Agritech e paesi in via di sviluppo, servono finanziamenti e formazione

La maggior parte degli investimenti per colmare il divario di produttività tra economie ricche e povere non richiede lo sviluppo di nuove tecnologie, ma riguarda l’importazione di innovazioni già testate nei paesi sviluppati: decisivi, quindi, sono gli investimenti nella formazione delle persone locali per utilizzarle

Il rapporto “Harvesting Prosperity” della Banca Mondiale (2019) rileva che due terzi della popolazione mondiale che vive in condizioni di miseria si guadagna da vivere coltivando. Per questo sulla riduzione della povertà la crescita della produttività in agricoltura ha un impatto maggiore rispetto a qualsiasi altro settore. Delle 736 milioni di persone nel mondo che vivono in condizioni di estrema indigenza, la metà vive in cinque paesi: India, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia e Bangladesh.

Negli ultimi anni in questi territori i raccolti sono appena raddoppiati, questo nonostante sono triplicati nell’Asia meridionale e aumentati di circa sei volte nell’Asia orientale. Questo risultato è stato possibile grazie all’adozione di nuovi sistemi e tecnologie.

Uno dei più grandi cambiamenti al quale abbiamo assistito negli ultimi cinque decenni è stato il passaggio dalla crescita guidata dalle risorse alla crescita guidata dalla produttività. Questo significa che invece di concentrarsi sull’aumento della produzione attraverso l’espansione della disponibilità di risorse, ad esempio fornendo ai coltivatori più terra o più acqua, l’attenzione si è spostata sull’aumento della produttività dei raccolti senza aumentare le risorse esistenti. Secondo il rapporto della Banca Mondiale sopra citato, il nuovo indice del successo oggi è l’aumento della produttività totale dei fattori (TFP), in cui l’efficienza di tutte le risorse, materiali e immateriali, viene combinata per produrre risultati migliori utilizzando tecnologie digitali e pratiche avanzate.

Trasferire le tecnologie già esistenti

Le tecnologie che sono state introdotte nei paesi in via di sviluppo sono, seppur con molti meno investimenti, le medesime sviluppate e introdotte nei paesi sviluppati. Infatti, la maggior parte degli investimenti per colmare il divario di produttività tra economie ricche e povere non richiede lo sviluppo di nuove tecnologie, ma riguarda l’importazione di innovazioni che sono state provate e testate nei paesi sviluppati, investendo nella formazione delle persone locali per utilizzarle.

Nonostante questo quadro sia chiaro a tutti, nelle regioni in cui sono più necessari gli investimenti in tecnologie agricole digitali sono pochi, stagnanti e in alcuni casi addirittura in calo. Per avere un termine di paragone, mentre nei paesi sviluppati gli investimenti in ricerca e sviluppo agricolo rappresentano circa il 3,25% del PIL dei paesi, in quelli in via di sviluppo questo rapporto è solo dello 0,52% (dati Banca mondiale 2019). Questa differenza di spesa aumenta anche il divario di produttività e, in definitiva, lascia i paesi più poveri incapaci di evolvere, ma soprattutto di nutrire la propria popolazione.

Oggi ci sono molte nuove tecnologie e sistemi usati per aumentare l’efficienza, ottimizzare l’uso dell’acqua per le colture, ridurre al minimo i costi mantenendo la qualità e anche ridurre gli effetti negativi sull’ambiente.

Monitoraggio digitale del terreno e del clima

Le tecnologie agricole più diffuse oggi, e che man mano sono introdotte anche nei paesi in via di sviluppo, sono essenzialmente cinque:

  • Sistemi Informativi Geografici (GIS);
  • Immagini satellitari;
  • Droni aerei;
  • Sensori di temperatura e umidità;
  • Software agricoli e dati online.

