Il vero Social Care? Quello con la “zingarata”

Quando si dice che il Servizio Clienti è fatto, anche, di «Social Education». Quando si dice che si è imparata persino troppo bene la lezioncina social della gentilezza online (spesso puro proforma), del «Cliente prima di tutto» (in teoria) per cui ci si piega, ci si lascia persino trascinare dai troll in risse online sterili. Quando si sostiene, invece, che le energie vanno catalizzate sul cliente, ma nei fatti, con soluzioni efficaci al di là di formalismi inerti.
Quando insomma si esorta, sulla scia d’illustri Brand “pionieri”, a vivere davvero il social, il #SocialCare, sentendone il polso, parlando il linguaggio dei clienti online: facendo propria anche quella «ruvida ironia» del Social Care che è simbolo di amicizia, di sintonia col “cliente-amico”, che stiamo aiutando anzitutto – ma anche divertendo, ché mica fa male allo spirito.
Anzi. Lì si crea l’aggancio tra Social Customer Care ed Engagement. Lì il Social Media Manager ritrova se stesso perché, se per «comunicare» ha dovuto «curare», prendersi cura sul serio delle esigenze dei clienti, ora può tornare anche a “parlare al cliente”, che lo ascolterà: può riprendere a comunicare il proprio messaggio e a «coinvolgere», creare Engagement. Perché un’azienda che scherza e ride fa ridere e sorridere. «Ehi, mi stai simpatico!», c’è il “rischio” di sentirsi dire. E da una compagnia che non solo mi risolve i problemi e la vita, ma mi mette pure di buon umore, ci vado eccome a comprare: mi fido, mi avrai cliente a vita.

VichinghiTutto questo viene in mente leggendo uno scambio di battute tra il Servizio di Assistenza Amazon ed un cliente, corso in chat qualche giorno fa, che ha fatto il giro della rete: una chicca, che però dice tutto. «Gli operatori migliori del Servizio Clienti sono quelli che fingono di essere Thor», titola l’Huffington Post riportando la storia. «Che c’entrano il Valhalla, gli Dei del Nord?», vi chiederete. Semplice. Nella chat, apparsa su Reddit e riportata come screenshot su Imgur, un utente si rivolge ad Amazon per un libro non ricevuto. Con naturale disappunto.
L’operatore si scusa e si presenta: “My name is Thor».
È un attimo. Al cliente viene spontaneo esclamare: «Thor… Posso essere Odino?». Che nella mitologia scandinava era il re degli dèi, e aveva per figlio Thor, il possente e inarrivabile dio del Tuono.
Lo storico film «Amici miei» celebrava «la zingarata» come quel momento di “lucida follia” in cui parte la vena dello “scherzo d’autore”, cui ci si deve lasciare andare per percorsi indefiniti e ignoti onde ottenere il top della beffa. «Lo zingaro, quando gli gira, gira». Questa è «essere zingari»: «una partenza senza mèta», si spiega in una tra le scene più note, «un’evasione senza programmi che può durare un giorno, due o una settimana».
Ecco. Ci sentiamo di affermare che l’operatore Amazon non sapesse, non immaginasse – né avrebbe potuto farlo – che da una sua semplice affermazione, e poi da una battuta volante, sarebbe nato il “canovaccio virale” destinato a fare il giro del mondo e a venir preso a modello del «Servizio Clienti che sogniamo».
«Thor… Posso essere Odino?», chiedeva il cliente.
«Odino, papà! Come posso farti bella la giornata?», risponde l’uomo Amazon. E parte la zingarata. Una zingarata utilissima ed efficacissima per cliente, però, attenzione. Maggiori anzi sono i toni della burla, tanto più alto è l’impegno per risolvere la questione della mancata ricezione del libro.
«Thor, figlio mio. Agonia si leva sulla mia vita», gli fa l’utente, con toni ormai anche da tragedia greca.
«Ma questo è un oltraggio!», replica l’operatore. O meglio, Thor. «Chi osa sfidare il Padre di tutti, Odino?!?».
Ridendo e scherzando si va sul problema. Il cliente spiega. Così: «Temo che il libro che ho ordinato per difenderci dai nostri nemici sia stato portato in un posto sbagliato. Come possiamo mantenere il Valhalla intatto senza il nostro Libro Sacro?».
«Ma questa è blasfemia!», incalza “Thor”. «Ovunque sia questo libro, farò quanto devo per riportartelo!». «Molto bene, figlio mio», gli fa “Odino” in “quieta grandezza”
amazon-customer-servic-640In questo clima di motteggi – ripetiamo – l’operatore Amazon mette molta più serietà di tanti altri seriosi e apparentemente proni a soddisfare ogni desiderio. La gestione parte a razzo – “Thor” chiede solo qualche minuto per «rimettere insieme gli alleati e dar battaglia»: d’altronde, come ricorda “Odino”, c’è di mezzo il «destino dei mortali che è affidato a questo libro».
In pochi minuti, tutto sistemato. Cliente rimborsato, cu viene effettuato direttamente un nuovo ordine, con la specifica di consegna entro un giorno senza ulteriori attese. «Farò sì che le Valkyrie te lo portino tanto velocemente quanto possono le loro ali», rassicura il “figliolo”.
Conclusione? Customer satisfaction al top. «Avevo sentito che Amazon ha un ottimo servizio clienti e questo ne è la riprova! Grazie mille, amico!», fa il cliente. «Ci mancherebbe, posso aiutarti in altro?». «No, è tutto. Complimenti, apprezzo davvero». «Quando vuoi, fratello. Buona giornata. Odin». «Bye figlio mio!».
In quel «Bye», in quel «figlio mio» c’è tutto. Take-away? Il segreto: esser “divertente e maleducato”, o quanto meno ironico e dissacrante dei falsi miti.

