12 finaliste al Premio Donne Innovative 2017. Una italiana: Mary Franzese

Credici, ricerca attivamente e con tenacia. Così otterrai il lavoro dei tuoi sogni“. Così titolava proprio qualche giorno fa sul suo blog Mary Franzese, 30 anni, una laurea in economia, molteplici esperienze professionali in Italia e all’estero, cofondatrice e Marketing & Communication Manager di Neuron Guard, startup nata a Modena che sta sviluppando un dispositivo medico per il trattamento precoce dei danni cerebrali acuti  come  ictus, arresto cardiaco e trauma cranico  a partire dal luogo dell’evento. Startup fondata nel 2012 insieme a Enrico Giuliani e grazie alla quale Mary Franzese è tra le finaliste dell’EU Prize for Women Innovators 2017. L’ultima donna italiana in finale la si trova 6 anni fa.

Il dispositivo ideato nel 2012 da Enrico Giuliani, allora medico anestesista al Policlinico di Modena e dottorando di ricerca in Medicina Clinica e Sperimentale presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, si compone di un collare refrigerante e un’unità di controllo esterna, mediante i quali fare gestione della temperatura extra corporea sfruttando il principio neuro-protettivo dell’ipotermia terapeutica, ovvero riduzione della temperatura al di sotto dei 37°C per bloccare la morte delle cellule e ridurre significativamente le conseguenze di tali patologie. Un dispositivo salvavita, un defibrillatore per i danni acuti del domani da poter posizionare nei luoghi pubblici in modo da consentire a personale medico e non di intervenire prontamente.

Il percorso dalla nascita dell’idea al prodotto non è certo privo di ostacoli che Enrico, prima da solo e poi in compagnia di Mary, porta avanti con caparbietà. Fino a incassare soddisfazioni come in questi giorni.

Neuron Guard: come sta evolvendo e come evolverà in futuro?

Neuron Guard ad oggi ha raccolto 1.4 milioni di euro dedicati prevalentemente allo sviluppo tecnico scientifico. Abbiamo infatti realizzato i primi prototipi, li abbiamo testati in laboratorio e pubblicato i risultati su una nota rivista scientifica (NeurocriticalCare Journal). Abbiamo investito tanto nella protezione della nostra proprietà intellettuale, ottenendo il brevetto italiano, quello statunitense, e siamo in attesa di risposte in altri 12 Paesi nel mondo. Abbiamo inoltre avviato delle importanti collaborazioni in Italia e in Inghilterra, volte alla realizzazione dei dispositivi che verranno prossimamente utilizzati per i test clinici nell’uomo.

Neuron Guard in futuro sarà un’azienda leader nella realizzazione di dispositivi volti alla gestione della temperatura extra-corporea per il trattamento precoce dei danni cerebrali. Salvare vite, limitare il livello di disabilità, e ridurre i costi socio-sanitari e assistenziali sono solo alcuni dei nostri obiettivi. La nostra vision resta l’ambizione a cui teniamo maggiormente: posizionare i nostri “Neuro Guard Kit” in tutti i luoghi pubblici, così come il DAE (Defibrillatore Automatico Elettronico), per consentire al personale sanitario e ai laici di intervenire precocemente.

Come si arriva da una idea a una startup? Quale il percorso, quali gli ostacoli e come superarli?

Da una idea a una startup si arriva attraverso un percorso fatto di scelte coraggiose e ponderate, incontri, intuizioni, occasioni di confronto, e innumerevoli ostacoli, intesi come opportunità di mettersi alla prova e cimentarsi continuamente in qualcosa di nuovo. Nel mio caso, ciò che ha determinato la svolta nella mia vita, è stata la conclusione di un percorso manageriale – gestione di una cooperativa erogante servizi a supporto ai centri riabilitativi – e il successivo incontro con Enrico, fondatore di Neuron Guard e ideatore del collare refrigerante. Lui, alla ricerca di membri con background economico per la sua startup, ed io alla ricerca di qualcosa che desse una svolta alla mia vita, in grado di darmi carica e motivazione necessaria per dedicarmi con passione ad un lavoro, ci siamo confrontati, abbiamo affrontato insieme un percorso di accelerazione per la nostra startup e dato ad essa un seguito.

