“A Life Changer”: tecnologie assistive per la sostenibilità umana

“L’accesso alle tecnologie assistive merita ora più attenzione che mai”. Un lungo e profondo report dell’OMS analizza ed esplora alcuni punti chiave: dalla nozione di ‘tecnologie assistive’ all’identificazione di barriere da abbattere attraverso ambienti abilitanti (e sostenibili)

Immagine distribuita da Vecteezy con licenza CCO

Uno dei casi lapalissiani per cui le tecnologie digitali hanno migliorato le condizioni degli esseri umani, diventando indispensabili per questi ultimi è quello delle tecnologie assistive. Tecnologie che hanno assunto un ruolo così primario che l’accesso o meno a queste “può fare la differenza tra consentire o negare l’istruzione per un bambino, la partecipazione alla forza lavoro per un adulto o l’opportunità di mantenere l’indipendenza e l’età con dignità per una persona anziana”.

Un accesso che rinforza la tesi per cui le tecnologie sono sostenibili se si considera che tale possibilità è vista – secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità – come una “precondizione chiave per la realizzazione della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile”.

Infatti, è riportato nero su bianco che il report – sviluppato congiuntamente da esperti dell’OMS e di UNICEF – ha tra i tanti obiettivi anche quello di “sostenere l’attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità” e mira a rendere “la copertura sanitaria universale inclusiva” guardando al “raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile”.

Un documento che fornisce e illustra le misure adottate e quelle su cui dover lavorare al fine di migliorare l’accesso alle tecnologie assistive, consentendo così, grazie alla responsabilizzazione, di promuovere l’inclusione, la partecipazione e il coinvolgimento di persone con disabilità, e persone che vivono con condizioni croniche o menomazioni temporanee, specialmente in regioni le cui popolazioni sono piuttosto vulnerabili.

Per responsabilizzare, coinvolgere e promuovere l’inclusione è necessario però partire dal concetto di ‘tecnologia assistiva’, un termine ombrello sotto al quale trovano riparo servizi, sistemi e prodotti assistivi per persone con difficoltà funzionali – permanenti o temporanee. Assistivi perché – come si può già intuire – “assistono”, migliorando le capacità psico-motorie e agevolando la loro partecipazione e inclusione nella quotidianità, nella vita di tutti i giorni. Le tecnologie assistive includono le più analogiche sedie a rotelle fino ad arrivare a veri e propri dispositivi digitali “sotto forma di software e app che supportano la comunicazione interpersonale, l’accesso alle informazioni, la gestione quotidiana del tempo”.

Un concetto molto ampio, dunque, che si sviluppa e differenzia a seconda dello scopo per il quale le tecnologie assistive sono create e impiegate, motivo per cui, ad esempio, alcuni paesi hanno formulato le proprie definizioni a seconda delle loro priorità (e già inizia ad emergere il concetto di sostenibilità come esigenze diverse rispetto alle dimensioni economica, sociale e ambientale).

Qui è utile riportare due definizioni, che cercano di inglobare al loro interno le varie misure legali e la classificazione delle tecnologie assistive. La prima è quella fornita dall’OMS:

La tecnologia assistiva è l’applicazione di conoscenze e abilità organizzate relative ai prodotti assistivi, compresi sistemi e servizi. La tecnologia assistiva è un sottoinsieme della tecnologia sanitaria. Un prodotto di assistenza è qualsiasi prodotto esterno (compresi dispositivi, attrezzature, strumenti o software), appositamente prodotto o generalmente disponibile, il cui scopo principale è mantenere o migliorare il funzionamento e l’indipendenza di un individuo e quindi promuoverne il benessere. Gli ausili vengono utilizzati anche per prevenire menomazioni e condizioni di salute secondarie.

La seconda, invece, che ha l’obiettivo di delineare una sorta di standardizzazione internazionale è fornita da ISO (Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione):

Un prodotto assistivo è qualsiasi prodotto (compresi dispositivi, attrezzature, strumenti e software), appositamente prodotto o generalmente disponibile, utilizzato da o per le persone con disabilità per la partecipazione; per proteggere, sostenere, formare, misurare o sostituire funzioni/strutture e attività del corpo; o per prevenire menomazioni, limitazioni di attività o restrizioni di partecipazione.

