Tutti pazzi per l’online

 Tutti vogliono stare in rete. Ma proprio tutti, anche quelli che fino a l’altro ieri: «Facebook? Ma chi, io? Per carità!». Ora invece, che abbiano un’attività, gestiscano un negozio o scrivano un libro, dichiarano con convinzione: «lo voglio mettere su internet». Sarà perché ormai ce lo ripete ogni giorno anche la TV (generalista) e lo scrivono i giornali (quelli di carta, che frusciano tra le dita quando li sfogli).

L’idea che sia buono e giusto “promuovere su internet” qualunque cosa si è ormai radicata anche tra i più riluttanti tecnoallergici.

 Solo che insieme si è affermata anche la convinzione che tutto quello che è digitale è facile. Un blog? Una pagina Facebook? Un account Twitter? E che ci vuole?

Ebbene, non vorrei passare per guastafeste, ma non è così. Non esattamente almeno. Sito, blog, profili social, tutte queste cose messe insieme, formano un’identità digitale. La tua identità digitale. Ti pare poco?

È vero che le tecnologie hanno via via semplificato la gestione e la pubblicazione di qualsiasi contenuto digitale che, in un tempo non lontano, erano esclusivo appannaggio di “esperti informatici”: fino a qualche anno fa, ad esempio, per costruire una pagina web bisognava conoscere il linguaggio html, mentre oggi le più comuni piattaforme di pubblicazione consentono di sfornare pagine su pagine corredate di testo, immagini, video, senza che sia necessario preoccuparsi di “cosa c’è dietro”. Per non parlare poi dei social network, che sono “a prova di cretino”: chiunque riesce con soddisfazione a buttarci dentro qualcosa.

Ma alla facilità d’uso non corrispondono automaticamente la consapevolezza della portata comunicativa e con la conoscenza della grammatica propria di ciascun ambiente. Per quelle è necessario applicarsi.

Se oltre a condividere le foto delle vacanze estive con gli amici, vuoi creare un’ “identità digitale” per promuovere in rete te stesso, la tua azienda, la tua attività, la tua opera d’ingegno, ecco, in questo caso il gioco si fa serio. E non in senso tecnico. Devi conoscere le regole del gioco, che non sono così banali. O comunque, apprenderle richiede tempo e (non poca) dedizione. Non basta, insomma, farsi aprire una pagina FB dal figlio adolescente che smanetta tutto il giorno. Perché lui, nativo digitale, sì smanetta, pubblica e condivide a rotta di collo, ma lo fa quasi certamente in modo del tutto inconsapevole e destrutturato (parola di madre-geek, fidati!).

Creare un sito, aprire una pagina Facebook, un account Twitter, un profilo Linkedin o su qualsiasi altro social network, sono effettivamente operazioni piuttosto semplici da un punto di vista tecnico. Ma se vuoi che siano efficaci devono far parte di un progetto di comunicazione e di una strategia che vanno pianificati: cosa comunico? a chi lo comunico? come lo comunico? qual è il mio obiettivo? quali network sono più adatti? Ogni strumento ha le sue potenzialità, ogni ambiente la sua grammatica (Quella di Facebook, ad esempio, ce la spiega bene Mariangela Vaglio).

Faresti guidare la tua auto ad un bambino di 9 anni che con quel videogioco Formula 1 è un vero campione? Credo proprio di no. Perché sai bene che per guidare un’auto vera è necessario non solo padroneggiare la “tecnologia” (motore, marce, i freni, frizione…), ma anche conoscere (e rispettare!) le “regole della strada” (che variano da Stato a Stato).

Come nella guida, anche in rete hai bisogno apprendere tecniche e regole. L’improvvisazione non solo non paga ma può essere dannosa. Insomma, la costruzione e la cura di un’identità digitale (personale o aziendale che sia) sono roba da professionisti, non basta (per fortuna!) essere nativi digitali. Professionisti non si nasce, si diventa, mettendocisi d’impegno. Questo è il bello, no?

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