Nuova policy WhatsApp-Facebook: la storia continua

Per Facebook i guai non finiscono mai!”. E non è solo un modo di dire; i fatti e soprattutto gli accadimenti recenti e dell’ultima ora dimostrano proprio che il più famoso social network del mondo è sempre sotto i riflettori.

Avevamo parlato di recente dell’ennesima vicenda che colpì proprio il social di Menlo Park, con la consapevolezza che le sue logiche di business e relative modifiche avrebbero sempre di più sollevato proteste da parte dei propri utenti e relative associazioni a loro difesa, e soprattutto avrebbe sempre di più catturato l’attenzione delle varie autorità di controllo.

La tecnologia si evolve, anche grazie allo stesso social network, e diventa sempre più spesso invasiva e meno rispettosa delle regole, anche della stessa privacy dei propri utenti, e diversamente non poteva che essere così, soprattutto nella nuova era del mercato unico digitale, ove l’equazione dati personali e profitto trova ormai la sua massima espressione e appropriato collocamento.

Cosa è accaduto?

A fine agosto il social “in blu” modifica la Privacy Policy di WhatsApp, informando i propri utenti che tali dati saranno comunicati a Facebook per “migliorare i suggerimenti di amici” e proporre “inserzioni più pertinenti”, ovviamente di natura promozionale e pubblicitaria.

Il sistema di messaggistica più famoso al mondo avvisa i propri utenti, informandoli che per un periodo di tempo limitato potranno modificare tale autorizzazione, peraltro imposta e senza specificare nel dettaglio quali informazioni saranno trasferite, opponendosi così a tale trasferimento, ma avvertendo che revocando tale permesso non sarà però successivamente possibile tornare indietro perdendo di fatto la possibilità di poter usufruire di tali innovativi servizi.

Proteste scontate e interventi delle varie Autorità Privacy UE altrettanto prevedibili. E così è stato. Diverse sono le Autorità Garanti europee che si sono già mosse nei confronti della società californiana di messaggistica:  qualcuna per ora si è limitata a richiedere maggiori informazioni, qualcun’altra, tra cui il nostro Garante Privacy, ha avviato delle vere e proprie istruttorie, e altre hanno già imposto il blocco di tale trasferimento di dati, quella tedesca tra le prime, finché non sia fatta totale chiarezza.

Colpi duri e molteplici, insomma. D’altra parte se così non fosse stato lo stupore sarebbe stato maggiore. Di fatto trattasi di nuovi servizi migliorativi solo apparentemente per gli utenti, poiché tale operazione ha ben chiare finalità di marketing cercando proprio di fare leva sulla poca attenzione dell’utente standard ad approfondire tali avvisi di modifica dei servizi proposti e soprattutto poco responsabile delle informazioni proprie e di altrui che con estrema facilità condivide.

I fatti

Nel precedente articolo si è affermato che di questa vicenda se ne sarebbe parlato ancora e per molto tempo. Prima i Garanti Privacy UE e ora su WhatsApp-Facebook si abbatte implacabile anche la scure dell’Antitrust, addirittura con una doppia istruttoria.

Ebbene sì, proprio nei giorni scorsi l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato ben due procedimenti istruttori nei confronti di WhatsApp, che è bene ricordare essere di proprietà di Facebook, per “presunte violazioni del Codice del Consumo”, così riporta il comunicato dell’Autority.

Ben due i temi principali sui quali l’Antitrust vuole fare chiarezza.

Il primo riguarda “se la società americana abbia di fatto costretto gli utenti di WhatsApp ad accettare integralmente i nuovi Termini Contrattuali, in particolare la condivisione dei propri dati personali con Facebook, facendo loro credere, con un messaggio visibile all’apertura dell’applicazione, che sarebbe stato, altrimenti, impossibile proseguire nell’uso dell’applicazione medesima”, poiché secondo l’Antitrust “l’effetto di condizionamento sarebbe stato, peraltro, rafforzato dalla prespuntatura apposta sull’Opzione Facebook in una schermata di secondo livello alla quale l’utente accedeva, dal messaggio principale, tramite apposito link”, rendendo così più complessa e molto poco probabile quindi la revoca di tale autorizzazione già preimpostata.

“La vessatorietà di alcune clausole inserite nei Termini di Utilizzo di WhatsApp riguardanti, in particolare, la facoltà di modifiche unilaterali del contratto da parte della società, il diritto di recesso stabilito unicamente per il Professionista, le esclusioni e le limitazioni di responsabilità a suo favore, le interruzioni ingiustificate del servizio, la scelta del Foro competente sulle controversie che, ad oggi, è stabilito esclusivamente presso Tribunali americani” sono queste le criticità del secondo tema sempre sul quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato vuole fare chiarezza tramite il secondo procedimento istruttorio avviato.

I chiarimenti di WhatsApp

Come facilmente prevedibile, la risposta del più popolare sistema di messaggistica non si è fatta attendere. E altrettanto ancora più prevedibile come in questi casi anche lo stesso contenuto: “Rispettiamo la legge e siamo pronti a rispondere a tutte le domande”.

Scontata un’apertura nei confronti della nostra Autority, ma ora si attenderanno ben altro genere di risposte.

E nel frattempo?

I guai da soli non arrivano mai!”, e il gigante di Menlo Park rischia ancora più grosso. Se le violazioni al Codice del Consumo da presunte diventeranno pratiche illecite vere e proprie a seguito delle indagini in corso da parte dell’Antitrust, il social dovrà vedersela anche con le principali associazioni in difesa dei consumatori, per ora nazionali, che annunciano class action contro WhatsApp per violazioni dei diritti dei consumatori con conseguenti risarcimenti per gli utenti tricolori.

Conclusioni

Dati condivisi tra WhatsApp e Facebook, certamente un gran bel tesoretto sul quale Menlo Park aveva già teso le mani, ma prima ancora di assaporare i primi frutti di tale sua nuova strategia, il Social avrà pensieri ben meno felici di cui doversi preoccupare.

Prima i Garanti Privacy UE e ora anche l’Antitrust italiano, nel frattempo non ci resta che attendere gli sviluppi di tali vicende nelle prossime settimane.

Per Facebook e company, sotto l’albero di Natale regali o carbone?

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