La giustizia digitale, ma anche no

Ve lo ricordate Mario, il mio amico avvocato?

Qualche tempo fa ricevette da un cliente l’incarico di recuperare un credito di poco più di cinquemila euro. La procedura è semplice e lineare, almeno in apparenza:

  1. l’Avvocato deposita un ricorso per decreto ingiuntivo corredato da relativa documentazione;
  2. il Giudice, verificata la ricorrenza dei presupposti di legge, emette il Decreto Ingiuntivo provvisoriamente esecutivo;
  3. ricorso e Decreto Ingiuntivo (titolo) munito di formula esecutiva dal Cancelliere (“Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere ad esecuzione il presente titolo, al PM di darvi assistenza e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi quando ne siano legalmente richiesti”) vengono notificati al debitore unitamente ad atto di precetto;
  4. decorsi dieci giorni dalla notifica, in assenza di pagamento, si può agire esecutivamente, per esempio richiedendo all’Ufficiale Giudiziario un pignoramento sui beni mobili del debitore.

Ma andiamo con ordine.

  1. Come prescritto dalle norme sul processo telematico, il nostro Mario ha correttamente depositato – obbligatoriamente per via telematica – il ricorso per decreto ingiuntivo con istanza di provvisoria esecutorietà, corredato da relativa documentazione.
  2. Il Giudice, verificata la ricorrenza dei presupposti, ha correttamente emesso – per via telematica – un Decreto Ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, firmato digitalmente e depositato al fascicolo telematico.
  3. Da qui in poi inizia l’inferno di carta. Infatti, pur essendo il ricorso e il decreto ingiuntivo nativi digitali, il Cancelliere, che evidentemente vive ancora nel Medioevo, appone la formula esecutiva esclusivamente per via cartacea su titolo cartaceo, come è ben descritto qui. In parole povere: il Cancelliere stamperà i documenti digitali per scriverci su la formula sopra riportata e soprattutto perché “la copia deve essere munita del sigillo della cancelleria” (Art. 153 disp.att.c.p.c.), producendo quindi documenti necessariamente cartacei.

In ipotesi di decreto ingiuntivo NON provvisoriamente esecutivo non ci sarebbero problemi: Mario con un click potrebbe notificare al debitore via PEC le copie digitali presenti nel fascicolo telematico. Ma trattandosi di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, necessitando l’apposizione della formula esecutiva (e del sigillo della cancelleria!), deve per forza richiedere al Cancelliere una copia cartacea autentica del ricorso e del decreto ingiuntivo munito di formula esecutiva. Pagando peraltro i relativi diritti di copia (che sia questa la ragione ultima della sopravvivenza di una procedura che era in voga ai tempi di Carlo Magno?).

Ma Mario – e come lui tanti suoi colleghi che, venendo da una formazione culturale diversa, non senza difficoltà ha compreso la necessità di innovazione e le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie anche in ambito giuridico – oggi è un Avvocato convintamente telematico: nonostante tutto, vuole notificare il titolo munito di formula esecutiva per via digitale (via PEC). Deve quindi scansionare il titolo (nato digitale ma divenuto cartaceo per munirsi di formula esecutiva. Il Cancelliere medievale, ricordate?) e attestare la conformità della scansione alla “copia cartacea autentica di originale digitale estratto dai servizi informatici di cancelleria munita di formula esecutiva” (!) in suo possesso.

  1. Se il debitore paga, il viaggio finisce qui. Ma se il debitore, pur ricevendo la notifica del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e del precetto che gli intima di pagare entro dieci giorni, non paga? In tal caso Mario si trova costretto a rivolgersi all’Ufficiale Giudiziario per richiedere un pignoramento mobiliare contro il suddetto debitore. Ed è di nuovo l’inferno, un inferno di carta.

Infatti tale richiesta non potrà essere fatta all’Ufficiale Giudiziario per via telematica, perché l’Ufficiale Giudiziario (che evidentemente, come il Cancelliere, vive nel Medioevo giudiziario) non è attrezzato a ricevere e inoltrare atti per via telematica. Così il nostro Mario dovrà presentarsi fisicamente allo sportello dell’Ufficiale Giudiziario per la richiesta, consegnando titolo esecutivo e precetto e dovendo provare l’avvenuta notifica via PEC. Come? Consegnando la copia cartacea autentica munita di formula esecutiva rilasciata dal Cancelliere, ma anche la copia cartacea di tutta la documentazione attestante la notifica via PEC (messaggio di invio con i relativi allegati, che sono: atto di precetto nativo digitale; ricorso e decreto ingiuntivo scansionati; relata di notifica nativa digitale contenente attestazione di conformità della scansione del titolo alla copia autentica munita di formula esecutiva rilasciata dalla cancelleria; ricevuta di accettazione messaggio PEC; ricevuta di avvenuta consegna messaggio PEC), con in calce l’attestazione di conformità di queste copie ai documenti informatici da cui sono tratte (ovvero ai file .eml e relativi allegati di cui alla notifica via PEC). Se non si è ancora capito, Mario dovrà stampare di nuovo tutto su carta, compresa la mail certificata e i vari file di ricevuta, per consegnarlo all’Ufficiale Giudiziario.

E se per fortuna (o per disgrazia a questo punto!) l’Ufficiale Giudiziario rinvenisse beni del debitore utilmente pignorabili, riconsegnerà un verbale di pignoramento mobiliare positivo (ovviamente cartaceo) e Mario dovrà perentoriamente depositare entro quindici giorni nella cancelleria del Giudice dell’Esecuzione, obbligatoriamente in via telematica (le procedure esecutive, come le procedure monitorie, sono iscritte obbligatoriamente per via telematica), la nota di iscrizione a ruolo, con le copie, attestate come conformi dall’avvocato, degli atti restituiti dall’Ufficiale Giudiziario (titolo e precetto con prova di avvenuta notifica e verbale di pignoramento). Se non si è ancora capito: l’Ufficiale Giudiziario prende e restituisce solo documenti cartacei, che però vanno trasmessi solo per via telematica.

Riassumendo:

  • da un titolo nativo digitale si è passati al cartaceo per l’apposizione della formula esecutiva (dall’ormai noto Cancelliere medievale);
  • dal cartaceo si è ritornati al digitale per la notifica via PEC, previa scansione e attestazione di conformità alla copia autentica munita di formula esecutiva rilasciata dalla Cancelleria;
  • dal digitale notificato via PEC, si è ritornati una seconda volta al cartaceo per provare l’avvenuta notifica all’Ufficiale Giudiziario (medievale pure lui) ai fini del pignoramento mobiliare;
  • eseguito il pignoramento, si torna necessariamente al digitale (altra scansione, altra attestazione di conformità) ai fini dell’iscrizione a ruolo della procedura esecutiva, obbligatoriamente telematica.

E Mario? Perso tra attestazioni di conformità (a cosa? E perché?) e ritardi dell’Amministrazione per la quale, per ignote ragioni, non è ancora obbligatorio adeguarsi alle procedure telematiche, è lì a chiedersi se, per un recupero di poco più di cinquemila euro, ne sia valsa realmente la pena. E noi qui a chiederci come sia possibile, nel 2017, essere costretti a viaggiare in un sistema giudiziario che alterna con imperturbabile noncuranza tratti di autostrada telematica a tratti di mulattiera cartacea. E c’è ancora qualcuno che pensa veramente che a non funzionare, nel processo civile telematico, sia la parola “telematico”.

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