L’EpicFail di Chick-fil-A in Canada: quando il Web non dimentica mai nulla

Quante volte, in seguito a “social media fail” più o meno clamorosi di questo o quel brand, abbiamo visto orde di persone inferocite dichiarare all’unisono che non avrebbero mai più acquistato niente dall’azienda in questione? È successo un po’ a tutti: catene di ristoranti, negozi di abbigliamento, compagnie aeree. Tutti “colpiti” dalle “promesse di boicottaggio” degli utenti dei social, arrabbiatissimi a causa di un avvenimento negativo legato all’azienda che è diventato virale sul web, e pronti a dichiarare di non voler avere più niente a che fare con il brand in questione.

E quante volte, leggendo quei commenti così infervorati, ci siamo detti che non sarebbe cambiato niente? Ovvero che nessuno avrebbe smesso di comprare vestiti da H&M per protesta contro una fotografia in odore di razzismo, o di volare con KLM dopo un commento poco politicamente corretto a proposito di una partita dei Mondiali di calcio, o ancora di andare da Starbucks nonostante ti vietino di andare in bagno e poi ti fanno arrestare.

Insomma: complice anche la frequenza con cui accadono, ci siamo fatti l’idea che i cosiddetti “shitstorm” ai danni dei brand su social media lascino un po’ il tempo che trovano, almeno in termini d’impatto reale sul brand stesso. E che, nonostante le bellicose promesse dei consumatori, si tratti solo di far calmare un po’ le acque, per potersi lasciare alle spalle il fattaccio e tornare alla normalità.

A quanto pare, però, le cose non vanno sempre così. Ed è proprio vero che il web non dimentica, anche se a volte fa comodo pensare il contrario.

Prendiamo, ad esempio, il caso di Chick-fil-A. Chick-fil-A è una catena di fast food statunitense, con base ad Atlanta, specializzata nel servire piatti veloci a base di pollo. L’azienda conta poco meno di duemila ristoranti, tutti negli Stati Uniti. Nei giorni scorsi Chick-fil-A ha annunciato di voler aprire il suo secondo ristorante sul suolo canadese, più precisamente a Toronto. In Canada è già presente un Chick-fil-A, nelle immediate vicinanze dell’aeroporto di Calgary, ma il business plan dell’azienda prevede di volersi allargare ancora di più sul mercato canadese.

Tuttavia, la notizia dell’apertura di un nuovo ristorante Chick-fil-A ha scatenato un’ondata di proteste da parte dei torontoniani che, sui social, hanno commentato la notizia con uno schietto “qui non siete graditi”:

EpicFail_Chick-fil-A
Twitter via restobiz.ca

Come mai questo muro? Il pollo che servono da Chick-fil-A non è buono? I torontoniani non vedono di buon occhio i fast food “d’importazione”? No, semplicemente i torontoniani hanno buona memoria: e si ricordano bene di quando, nel 2012, Forbes evidenziò come Chick-fil-A avrebbe finanziato per anni, attraverso una delle sue fondazioni, i gruppi politici impegnati contro i matrimoni gay. Si trattava di donazioni importanti, di circa 5 milioni di dollari, in un periodo compreso tra il 2003 e il 2012. Non solo: sempre nello stesso periodo l’azienda avrebbe finanziato, sempre via donazione, la Exodus International, una organizzazione no-profit “specializzata” nelle “cure contro l’omosessualità”. Organizzazione che ha poi cessato le proprie attività nel 2013 e che è stata anche accusata di tortura da diversi “pazienti”.

Ai tempi, l’articolo di Forbes deve aver destato un certo scalpore se, a distanza di sei anni, il pubblico di Toronto è stato in grado di operare un collegamento immediato tra la catena di fast food e la sua attività di finanziamento ai gruppi anti LGBT  che – stando a un recente articolo del New Yorker – continuerebbe a supportare cercando di non dare troppo nell’occhio.

Da un punto di vista sia “social” che “sociale”, il caso di Chick-fil-A è piuttosto interessante, perché parla di un pubblico estremamente competente, informato e attento, in grado di reagire con precisione mettendo in relazione un evento presente – l’apertura in città di un ristorante di una catena di fast food – con una serie di informazioni rese note in passato (e sei anni sono l’equivalente di sei ere geologiche, considerato il brevissimo ciclo di vita che hanno le notizie sul web e le conversazioni che generano…)

Eppure, tutte quelle informazioni su quello specifico brand sono state recepite e assimilate dal pubblico, pronto a ricordarsene quando quello stesso brand è tornato a essere un tema rilevante.
E queste sono state alcune delle reazioni, precise e implacabili:

EpicFail_Chick-fil-A

EpicFail_Chick-fil-A
Twitter via restobiz.ca

Non è che, negli anni, abbiamo assistito a così tante e chiassose “proteste social” divampate rapidamente e altrettanto rapidamente acquietatesi, che abbiamo cominciato a dimenticare quel concetto di “intelligenza collettiva” che un decennio fa ci sembrava tanto evidente? E non è che, con il tempo, le aziende hanno iniziato a pensare che cercare a tutti i costi la polemica a mezzo social fosse un modo efficace per far parlare di sé, dimenticando che sul web nulla sparisce per davvero e ogni informazione è a portata di mano, basta volerla cercare? Il caso di Chick-fil-A – così come quello di Locanda Rigatoni di qualche giorno fa – sembra volerci ricordare proprio questo: il web non è una semplice bacheca pubblicitaria, è un luogo popolato da persone con capacità di azione.

Lesson Learned: Il web non dimentica nulla. E il suo raggio d’azione è potenzialmente illimitato, in ogni momento e da qualsiasi punto del web stesso.

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