Gli ostacoli sono molteplici e dipendono dai settori di riferimento. Nel nostro caso posso dire che quello più “alto” da superare è stata ed è tuttora la ricerca di finanziamenti, superato scegliendo di differenziare il nostro fabbisogno tra impegno personale (siamo stati i primi a credere e ad investire, con il prezioso sostegno delle nostre famiglie), bandi istituzionali e fondi specializzati.

Cosa salva le startup dal fallimento?

La resilienza. Gli americani parlano di pivoting, ovvero della capacità di imparare dagli errori commessi e trovare ricorrenti soluzioni in grado di dare continuità all’azienda. Lo ritengo fondamentale per reinventarsi e scoprire senza sosta qualcosa di nuovo, che sia comunque basato su bisogni reali ed un mercato pronto ad accogliere quanto ideato.

Quali i limiti dello stare in Italia per lei che ha lavorato anche in altri contesti?

Il più grande limite italiano è una visione imprenditoriale miope. In pochi sono disposti a rischiare e a mettersi gioco. Tutti desiderano risultati in tempi rapidi, tralasciando una ponderata analisi dei settori. Nel nostro caso, ad esempio, tutti sanno che il settore delle scienze della vita richiede tempi lunghi ed investimenti ingenti, ma in pochi sono disposti ad accettare questi tempi.

Sono inoltre dell’idea che la nostra società (intesa nel suo complesso) debba dare una maggiore possibilità ai giovani, spesso additati come inesperti sono per la loro età. In realtà, con il tempo e con l’esperienza, ho capito che il futuro è nelle mani di coloro che hanno la capacità di dare seguito alle loro intuizioni affiancati da persone esperte. Quindi, reduce dalle esperienze internazionali, invito tutti a individuare modelli di riferimento e a scegliere  mentor che possano affiancarli in questo percorso di crescita. Come dico sempre, è la squadra che vince, non il singolo. 

Cos’è per lei innovazione? Quali i settori che ne hanno maggiore bisogno e dove c’è a suo avviso maggior spazio per nuove attività imprenditoriali?

L’innovazione per me è un processo di miglioramento continuo, volto alla determinazione di impatti tangibili, sostenibili e durevoli, e a salvare vite umane. Il settore che ad oggi ha maggiormente bisogno di innovare è quello delle scienze della vita, sfruttando le molteplici tecnologie che si stanno affermando. Considero in forte ascesa il settore agro-alimentare, dove c’è una interessante rivoluzione nel modo di prendersi cura di quanto i nostri territori ci offrono.

Quali le caratteristiche indispensabili per una donna imprenditrice? Come il digitale e i social possono aiutare la parità di genere?

Coraggio, intraprendenza, formazione e tenacia. Le donne devono mettersi in gioco, farsi avanti, formarsi, essere sempre curiose di sapere, e non arrendersi di fronte alle difficoltà. Per noi la strada è molto più irta, dobbiamo dividerci tra stereotipi e paletti vari, ma se crediamo fortemente in quello che desideriamo ottenere riusciremo a raggiungere quello che vogliamo. Il digitale ha completamente stravolto la mia vita perché mi ha fatto scoprire un modo nuovo e rivoluzionario di sfruttare al massimo il mio lavoro: in qualunque posto e in qualunque luogo mi dedico a quello che mi compete. Il digitale può pertanto aiutarci a ridurre i diversi divari di genere permettendoci di sfruttare appieno il nostro tempo, sia in ufficio sia a casa con i nostri figli. Credo infatti nelle potenzialità dello smartworking, indispensabile per una maggiore flessibilità lavorativa.

Sogna senza fermarti al sogno. Il segreto delle startup e delle imprese di successo è qui: non nella narrazione del successo, non nello storytelling dell’affermazione e del guadagno facile e alla portata di tutti. Lavoro serio, coraggio, umiltà, impegno costante. E lo sforzo di fare squadra.  Questo è Mary Franzese. Un esempio da copertina per tante ragazze dal sogno facile.

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