Agenda Digitale Italiana: gli impatti sulla PA e l’Open Government che non c’è

Ernesto Belisario è avvocato esperto di Diritto Amministrativo e delle nuove tecnologie. Per Tech Economy cura la rubrica Tech Law.

Continuano i nostri approfondimenti sul tema dell’Agenda Digitale, fatti sulla base delle bozze che proprio TechEconomy ha per prima pubblicato in Rete nei giorni scorsi ed oggi in una versione aggiornata.
Dopo quella a Cristoforo Morandini, questa intervista di approfondimento è fatta ad Ernesto Belisario, avvocato esperto di Diritto Amministrativo e delle nuove tecnologie e titolare della nostra rubrica Tech Law.

1) Cosa è previsto, in sintesi, sul fronte dell’Amministrazione Digitale?

Le disposizioni in materia di digitalizzazione della PA sono assai numerose, tanto che – di fatto – il lettore ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un nuovo decreto correttivo del Codice dell’Amministrazione Digitale più che all’Agenda Digitale.
Nella bozza si fa riferimento al nuovo tentativo per un documento di identità digitale e alla creazione di un’anagrafe del domicilio digitale dei cittadini; si prova a rendere più semplici le comunicazioni via PEC tra PA e utenti e a digitalizzare le procedure di acquisto di beni e servizi, oltre ad introdurre ulteriori misure per la trasparenza on line degli Enti (con un timido accenno agli Open Data).
Ci sono, poi, alcune disposizioni su settori specifici come l’istruzione (fascicolo elettronico dello studente e libri in versione digitale) e sanità (digitalizzazione di fascicolo sanitario, cartella clinica, prescrizioni e certificati medici).

2) In sostanza, cosa cambia rispetto ad oggi?

Può sembrare una provocazione, ma con l’approvazione del decreto cambia davvero poco: forse, cambierà qualcosa nel prossimo futuro. Mi spiego meglio.
Tutte le innovazioni innanzi accennate sono subordinate all’adozione di regole tecniche e decreti attuativi che dovranno essere emanati in seguito. E, purtroppo, la storia recente della digitalizzazione della PA italiana è piena di decreti attuativi mai adottati o pubblicati con grandissimo ritardo rispetto ai tempi previsti. Basti pensare, ad esempio, alla fatturazione elettronica. È obbligatoria dal 2008 nei rapporti con la PA, ma solo sulla carta: siamo ancora in attesa delle regole tecniche!
E comunque, in generale, si tratta di disposizioni poco innovative che hanno l’unica finalità di completare un quadro normativo (quello del CAD) disegnato ormai otto anni or sono.

3) Cosa avrebbe dovuto e potuto esserci, ma non c’è?

L’elenco è lungo: mancano obblighi chiari e cogenti in materia di Open Data, norme decise sullo switch-off per la gestione digitale dei procedimenti amministrativi e i servizi on line, una revisione del sistema pubblico di connettività e una modifica della legge sulla comunicazione pubblica che tenga conto del Web sociale.
Ma, soprattutto manca una visione organica, un‘idea di amministrazione moderna ed efficiente e mancano le risorse necessaria a digitalizzare davvero la PA italiana.
Per non parlare del fatto che non si riesce a trarre insegnamento dagli errori del passato; un esempio su tutti: la CEC-PAC (la mini-Pec regalata ai cittadini) è stata un fallimento, perché non abrogarla?
Dal punto di vista di tecnica della normazione, mancano poi disposizioni incisive, in grado di cambiare le cose al momento della pubblicazione in GU, senza rinvio a decreti attuativi.

4) Mancano ancora pochissimi giorni alla presentazione ufficiale del documento. Se potesse suggerire la famosa “modifica dell’ultimo minuto”, ci sarebbe qualcosa di utile da aggiungere, o da togliere? e se si, cosa?

È davvero difficile mettere mano ad un articolato così vago ed eterogeneo e, a quanto pare, la versione finale subirà un ulteriore “dimagrimento” rispetto alle bozze che stanno circolando.
Di getto, direi un obbligo per tutte le amministrazioni a fare Open Data per le informazioni più rilevanti: bilanci, criminalità, salute.
Tante idee possono essere prese anche dalle (ben) due consultazioni pubbliche attivate sull’ADI. Non mi sembra che il Governo – dopo aver stimolato contributi e partecipazione – ne abbia tenuto davvero conto

5) Se dovesse sintetizzare il risultato del lavoro fatto in seno all’ADI in un Tweet, che tweet ne uscirebbe?

Non è questa l’Agenda Digitale di cui il Paese ha davvero bisogno #occasioneperduta

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2 COMMENTS

  1. Visto che mi occupo di innovazione tecnologica in un Comune, vorrei sottolineare l’assoluta impraticabilità dell’art. 9, nella parte che riporto:
    Art. 9
    Comunicazioni di nascita e morte in via telematica
    2. Il certificato di cui all’articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica 3
    novembre 2000, n. 396, rilasciato dal medico necroscopo o altro delegato sanitario, è
    trasmesso dal medesimo per via telematica direttamente all’Istituto nazionale per la
    previdenza sociale. INPS, utilizzando il sistema di trasmissione di cui al decreto del
    Ministro della salute 26 febbraio 2010, e da questo inoltrato immediatamente, in modalità
    telematica, alle amministrazioni competenti.

    ….. ve la vedete l’INPS che smista certificati a tutta l’Italia? teniamo presente che per la redazione dell’atto di morte la competenza è del Comune e ci 3 (tre!!!!) giorni di tempo per fare l’atto, e il Comune competente è quello dove è avvenuto il fatto.

    Non sarebbe più logico dire che il medico competente invia il certificato al Comune, il quale provvede ad aggiornare i dati per gli altri enti attraverso l’INA SAIA (norma già in vigore da tempo), che tra l’altro si collega all’Anagrafe Nazionale???

    Abbiamo qualche speranza che qualcuno ascolti queste poche osservazioni??
    grazie per l’attenzione

  2. Questo è il blog giusto per tutti coloro che vogliono capire qualcosa su questo argomento. Trovo quasi difficile discutere con te (cosa che io in realtà vorrei… haha). Avete sicuramente dato nuova vita a un tema di cui si è parlato per anni. Grandi cose, semplicemente fantastico!

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