Proteggere, sostenere, formare: tutti termini per descrivere la tecnologia assistiva e gli annessi contesti clinici. Uno fra tanti è quello della tecnologia per “vita assistita ambientale” o “vita intelligente ambientale”, di “tecnologia centrata sulla persona” che ben riassume e permette di declinare il concetto di sostenibilità digitale. Partendo dal presupposto che il digitale è anche un elemento di trasformazione delle persone, e che rappresenta uno strumento per costruire un futuro migliore perché sostenibile, parlare di tecnologie assistive e sostenibilità digitale significa avere chiara la direzione che le tecnologie digitali devono intraprendere: sviluppate sulla base di criteri di sostenibilità così da essere una “base sicura” per lo sviluppo della vita e dell’umanità.

Infatti, anche se la maggior parte dei prodotti assistitivi sono classificabili come analogici – basti pensare ai bastoni da passeggio e deambulatori – e “non sono relativamente influenzati dal progresso tecnologico, altri hanno beneficiato, adattato e talvolta guidato l’innovazione tecnologica. Ad esempio, la tecnologia eye-gaze, l’interazione cervello-computer, la robotica, le tecniche di input vocale e i messaggi di testo sono stati tutti influenzati dalla ricerca che coinvolge persone con difficoltà funzionali che hanno bisogno di nuove soluzioni per superare le barriere e l’esclusione correlate”.

Inoltre, la dimostrazione che il digitale sta diventando sempre più pervasivo nelle nostre vite è provata anche dal fatto che queste tecnologie digitali sono poi incorporate anche nei prodotti tradizionali analogici: “In effetti, la distinzione tra tecnologie assistive e tecnologie tradizionali sta diventando sfocata, specialmente con il progresso di telefoni cellulari e software”, al punto tale che un documento dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI) sulle tendenze tecnologiche emergenti e rilevanti per le tecnologie assistive “mostra un gran numero di innovazioni che hanno un potenziale per portare a una nuova generazione di prodotti assistivi e prodotti di consumo tradizionali per uso assistivo e interattivo”.

Potenziale che assume ulteriore importanza dal momento in cui il numero di persone che hanno bisogno di tecnologie assistive sta crescendo in tutto il mondo: “Una stima della necessità globale di riabilitazione mostra che almeno una persona su tre nel mondo ha bisogno di riabilitazione ad un certo punto nel corso di malattie o lesioni, con i disturbi muscoloscheletrici che sono la condizione più diffusa”.

Vite sostenute e sostenibili

Il report si sviluppa avendo come filo conduttore storie di tutti i giorni, di persone comuni che grazie alle tecnologie assistive possono condurre una vita sostenibile. Innanzitutto, soluzioni “mobile” come smartphone adattati possono diventare un mezzo alternativo di contatto con i pazienti e garantire l’accesso all’assistenza sanitaria per le persone con difficoltà funzionali in situazioni in cui vi è mancanza di trasporti o operatori sanitari”. Possono anche dimostrarsi utili nel “prevenire o ridurre gli effetti di condizioni di salute secondarie come l’aumento di peso e le ulcere da pressione e per migliorare la salute generale”. Vite sostenibili che possono impattare anche su altre dimensioni, come quella economica. Ad esempio, in Brasile, le tecnologie assistive personalizzate “hanno portato a una strategia economica per migliorare l’igiene orale indipendente nelle persone affette dalla lebbra”; mentre un sondaggio svolto in Perù, Uganda e Vietnam ha rilevato un “miglioramento della salute generale tra gli utenti in sedia a rotelle” 12 mesi dopo aver fornito a chi ne aveva bisogno, prodotti e servizi assistivi.

