Youtube e la tutela del dispetto d’autore

Facciamo un esperimento: prendete uno smartphone o una videocamera o una webcam o un qualsiasi altro dispositivo di acquisizione video, e girate un breve filmato di una scena qualsiasi, avendo l’accortezza di avere la radio (o qualsiasi altro dispositivo atto alla trasmissione di musica) accesa su un canale che trasmetta una canzone, meglio se famosa. Fatto?

Questo video è vostro, giusto? Siete voi, a casa vostra (o ovunque siate) mentre ascoltate la radio. Ne detenete i diritti d’autore, giusto?

E invece no.

Provate infatti a pubblicarlo sul vostro account Youtube; dato che Youtube è di Google, se avete un account Gmail avete automaticamente un account Youtube (se non lo sapevate, adesso lo sapete), altrimenti potete comunque registrarvi. Fatto?

Se tutto è andato bene, dovreste visualizzare da qualche parte, nella pagina di gestione del video, un avvertimento come questo:

Significa che i sistemi di controllo automatico di Youtube hanno riconosciuto la canzone (quella no, non è vostra, neanche se l’avete legalmente acquistata e la state riproducendo dal vostro CD o dal vostro adorato vinile), per cui da adesso in poi questo video – che è vostro – subirà una sorte che dipende molto dalla volontà del detentore del copyright della canzone che stavate ascoltando mentre lo giravate. Tale sorte è indicata nel testo dell’avvertimento. In questo caso veniamo informati che:

  • non possiamo monetizzare – facendoci pagare da Youtube in proporzione al numero di visualizzazioni – il nostro video semplicemente perché il detentore del copyright della canzone lo sta già facendo;

  • non è possibile visualizzare il nostro video su tutti i dispositivi. In particolare, in questo caso abbiamo verificato che il nostro video, così com’è, sarebbe visualizzabile dai computer ma non dagli smartphone.

Gli avvocati di Youtube hanno previsto tutto, anche che la restrizione applicata automaticamente possa essere ingiusta. Esiste quindi la possibilità di chiedere la revisione del provvedimento, cliccando sul link corrispondente. In tal caso la pratica verrà analizzata manualmente e si otterrà una risposta entro un mese, durante il quale il provvedimento verrà sospeso. Ma a noi hanno rigettato la richiesta il giorno dopo, oscurando il video o permettendone la pubblicazione rimuovendo automaticamente l’audio nella parte incriminata.

La prima delle due restrizioni è comprensibile: checché ne pensiate, la canzone non è nostra, anche se l’abbiamo comprata, e noi non possiamo arricchirci con la roba degli altri. In questo caso ci viene anche il dubbio che non potremmo pubblicare un video in cui leggiamo ad alta voce l’ultimo libro di Baricco, o dove mostriamo alcune delle sue pagine: non è forse anche quello materiale tutelato da copyright? Ma non abbiamo provato: provate voi e fateci sapere com’è andata.

La seconda restrizione invece ci pare assai meno comprensibile. Ci sfugge infatti la ratio del criterio che rende la visione del video – il nostro video! – lecita su un computer e illecita su uno smartphone, tanto più che esistono decine di estensioni per i vari browser per PC che permettono lo scaricamento del video per ogni eventuale successiva manipolazione con uno delle decine di programmi di video editing esistenti. Ma certo è colpa nostra se non capiamo perché la visione del video – il nostro video! – possa essere peccaminosa su un display da 5” e virtuosa su uno schermo da 17” in su, solo perché mentre giravamo avevamo lo stereo acceso oppure, come nel nostro caso, stavamo riprendendo una conferenza dove a un certo punto hanno proiettato il video di una canzone. Avrebbe più senso il blocco totale, o la restrizione ai soli smartphone, forse. Ma certo è colpa nostra se non capiamo, se abbiamo più la sensazione che sia un provvedimento fatto per dispetto. Il dispetto d’autore.

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