Un sistema informativo geografico (software GIS) è progettato per archiviare, gestire e visualizzare qualsiasi tipo di informazione geografica, con l’obiettivo di pianificare il lavoro in modo appropriato. In particolare, aiutano gli agricoltori a prendere decisioni ponderate sul tipo di colture adatte a una determinata località in base alle caratteristiche del territorio e alle qualità delle condizioni climatiche di quella zona. Ad esempio, possono suggerire di non trattare un intero campo, ma solamente le aree che lo richiedono. Questo comporterebbe una riduzione dei costi, una riduzione dei danni alle piante (a causa dei fertilizzanti applicati alle aree che non ne hanno bisogno), un minore deflusso di sostanze chimiche nei fiumi e nelle acque sotterranee e anche la conservazione dell’acqua.

Parallelamente, l’utilizzo delle immagini satellitari può servire a monitorare le proprietà del terreno, i requisiti delle piantagioni, prevedere i cambiamenti meteorologici, osservare l’area nella sua interezza con l’obiettivo di mettere a punto un piano agricolo adeguato, ma anche sviluppare e implementare piani già esistenti.

I droni sono utili per un impiego più “operativo”. Ad esempio, sono considerati molto efficienti nella lotta agli insetti parassiti. Un’invasione può essere impedita applicando l’insetticida sulle aree a rischio mediante i droni stessi, il tutto riducendo la probabilità che una diffusione “a pioggia” di insetticidi porti ad un avvelenamento chimico e possa danneggiare la vegetazione e gli animali. Forniscono anche informazioni tramite riprese aeree fatte a bassa quota: questo tipo di immagini hanno una risoluzione maggiore rispetto a quelle dei satelliti, offrendo quindi informazioni diverse.

I sensori di temperatura e umidità sono sensori ambientali molto comunemente utilizzati per controllare il clima di un’area e le condizioni di umidità lì presenti. Questi dispositivi sono utilizzati in situazioni in cui le condizioni meteorologiche possono essere estreme o devono essere controllate per vari motivi. Per esempio aree dove c’è alta umidità, oppure c’è alta umidità e il clima è decisamente caldo. Inoltre, poiché il meteo è un fattore importante, che deve essere considerato prima di impiantare una coltivazione, questi sensori forniscono un valore aggiunto fondamentale per i coltivatori.

Infine, i software di gestione dell’azienda agricola forniscono all’agricoltore una visione dettagliata di tutte le attività dell’azienda e delle prestazioni delle coltivazioni attraverso un’unica piattaforma, che consente una pianificazione efficiente, la capacità di tracciare le attività in tempo reale e quindi prendere le decisioni giuste al momento giusto per migliorare la produttività.

L’Africa ha voglia di imparare e sviluppare

Per quanto riguarda l’Africa, si tratta di un continente con un’alta percentuale di giovani. In pratica, circa il 60% delle persone ha meno di 25 anni e, come tale, può entrare nell’attività agricola. Tuttavia, a causa della mancanza di finanziamenti e conoscenze, al momento soltanto il 23% utilizza la tecnologia agricola. I giovani sono disposti a dedicarsi all’agricoltura e a fare ampio uso di nuove tecniche e tecnologie, tuttavia ritengono di non avere accesso a fondi e formazione che consentirebbero loro di farlo. Pertanto, è essenziale che i governi forniscano istruzione e consentano alle persone di creare un’impresa che garantisca un reddito sostenibile.

I governi di molti paesi africani hanno già adottato varie misure per garantire che agricoltori e piccoli proprietari terrieri possano accedere alle nuove tecnologie di agricoltura digitale. Ad esempio, circa il 13% degli agricoltori subsahariani si è già registrato per servizi come gli aggiornamenti meteorologici. L’Etiopia ha creato un servizio di consulenza telefonico per gli agricoltori, chiamato “80-28”, che conta 4 milioni di utenti. È un servizio gratuito che fornisce informazioni nelle lingue locali, il che rappresenta un vantaggio significativo.

Il Ruanda è uno dei paesi africani in cui il governo e varie organizzazioni lavorano attivamente all’implementazione di tecnologie di agricoltura digitale. In questo paese la coltura principale è il caffè, con circa mezzo milione di produttori. L’utilizzo di nuove tecnologie sta rendendo la coltivazione del caffè un’attività più redditizia. Ecco perché ONG dell’agrobusiness come TechnoServe, organizzano corsi di formazione sulla tecnologia digitale in Ruanda e in altri paesi dell’Africa orientale.

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