Stop Agcom sul Copyright: la parola a Enzo Mazza, Presidente FIMI

Dopo aver sentito il parere di Matteo Mille, Presidente di Business Software Alliance e Luca Nicotra di Agorà digitale, prosegue il nostro “giro di tavolo” con i protagonisti della battaglia sul Copyright, per capire come avere una rete libera nel rispetto dei diritti.
La parola passa a Enzo Mazza Presidente della Federazione Industria Musicale Italiana
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Enzo Mazza è Presidente della Federazione Industria Musicale Italiana

Il passo indietro di Agcom è stato vissuto da molti come una vittoria del “Popolo della Rete”. Sergey Brin – riferendosi all’Italia e alle iniziative regolamentari come quella dell’Agcom – ha parlato di “nemici della rete” e di rischi per i principi di libertà e di accesso universale: qual è il punto di vista di FIMI?
Diciamo subito che la categorizzazione tra amici e nemici della rete è molto amata da Google la quale ritiene che la regolamentazione, quando si tratta di copyright, non debba essere applicata, e questo per tutelare la libertà dei net citizen, salvo poi però andare a protestare a Bruxelles quando la Commissione vuole promuovere una nuova direttiva in materia di privacy che metterebbe in difficoltà Google stessa. Ormai ci siamo abituati. Google spende dieci volte tanto di quanto spende l’industria musicale in attivitá di lobby, e non certo per difendere il popolo della rete. Detto questo la marcia indietro di Agcom rappresenta solo una brutta figura di un’istituzione che ha speso tempo e denaro per fare una consultazione, per redigere un regolamento, per audire decine di associazioni e imprese e solo dopo due anni sostenere di non disporre dei poteri per adottare il regolamento. Una cosa della quale dovrebbe occuparsi la Corte dei Conti.
Quanto é costato in termini di spreco di risorse pubbliche e private questo esercizio ? Per non parlare della figuraccia internazionale dell’Italia con partner commerciali importanti come gli Stati Uniti, ai quali solo poche settimane fa il governo italiano aveva raccontato che Agcom avrebbe approvato il regolamento in pochi giorni.

Luca Nicotra di Agorà Digitale, ha sottolineato come in Italia esistano già norme che regolano il diritto d’autore: e secondo un rapporto dell’Ocse, nel 2009 in Italia ci sarebbero stati 344 controlli e più di un migliaio di verifiche. C’è davvero bisogno di una regolamentazione come quella proposta dall’Agcom?
Le norme italiane ci sono e sono peraltro molto efficaci come dimostrano i casi di Pirate Bay o di decine di altri siti illegali sequestrati o bloccati dalla magistratura. L’unico problema è rappresentato dal sistema giudiziario italiano, molto lento e poco incisivo in termini di deterrenza. Se le sentenze arrivano dopo anni o gli stessi provvedimenti cautelari spesso esigono mesi per essere emessi si puó facilmente immaginare come nell’era della rete e su siti che cambiano velocemente server e addirittura Stati l’efficacia di una buona legge si riduca di molto.
Il regolamento Agcom e l’iniziativa in sede amministrativa dovevano ridurre questi tempi, svuotare le aule di giustizia riducendo il contenzioso penale e facilitare la rimozione immediata di contenuti illeciti. Non significa che le iniziative di FIMI non proseguano. Abbiamo decine di denunce che sono state depositate, ma i tempi della giustizia italiana come detto sono lunghi e ci vorranno mesi per colpire siti che stanno sotto gli occhi di tutti con danni per le imprese che investono nel settore legale.

Perché allora una così vasta mobilitazione di segno opposto? In meno di diciotto mesi sono state raccolte circa 500mila firme contro la proposta dell’Agcom. Non c’era forse qualcosa che andava rivisto sotto il profilo dei contenuti?
E’ molto facile spendere sempre il tema della censura e del diritto all’informazione per raccogliere consenso. Quello che ci si dimentica di dire è che oggi non siamo di fronte alla battaglia del settore musicale, che continua a svilupparsi in rete, contro i cittadini della rete, ma alla giusta rivendicazione di una tutela di imprese che investono in contenuti, e che vedono tali contenuti saccheggiati da organizzazioni delinquenziali rilevanti che incassano milioni di euro tramite pubblicità o servizi premium.
Se a questi aggiungiamo la scarsa volontà di importanti operatori del web, come il già citato Google, di fare la propria parte con consapevolezza per combattere l’illegalità, il mercato legale non potrà mai decollare.
Per non parlare di tutte quelle start up che investono in musica legale, pagando fior di royalty alle case discografiche, agli artisti e agli autori e che devono competere con individui tipo Kim Dotcom o altri soggetti che non rispettano alcuna legge. Ho detto ad un’audizione presso la Commissione EU che i giovani che lanciano imprese online nel settore musicale in Europa sono degli eroi, vista la scarsa tutela di cui sono oggetto.
Meglio comprare una pizzeria oggi piuttosto che lanciare una piattaforma per l’e-commerce digitale. Da un lato Itunes, YouTube e Amazon, dall’altra la pirateria; in mezzo qualche startupper coraggioso. Ma i nostri politici si riempiono la bocca di internet, Twitter, ecc. senza fare nulla per tutelare le imprese.

