Mario Monti non solo ha aperto la sfida elettorale con la sua “salita” in campo tra Natale e capodanno ma è anche entrato strategicamente nella logica della comunicazione online premendo l’acceleratore sulla relazione tra mainstream media e social network che, al momento, lascia gli altri politici distaccati in una eventuale rincorsa. Potrebbe essere questo il tipping point della comunicazione politica in epoca di web sociale e le prossime settimane saranno cruciali per capire quanto conterà usare tatticamente la Rete. E dovremo non essere prevenuti nei confronti di quei politici che con l’umiltà di appropriarsi di un linguaggio apriranno account o inventeranno iniziative digital di engagement ma allo stesso tempo dovremo essere attenti all’uso arrogante dei media partecipativi che rischiano di diventare, quando va bene, l’ennesimo flyer dentro la buchetta della timeline o, quando va peggio, un palcoscenico in cui misurare a colpi di follower la propria notorietà.
Per questo il Twitter Time che Mario Monti ha tenuto nella giornata di sabato 5 gennaio va osservato attentamente, perché si tratta di un gesto importante di potenziale apertura al confronto con i cittadini e nel suo svolgimento mostra i limiti di appropriazione di linguaggio e nella capacità di cura dei contenuti. Non mi soffermerei però sul video postato ribaltato e ad imbarazzante risoluzione – peraltro quasi immediatamente tolto – né sulle foto sfuocate di accompagnamento dell’evento, o su qualche ingenuità che un early adopter nota: questo lo considero il lato più umano della “salita” online, quello da cui puoi imparare a migliorare la tua presenza su un social network leggendo i commenti ironici o i consigli che vengono dati da follower e commentatori nei blog.
Quello che conta è più profondo, ha a che fare con il “senso” che la tattica su Twitter del @SenatoreMonti produce e sui significati simbolici che vediamo emergere dal suo “farsi” online. Basta leggere le posizioni critiche e gli status dei fan che hanno percorso il web per trovare il “precipitato” del senso che questo modo di abitare da politici la Rete genera e che richiede di essere osservato criticamente.
Il @SenatoreMonti ha aperto la prima campagna politica italiana veramente social e con il Twitter Time ha cominciato la disintermediazione con i cittadini.
È vero, Mario Monti ha scelto di utilizzare tatticamente Twitter e la manciata di tweet che dall’apertura del 23 dicembre alla prima settimana del 2013 hanno caratterizzato il suo account sono tra l’autopromozionale (in quale salotto televisivo o programma radiofonico sarò) e il funzionale alla ripresa dei media mainstream: un presidente del consiglio (uscente) che twitta è di per sé una notizia in questo contesto giornalistico “drogato” dall’hype per Twitter. Il Tweet delle 6.24 del pomeriggio del 28 dicembre, mezz’ora prima della sua dichiarazione della “salita” in campo, è un’occasione persa: “Pomeriggio di lavoro intenso. Conferenza stampa sala Nassirya al Senato ore 19.00”: è la solita informazione sulla sua presenza ad una conferenza stampa, avrebbe potuto anticipare ai suoi follower le sue intenzioni, anche accennandole: “lì farò un annuncio che ci coinvolgerà tutti”. Se i segnali sono questi allora quelli non sono follower ma audience e i tweet sono il laconico comunicato stampa che trova un mezzo oggi più adatto per farsi leggere. Il che va benissimo ma non possiamo parlare di disintermediazione. Invece una campagna politica in chiave social è anche questo, la capacità di disintermediare i rapporti ed entrare direttamente nella sfera pubblica connessa. Questo non vuol dire rispondere ad ogni follower che ti fa domande insensate o re-twittare ogni banalità da fan ma trovare il proprio tono di voce e stile politico online. Di esempi ce ne sono, anche in Italia. Invece è facile cadere nel luogo comune della celebrity che entra su un social network e lo usa secondo un senso mainstreamizzato che fa perdere le potenzialità di effettivo engagement. E anche il question time via Twitter così strutturato è uno straordinario strumento di coinvolgimento dei cittadini online ma anche una magnifica operazione di visibilità per i media e mantenere l’equilibrio giusto è difficile, si finisce per scegliere fra le poche domande a cui necessariamente si risponde quella del TG1 – peraltro quella tipologia di domanda era presenta anche in altre utenti – , privilegiando un operatore della intermediazione.
Sì ma ha aggiunto più di 37.000 follower in un’ora arrivando ad un totale di oltre 107.000.
È vero, secondo una logica mainstream ha aumentato la sua audience. Potenziale. Vale la pena ricordare però che i follower non sono voti né persone che ti leggono con costanza: semplicemente ti consentono di stare nella loro timeline. Sull’onda della notorietà di un utente, di un particolare #hashtag, di un tweet significativo molto retwittato ecc. molti possono aggiungerti nella propria timeline personale. Questo non è automaticamente un endorsement a tuo favore né una dichiarazione di voto. E le ricerche mostrano come nel tempo esista una fluttuazione dei follower che hanno anche imparato, nella maturità del mezzo, a disabbonarsi da te, ripulendo di tanto in tanto la propria timeline. Guarda Nichi Vendola e il calo quotidiano che ha avuto negli ultimi mesi.
