La Marca monomarca

La scorsa estate aveva destato un certo scalpore la notizia secondo cui il Comune di Pesaro, dopo un primo passaggio (mai completato) all’utilizzo di OpenOffice come strumento di Office Automation, aveva deciso di tornare indietro e stipulare un accordo con Microsoft per l’acquisto di licenze di Office365 per 600 postazioni di lavoro. Scalpore ma anche molte perplessità, perché si tratta di una scelta in netta controtendenza rispetto alle scelte di altri settori della Pubblica Amministrazione sia italiana (una su tutte la migrazione di 150.000 postazioni a LibreOffice in corso presso il Ministero della Difesa) che internazionale (una su tutte la scelta del governo del Regno Unito di adottare l’ODF come formato standard per la produzione documentale nella Pubblica Amministrazione), e anche per la poca chiarezza con cui un rapporto “indipendente” avrebbe dovuto dimostrare il risparmio conseguente alla scelta in atto.

Il 28 gennaio il sito Informagiovani del comune marchigiano riporta la notizia, pubblicata in precedenza sul sito dell’associazione Informagiovani, secondo cui Microsoft finanzierebbe 20 borse di studio per un corso di formazione, realizzato insieme a Tree e SkipsoLabs, denominato “CTO4STARTUP”. Il corso intende “formare i CTO (Chief Technology Officer) del futuro, in particolare quelli impegnati nella creazione di una startup, su contenuti tecnici e sulla gestione delle persone”. In realtà sembra trattarsi di 20 borse di studio per un corso da 20 posti: nessun altro, oltre ai 20 selezionati e pagati da Microsoft, potrà partecipare, neanche pagando di tasca propria.

In un’intervista a “Corriere Comunicazioni” Fabio Santini, direttore della divisione Direttore della Divisione Developer Experience and Evangelism di Microsoft Italia, illustrando il progetto spiega che “spesso il successo di una startup è strettamente legato non solo all’idea di base ma anche al valore dell’infrastruttura tecnologica che può sostenerne o meno la crescita” e anche che il corso intende “formare le professionalità adeguate per sostenere startup e aziende italiane nel proprio percorso di crescita, cogliendo le opportunità dei trend tecnologici, gestendo in modo sinergico i team e costruendo network di valore”.

Naturalmente nessuno può mettere in dubbio la qualità dell’offerta, né le competenze di chi la propone. Sarebbe come mettere in dubbio la competenza di Volkswagen in fatto di motori, o quella di McDonald’s in fatto di hamburger, o di Chiquita in fatto di banane. Ma se Volkswagen finanziasse un corso di motori destinato a giovani disoccupati, di che motori parlerebbe? Che esperti di motori formerebbe? Per costruire motori per chi? Su quanti tipi di hamburger ci formeremmo in un corso finanziato da McDonald’s? Quali metodi di coltivazione e raccolta delle banane impareremmo in un corso offerto da Chiquita?

È del tutto legittimo che un’azienda promuova i suoi prodotti come meglio crede, ma la “formazione” è una cosa diversa: ha a che fare con l’insegnare a pescare più che con il mettere a disposizione del pesce. Tanto più che oggi la tecnologia in generale e l’ICT in particolare hanno, a livello planetario, sempre più a che fare con strumenti open source, con formati standard, con concetti come l’interoperabilità, l’aderenza agli standard e la condivisione di informazioni, di dati, ma anche di conoscenza, E il software è conoscenza. Concetti lontani, al limite antitetici a quelli su cui Microsoft ha costruito la sua fortuna economica e la sua egemonia culturale.

Le persone, soprattutto le nuove generazioni, dovrebbero essere poste nelle condizioni di scegliere liberamente, di trovare la propria “frequenza di risonanza”. Come ha scritto il prof. Davoli, “Ogni studente ha proprie capacità e propri talenti innati, ha frequenze proprie di risonanza. Deve essere esposto a quanti più domini del sapere e metodologie sia possibile. Quando incontrerà una vibrazione simile ad una delle proprie frequenze inizierà a risuonare, e sarà l’inizio di una magnifica avventura”.

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