio lavoro o meno perché le sue mansioni verranno automatizzate.
Ma in sostanza dovremmo essere noi a decidere, dovremmo essere noi a governare l’innovazione, cosa che non sta accadendo. In un mio libro di alcuni anni fa, “Il viaggio delle idee” (Franco Angeli 2005), ricordavo già allora che ci troviamo di fronte ad un “gigantismo tecnologico e ad un nanismo culturale”. Questo ha conseguenze disastrose soprattutto a livello sociale: stiamo subendo il futuro anziché governarlo, e questo rende insostenibile la rivoluzione globotica. Come ricorda Baldwin alla fine del suo libro, “il ritmo del progresso non è dettato da un’astratta legge di natura… se vogliamo possiamo controllare la velocità della trasformazione, ne abbiamo gli strumenti. Sta a noi scegliere”
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