Insomma: non è la quantità della tua audience ma la qualità della conversazione che sai produrre a definire la tua reputazione online. E un politico che “sale” in Rete può anche immaginare di pensare quel luogo come un modo diverso di confronto con i cittadini o come ambienti in cui informarli, come occasione di sviluppare logiche diverse di engagement, chiamarli ad agire, ecc. La via della conversazione è più impervia di quella del presenzialismo, ma credo non solo che ripaghi ma che sia il modo più naturale di abitare la Rete, sviluppando una tensione verso l’opengov che una politica matura, oggi, deve promuovere ad una cittadinanza matura.
Sì, appunto, fare un question time su Twitter è un modo di fare opengov e confrontarsi con i cittadini.
Partiamo dal confronto con i cittadini del Twitter Time. Su 16 risposte solo 5 provengono da cittadini comuni. Le altre domande selezionate provengono da influencer (online o offline). La scelta di partire rispondendo alla domanda di @tigella ha un valore simbolico. Claudia Vago è particolarmente nota online e offline in quanto attivista e curator nella politica dei movimenti. Strategie simile a quella delle micro-celebrity che aumentano la propria visibilità relazionandosi con personalità social. Lo considero un primo passo falso che comunica un sapore vagamente elitario dell’uso di questa occasione.
Oppure prendete la domanda di @iabicus “Caro @SenatoreMonti, riesce a farcelo un sorriso almeno qui…? Non è difficile: due punti, trattino, parentesi tonda chiusa. #montilive”, il fatto che venga scelto di rispondere ad una domanda così non dipenderà dal fatto che Paolo Iabichino è un notissimo creativo che scrive anche per Wired ed è molto seguito dall’élite del web italiano? Dal punto di vista della comunicazione al risposta è stata il momento “evento” del Twitter Time: “@Iabicus 🙂 … 🙂 (basta così ?). Grazie! #MontiLive @scelta_civica”: quello smile è diventato news in pochi minuti e lo abbiamo visto riproporre nei TG e nelle pagine dei quotidiani. Efficace per creare buzz, un ottimo “osso” per i watchdog dell’informazione nostrana. Per me un’occasione persa per selezionare una delle tante domande “politiche” che i cittadini a basso Klout facevano.
Parliamo delle risposte: a fronte di molte domande percentualmente interessanti ed intelligenti ne ha scelte poche ma significative a cui ha risposto in modo vago e generico. Era più rilevante l’evento in sé e per sé a fini di propaganda elettorale che il contenuto. Qui il mezzo era il contenuto, il fatto di esserci, di essere il primo politico italiano che ecc. ecc. come Obama ecc. ecc. Eppure Twitter è anche altro, è la possibilità di sfruttare il mezzo per generare contenuti che siano connessi alle relazioni sociali. Il valore sociale (e politicamente strategico) di un tweet sta nella sua capacità di generare circulation: se guardate i bassi livelli di preferenza e retweet delle risposte date da @SenatoreMonti capite quanto siano state percepite come poco significative e con bassa propensione a rilanciarle nella propria timeline. La più riuscita è quella a @iabicus con l’ormai famoso emoticon sorridente.
Per cui no, non è un’operazione di opengov è comunicazione elettorale che sfrutta il mezzo per un fine, quello dell’occupazione del territorio mediale. E quello offline attraverso quello online, Twitter che occupa TV e giornali. Operazione legittima sia chiaro, ma non pensiamolo come opengov se no abbasseremmo l’asticella della crescita dei diritti alla trasparenza e alla partecipazione civica di questo Paese troppo in basso. Invece abbiamo bisogno di alzarla.
In definitiva quello che abbiamo sotto gli occhi è un interessante momento di possibile sviluppo di un contesto discorsivo e di engagement tra i cittadini e la politica che trova i suoi limiti nel fascino elitario e le logiche di celebrity che i social network incorporano in Italia in questo momento.
È indubbio che tutto questo interesse per Twitter in questo preciso momento storico dipende dal fatto che viene percepito dai politici come un luogo in cui sono presenti le élite che contano, i giornalisti e altri influencer e celebrities e che comunicare da lì garantisce visibilità in altri luoghi mediali. E che Twitter nel suo diventare mainstream, anche per opera dei giornalisti e degli influencer, ha creato un ambiente adatto a dinamiche da celebrities cui seguono logiche da fan: se leggete alcuni commenti ultra entusiasti di utenti follower di @SenatoreMonti assomigliano più a quelli dei beliebers che a quelli di cittadini.
Sarebbe bello che, consapevoli di questo, sfruttassimo tutti assieme, politici e cittadini, questo tipping point e l’occasione elettorale per sfidarci alzando quell’asticella dell’opengov e della cittadinanza digitale matura andando oltre la propaganda ed imparando dai nostri errori.
Complimenti Giovanni. Ottimo articolo.
Avrei rimarcato ulteriormente che non è tanto importante il fatto che sia arrivato su Twitter Monti, di politici che stanno utilizzando il mezzo ne abbiamo un sacco.
Forse la cosa da sottolineare di più è che è la prima volta che lo fa un presidente del consiglio.
Come dici giustamente tu non sono voti certi i follower, dall’altra però si denota come il fare politica non possa non tener conto del famigerato web 2.0.