Come visto in casi analoghi, come Tesco Mobile – che un bel giorno «ha cominciato a replicare con scortesia e ironia alle rimostranze di alcuni consumatori», ottenendo un successo inatteso e rivoluzionario, con +700% followers su Twitter e soprattutto +500mila clienti, passati così da 3,5 milioni a 4 – o il caso del video di Honda e dei suoi «tweet ironici» scambiati con Oreo, o il caso di quella che è stata definita «la migliore risposta di sempre sui social media» – un felice “cinguettio” di Smart USA in risposta a Clayton Hove – il #SocialCare è tutt’uno con una #SocialEducation che sia un «educare in rete, educare la rete». La «ruvida ironia» di questo nuovo rapportarsi al cliente ed alla community è la cifra leggera, il risvolto scherzoso di un volto del “donarsi”, dell’altra faccia dello sharing, della condivisione col network. Come ben sostenuto da Gaia Rubera, docente di Marketing alla Bocconi e autrice di uno studio su questa nuova strategia comunicativa, un «atteggiamento antipatico ha permesso di soddisfare uno dei bisogni critici degli utenti su Twitter, quello di divertimento». I clienti, stufi dell’ormai ripetitivo e scolastico «Ciao, come posso aiutarti?» – talmente automatico da far pensare a un Bot, un “risponditore automatico” – vogliono un “amico”: che li aiuti al meglio, ma proprio per questo essendo loro amico. E caspita se Amazon lo è stata: nemmeno al bar sotto casa il cliente quel giorno si era fatto tante risate.

Un cliente così assistito è un cliente “ingaggiato”: che per primo ci chiederà di “comunicare”, per primo ci chiederà di mettergli a disposizione i nostri servizi. Che intende comprare e comprerà. «Vuoi vendere? Aiuta!».

 

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Digital Strategy R&D Consultant, Public Speaker, Lecturer, Coach, Author. Honoured by LinkedIn as one of the Top 5 Italian Most Engaged and Influencer Marketers. #SocialCare, «Utility & You-tility Devoted», Heart-Marketing and Help-Marketing passionate theorist and evangelist. One watchword - «Do you want to Sell? Help! ROI is Responsibility, Trust» - one Mission: Helping Companies and People Help and Be Useful To Succeed in Business and Life. Writer and contributor to books and white-papers. Conference contributor and Professional Speaker, guest at events like SMX, eMetrics, ISBF, CMI, SMW. Business Coach and Trainer, I hold webinars, workshops, masterclasses and courses for companies and Academic Institutes, like Istituto Tagliacarne, Roma, TAG Innovation School, Buzzoole, YourBrandCamp, TrekkSoft. Lifelong learning and continuing vocational training are a must.

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