Non ritiene che un tema importante come questo non possa essere regolamentato senza prima un intervento normativo chiaro? Senza cioè una discussione in Parlamento?
Cito solo l’esempio dell’azione condotta ogni giorno dal 2007 dai Monopoli di Stato contro i siti esteri che offrono scommesse in Italia in violazione della normativa italiana. Si tratta di un intervento che richiede agli ISP di inibire i siti e che si basa su un decreto direttoriale del direttore generale dei Monopoli (AAMS) che applica la direttiva e-commerce.
Per proteggere le bische di stato si é intervenuto senza alcuna remora quindi e i difensori delle libertà digitali dov’erano? Sulla tutela del copyright sono stati invece costruiti tutta una serie di distinguo mentre era evidente che si poteva ampiamente praticare il modello regolamentare. Lo ha scritto anche un costituzionalista come Onida.

Come bilanciare la legittima difesa del copyright, con l’altrettanto legittima necessità di tutela dei principi di libertà e di accesso universale degli utenti? Ossia: se dovesse fornire indicazioni ai legislatori che si occuperanno del problema, quali sarebbero gli elementi dai quali partire per la definizione di un impianto normativo efficace?
Non serve un impianto normativo. La legge 633, sul diritto d’autore é aggiornata avendo recepito tutti i trattati internazionali e le direttive europee. Il problema, come detto, é l’applicazione, l’enforcement, che lascia a desiderare e non consente di intervenire con efficacia.

Secondo dati da voi riportati il “mercato digitale” italiano della musica è in continua crescita. Nicotra ha presentato dei dati secondo i quali il vostro settore – al pari di videogame e intrattenimento – è cresciuto tanto in questi anni soprattutto grazie alla rete, e che la scarsità di investimenti stranieri dipende da altri fattori, prevalentemente strutturali. Lei cosa risponde?
Intanto va chiarito che i dati del digitale rappresentano a livello globale il 30% del mercato, e in Italia circa il 25%. Ancora oggi almeno il 70% del business é fatto di supporti fisici che sono in calo drammatico. E’ vero che le aziende si sono adattate alla nuova realtà e oggi operano a 360 gradi con ricavi che arrivano da molte fonti, ma vale la pena di ricordare che solo in Italia il mercato musicale oggi é il 70% di quello che era nel 1999, per ora si lavora ampiamente in perdita e la primavera digitale non é ancora arrivata.
Le prospettive sono interessanti ma non si può fare tutto da soli. Questo è un settore che non riceve sussidi o incentivi e ciononostante ha sviluppato partnership importanti con modelli di business innovativi, ma almeno la tutela dall’illegalità la vogliamo. Abbiamo tante proposte che vanno dal download di Itunes, Play me, ecc allo streaming di YouTube e Deezer, agli abbonamenti di Cubomusica, ma il mercato stenta a decollare perché l’accesso illecito domina ancora i consumi.

Sugli investimenti stranieri mi lasci dire una cosa. Sono presidente del Comitato Proprietà Intellettuale della Camera di Commercio Americana in Italia, FIMI é anche stata membro fondatore del Digital Advisory Group della Camera e sicuramente il fatto che l’Italia sia il fanalino di coda sul broadband, sulla penetrazione dei pc nella famiglie é un dato vero, ma allo stesso tempo, da molti anni il nostro Paese é considerato inaffidabile anche nella lotta alla contraffazione e alla pirateria. Partecipo a molte conferenze internazionali e spesso sono in roadshow con aziende che vogliono investire in Italia e il tema della tutela della proprietà intellettuale è ai primi posti. Non abbiamo una buona fama. Basti pensare che abbiamo avuto l’onore di un Ministro dell’Interno che raccontava di “scaricare” musica illegalmente dal p2p, notizia finita anche sul Wall Street Journal. E poi ci meravigliamo se la Spagna fa passi avanti e noi invece restiamo nella lista nera USA insieme con Paesi del terzo mondo. E ora abbiamo anche fatto questa bella figura grazie al Presidente Calabró.

 

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