L’impatto sistemico che le tecnologie digitali possono generare, inoltre, si può rintracciare anche nell’assistenza pediatrica. Il documento, infatti, spiega come la carenza generale di tecnologie assistive per bambini con disabilità ha conseguenze a livello privato innanzitutto, e a livello sociale, con effetti che possono segnare e stravolgere completamente la vita di una persona: una carenza personale, che si allarga a macchia di leopardo diventando carenza sociale: da un lato perché non si è in grado di provvedere ad un bisogno che nel caso di disabilità si traduce in primario, e dall’altro perché la mancanza di tecnologie assistive “si traduce in tassi più bassi di completamento della scuola primaria, tassi più elevati di disoccupazione e povertà più avanti nella vita e riduzione del reddito familiare a causa delle esigenze di assistenza”. Costi, questi ultimi, insostenibili che possono comportare un “minor potenziale di guadagno per le famiglie del bambino se uno o più membri rimangono a casa per assumere il ruolo di caregiver primario”. Da un punto di vista di sostenibilità sociale, invece, i bambini con difficoltà funzionali che non possono permettersi accesso alle tecnologie assistive vengono esclusi dalla vita accademica, comunitaria. Questo vale anche per la fascia che si colloca dalla parte opposta: gli anziani. La popolazione mondiale, infatti, sta invecchiando – le persone con età pari o superiore ai 60 anni è raddoppiata in 40 anni, passando da 382 milioni nel 1980 a 1,05 miliardi nel 2020. Questo comporta un potenziale calo delle capacità fisiche e mentali, che possono “limitare la capacità delle persone anziane di prendersi cura di se’ stesse e partecipare e contribuire alla società”. “L’accesso alla riabilitazione, alle tecnologie assistive e all’abilitazione di ambienti inclusivi può migliorare e promuovere le capacità funzionali e quindi il benessere e la partecipazione”.

Il “Global report on assistive technology” cita uno studio della Lancet Global Health Commission on Global Eye Health che ha analizzato l’impatto di servizi di cura degli occhi sugli SDG’s di Agenda 2030. L’analisi ha dimostrato che la fornitura di tecnologie assistive oculistiche ha portato “miglioramenti della produttività sul posto di lavoro, dei consumi delle famiglie, del reddito familiare, delle prospettive occupazionali e della produttività economica”. Benefici economici, che – specialmente nei paesi meno sviluppati e con risorse limitate, contribuiscono al raggiungimento di obiettivi come “Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo” (SDG1), “Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile” (SDG2), “Istruzione di qualità” (SDG4) e “lavoro dignitoso e crescita economica” (SDG9).

I vantaggi che queste tecnologie forniscono sono molteplici, e si applicano a tutti i settori della vita. Come si è visto, inoltre, si distribuiscono a “livello individuale, comunitario e sociale, con un chiaro impatto potenziale sul raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile”. Ecco perché “investire nell’accesso alle tecnologie assistive” significa anche investire “nelle persone e nella società”, aiutando queste ultime ad essere inclusive, “promuovendo la crescita del PIL e non lasciando indietro nessuno”.

Non lasciare indietro nessuno significa non lasciare nessuno da solo

Questi prodotti sono in grado di supportare ragazzi – e quindi studenti – nel diritto all’istruzione (non lasciare indietro nessuno). In che modo? Dalle rampe per consentire l’accesso su sedia a rotelle, infrangendo le barriere architettoniche, fino a tecnologie digitali innovative che offrono agli studenti la possibilità di non essere emarginati (anche se molto, in questo senso, dipende dal contesto sociale e culturale in cui si trovano), dando loro maggiori opportunità di interazione sociale. Questo è possibile, grazie a software text-to-speech o tablet con software come lenti di ingrandimento, che sono un modo conveniente per migliorare l’istruzione per gli studenti con problemi di lettura o vista”.

In uno studio in India, è stato riscontrato che l’uso regolare di apparecchi acustici ha un impatto positivo sulle prestazioni degli studenti. Sistemi di comunicazione come grafici dei simboli o dispositivi di comunicazione con il linguaggio sintetico sono strumenti efficaci per migliorare l’impegno dell’apprendimento e la partecipazione sociale degli studenti con difficoltà funzionali”, si legge nel report.

