Dopo un’estate passata a contare i followers e cercare di stabilire se sono veri o falsi, quanti sono comprati, quanti boot e quanti semplicemente cugini così informaticamente imbranati che non sanno cambiare nemmeno cambiare su Twitter la foto dell’ovetto di default; dopo un’estate passata a misurasi il klout con la stessa determinazione con cui un tempo negli spogliatoi maschili ci si misurava altro; dopo un’estate passata a istagrammare qualsiasi cosa abbiate mangiato, visto, incrociato nei vostri spostamenti e passarlo per i filtri fotografici a caso perché Istagram è il Photoshop dei poveri; dopo un’estate dove la prova costume si è fatta sulla pagine di Facebook e si è deciso che era ora di mettersi a dieta se non si è superata la soglia di 30 like nemmeno fra gli amici più stretti; dopo un’estate passata a preoccuparsi se sulla spiaggia c’era la wifi con la stessa isterica ansia con cui fino a qualche anno fa ci angosciavamo se non c’era campo per il cellulare; dopo un’estate passata a controllare se i followers sono rimasti fedeli al nostro account, e se no perché; dopo un’estate passata a cercare il posto più figo perché adesso andare in vacanza non basta più, bisogna anche farlo in un luogo che venga bene sui social, perché divertirsi e riposarsi non sono più lo scopo della vacanza, ma è far sapere agli amici quanto ti diverti e ti riposi tramite i social; dopo un’estate passata ad ingorgare Pinterest di oggetti di desing che non ci potremo mai permettere, immagini di case che non potremo mai comprare, foto di posti che non potremo mai visitare, e uomini e donne che anche se riuscissimo mai ad incrociare nella realtà non ci filerebbero di striscio; dopo un’estate passata fra un flame e l’altro e a lamentarsi di qualsiasi cosa, il caldo, il troppo caldo, la pioggia, la siccità, perché i social in fondo hanno anche questa fondamentale funzione, e cioè di consertirti per una volta nella vita di sentirti in grado di postare informazioni inutili quanto quelle di un servizio di Studio Aperto; dopo un’estate passata a seguire la politica su Twitter, l’economia su Twitter, la cronaca su Twitter, perché leggere 140 caratteri per sapere che siamo a remengo è sempre meglio che doversi sciroppare 30.000 battute di articolo di fondo di un “Grande” che dicono esattamente la stessa cosa; dopo un’estate passata a cercare di postare status intelligenti ed ironici per far vedere che noi abbiamo il cervello sveglio anche dopo una giornata passata a brustolirsi al sole e a sfondarsi di parmigiana di mamma; dopo tutto questo, dicevo, ora si torna al lavoro.
E cioè si torna a editare le nostre foto su Istagram, litigare su Friendfeed, postare status arguti su Twitter, cazzeggiare su Facebook. Ma mi pare giusto, abbiamo bisogno di riprenderci dalla vacanze, in fondo.
La verità è che ormai, tra chi non se le può permettere e chi non riesce a “staccare”, le vacanze non esistono più…