Editoria: dai social media un’opportunità per i giornali locali

Le persone amano relazionarsi con chi ha gli stessi interessi e con chi condivide le stesse passioni e i giornali, come abbiamo visto, sono un network in grado di abilitare queste connessioni sociali aggregandole in base a dei temi di interesse e di trasformare i lettori in brand ambassador della testata.
I lettori – soprattutto per quanto riguarda l’informazione locale ma anche quella specializzata- si aspettano infatti di essere parte del dibattito e di poter essere in grado di contribuire alla conversazione non solo commentando gli articoli e condividendoli con la propria rete di relazione, ma anche postando contenuti, foto, video, pensieri e riflessioni che possono essere poi in grado di alimentare ulteriormente il dibattito sul tema.
Per questo i giornali debbono trasformarsi in social media, utilizzando le piattaforme digitali per permettere ai lettori di socializzare, entrando in relazione tra loro, creando e condividendo contenuti.

Da questo punto di vista, pensando sopratutto alla stampa locale, è incredibile come social faccia rima con local, con tutte le straordinarie potenzialità che i meccanismi di user generated content sono in grado di attivare. I temi a disposizione sono i più vari: i trasporti, il traffico, gli eventi, la cultura, la politica, la sanità, le attività sportive e un’infinita serie di altri argomenti.
Ognuno può essere reporter di quello che sta accadendo nella sua città e le redazioni hanno l’opportunità di sfruttare questo flusso spontaneo di informazioni, per analizzarlo, aggregarlo e metterlo in relazione con una storia da proporre ai lettori, facilitandone la condivisione sui propri network relazionali.

Pensiamo a quello che sta accendo in questi giorni con il reportage dell’alluvione che ha colpito la città di Genova. Uno dei contributi più significativi, che descrive con drammatico realismo quanto accaduto, è un filmato amatoriale che non solo è uno tra quelli maggiormente condivisi in Rete ma anche quello utilizzato più spesso dai TG per trasmettere con immediata autenticità la portata dell’evento.

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Per le testate locali in particolare, l’abilitazione del dialogo con i lettori tramite meccanismi di user-generated-content, può valere per gli argomenti più svariati, non solo fatti di cronaca, ma anche per il traffico, la vita di quartiere, gli spettacoli e le mostre dove i lettori-spettatori sono invitati a condividere con gli altri lettori proprie impressioni, non limitandosi a leggere la recensione scritta sul giornale ma diventando protagonisti del dibattito culturale della propria città.

Solo pensando alle attività che abitualmente facciamo con il nostro smartphone – rimanere in contatto con gli amici, ricercare di news, consultare mappe e previsioni del tempo, ricercare un cinema, un negozio o un ristorante in zona – risulta evidente quale straordinaria opportunità abbiano gli editori di riuscire a connettersi con questa audience, sfruttando il mobile in ambito locale: i giornali locali possono diventare un vero e proprio marketplace del proprio territorio.

Grazie ai servizi di localizzazione, ogni volta che accedo con lo smartphone all’applicazione del  quotidiano locale il GPS può fornire informazioni e offerte di operatori economici che hanno scelto questa opportunità promozionale.

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E’ l’evoluzione della pubblicità locale: se iniziamo a pensare diversamente possiamo trovare delle nuove opportunità.  E non si tratta di una provocazione: è il futuro.
Se all’interno del sistema editoriale non si riuscirà a trovare una modo con il quale ripensare l’intero processo di produzione focalizzando l’attenzione non solo sul prodotto giornalistico ma anche sull’individuazione di nuove linee di ricavo, lo farà ancora una volta qualcun altro.
Perché posso comprare un biglietto di un concerto o di un teatro su un servizio di prenotazione online e non sul mio quotidiano di riferimento magari dopo aver letto la recensione dell’evento?

E’ una linea di ricavi completamente nuova, vuol dire monetizzare l’attenzione dei lettori, in un contesto in cui, ancora una volta, quello che conta di più è l’audience e la fidelizzazione al brand.
E non venitemi a dire che questo non fa parte della mission editoriale.

E’ ora di superare vecchi stereotipi e meccanismi. Mi viene in mente la protesta dei giornalisti di Liberation ad inizio anno quando in occasione del nuovo piano editoriale per salvare l’azienda hanno titolato a tutta pagina “Noi siamo un giornale, non un social, non un centro di aggregazione, non un negozio, non uno spazio culturale”; una iniziativa che, anziché solidarietà, ha generato l’effetto opposto con i social a fare cassa di risonanza.

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Il mondo cambia e cambia anche il ruolo dei giornali nella nuova economia digitale. E se  ancora una volta gli editori non riusciranno a cogliere questa opportunità lo farà qualcun altro, primi fra tutti i giganti del web come Google, Amazon, Apple e Facebook.

 

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