Salute mentale e relazioni sociali sostenibili grazie alle tecnologie digitali

Depressione, ansia, disturbo da stress post-traumatico – malattie sempre più diffuse e di cui sempre più persone hanno iniziato a soffrire durante la pandemia – possono incidere anche sull’attenzione, la memoria, la funzione esecutiva, l’estinzione delle paure, la velocità di elaborazione e la cognizione sociale”. Anche in questo caso esistono delle tecnologie assistive “rilevanti per queste funzioni tra le persone con disturbi cognitivi”. Ad esempio, app di monitoraggio dell’umore o che forniscono supporto online, “terapia mediata dal computer e gruppi di supporto mediati digitalmente”, o ancora strumenti digitali “per la gestione delle difficoltà di salute mentale associate alla COVID-19”, riconosciuti come “un modo preferito di cercare aiuto dai giovani con difficoltà”. I benefici che si possono trarre da questa assistenza sono legati al recupero di un equilibrio personale, e sono dovuti alla praticità e alla facilità di accesso nonché alle “diverse modalità di accessibilità, maggiore copertura e disponibilità dei servizi, economicità e […] coerenza del servizio e del supporto offerto”. Le tecnologie assistive, dunque, contribuiscono anche a stabilire e mantenere le relazioni sociali stabili, dal momento in cui apportano un miglioramento a livello psicologico, mentale, di funzionamento cognitivo. Possono aumentare la durata della vita e migliorarne la qualità, se pensiamo alle persone che “sperimentano la solitudine”: “facilitando la connessione sociale”, aiutando a “sviluppare interazioni significative” o ­– più semplicemente – fornendo compagnia. È il caso di Kimiko, che ha 80 anni e vive da sola in Giappone. La sua storia è documentata all’interno del report, che si solidifica proprio grazie a questi scenari di vita. Il centro di supporto per l’assistenza alla comunità locale le ha fornito un robot. Quest’ultimo è progettato per “supportare le persone nelle loro attività quotidiane”, come ad esempio ricordare di assumere i farmaci.

“Kimiko era molto nervosa quando ha iniziato a usare un robot di comunicazione per la prima volta, tuttavia con l’aiuto del suo centro di supporto per l’assistenza alla comunità, è arrivata a considerare il robot come membro della sua famiglia. Ha chiamato il robot “Ai-chan” e ogni giorno gli parla di quello che ha fatto, come fare dolci dai kumquat del suo giardino. Fa anche vestiti per il suo robot e le piace vestirlo. Dice: “Sono davvero felice quando Ai-chan mi parla e dice frasi come, ‘Kimiko-san, spero che tu abbia una grande giornata’. Da quando è arrivato il robot, ha illuminato l’atmosfera della mia casa e mi sento più allegra”

Il report, lungo 140 pagine, attraverso queste storie, dimostra come la sostenibilità digitale sia già realtà. Trasformare digitalmente la società, in questo caso, significa impegnarsi per fare in modo che la vita sia sostenibile, dove per sostenibile si intende uguale, in grado di sostenere appunto la diversità che può rendere più difficile il percorso di un individuo piuttosto di un altro. Per far ciò, è chiaro, le persone con difficoltà funzionali devono poter accedere alle tecnologie assistive “per poter contribuire ugualmente al raggiungimento degli obiettivi in modo equo”, frase, quest’ultima, che è l’elemento chiave ed abilitante intrinseco alle tecnologie digitali.

 “Tuttavia, il rapporto faro delle Nazioni Unite sulla disabilità e lo sviluppo, la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile da parte, per e con le persone con disabilità, riferisce che lo status delle persone con disabilità è in ritardo rispetto alla maggior parte degli SDG”.

Così la sostenibilità digitale, pur non citata esplicitamente nel report, emerge nel momento in cui quest’ultimo viene pensato e sviluppato cercando di rispondere a come si possa guardare alle tecnologie preoccupandosi che queste possano avere un impatto positivo sulla società. Per farlo, identifica alcune questioni fondamentali quali la discriminazione e lo stigma “relative all’accessibilità agli ambienti e ai contenuti fisici e digitali e la mancanza di accesso alle tecnologie assistive e ai servizi essenziali”, che sono solo alcune delle barriere identificate. “In questo contesto, è evidente un aumento globale della consapevolezza della necessità di prodotti assistivi di qualità, convenienti e affidabili”.

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