La campagna di sensibilizzazione circa la libertà di scelta del router con il quale navigare è nata qualche mese fa, sostenuta da una interrogazione parlamentare presentata a novembre dal deputato del gruppo Civici e Innovatori, ex M5s, Ivan Catalano e, più di recente, da Agcom che a dicembre dovrebbe aver invitato i gestori telefonici a consentire la scelta libera del modem ai propri clienti.
Particolarità tutta italiana quella del modem legato all’operatore, visto che la norma europea, ossia l’art. 3 del Regolamento UE 2120/2015, dice che ogni utente della rete è libero di scegliere l’apparecchiatura terminale di propria scelta e che gli operatori devono garantire questo diritto. “In Germania ad esempio – afferma Ivan Catalano – c’è una legge nazionale, antecedente l’entrata in vigore del regolamento europeo ma considerata coerente con esso, che prevede espressamente la massima tutela degli utenti e vieta agli operatori di imporre contrattualmente modem e router“.
Perché #modemlibero?
La prima ragione, forse non immediatamente percepibile dai consumatori, è quella di proteggere la #NetNeutrality, impedendo che l’operatore, tramite la configurazione del dispositivo, possa privilegiare determinati contenuti a scapito di altri. Il terminale è la parte della rete più vicina all’utente, quella che gli garantisce il libero accesso alla rete stessa. L’utente deve poter anche decidere la tecnologia da utilizzare, scegliendola sul mercato tra più opzioni. Sembra una cosa da poco ma, per un utente esperto o per un’azienda, poter gestire direttamente i problemi legati ai terminali di connessione, senza dover passare per un operatore, gli consente di risparmiare giorni e giorni di lavoro in caso di guasti, nonché di personalizzare la rete sulla base delle proprie necessità. Inoltre, magari per raggiungere economie di scala, gli operatori potrebbero accordarsi per continuare a utilizzare gli stessi dispositivi per un numero indefinito di anni, frenando lo sviluppo tecnologico dell’intero settore. L’assenza di una sana concorrenza, basata sulla migliore tecnologia disponibile, si ripercuoterebbe inevitabilmente anche sui prezzi dei device. In più c’è un altro vantaggio per l’utente: in caso di scoperta di una vulnerabilità sul dispositivo di accesso alla rete, l’operatore Internet non è in grado di fornire tempestivamente assistenza, o meglio lo fa secondo i suoi tempi, mentre se l’utente ha la libertà di scegliere e configurare il device può velocemente ripararlo, nel caso tramite tecnici di fiducia, o nel peggiore dei casi acquistarne subito un altro. Ultima cosa molto importante, la restituzione del router fornito dall’operatore è un ostacolo alla libertà di cambiare operatore quando si vuole, una vera e propria barriera all’uscita. Quando hanno sbloccato gli smartphone, rendendo disponibili gli APN liberamente, il mercato è esploso e la libertà degli utenti ne ha tratto vantaggio.
Gli operatori adducono motivi di sicurezza: hanno ragione o si tratta di un metodo per eludere la normativa?
Per alcuni tipi di connessione l’argomentazione degli operatori potrebbe anche essere fondata. Questi casi, però, sono estremamente limitati, e non riguardano la tipica rete domestica o aziendale. Per queste ultime, anzi, la possibilità per l’utente di avere il suo terminale è motivo in più per stare sicuro, consentendogli di rimediare prontamente a eventuali problemi. Quindi, salvo limitatissime eccezioni, quella della sicurezza è una scusa per eludere la normativa.
Quali i vantaggi per l’utente nel poter “mettere le mani” sulle configurazioni del proprio modem, o addirittura cambiarlo?
Vuol dire customizzare le prestazioni, controllare pienamente i dispositivi connessi alla rete interna, vuol dire poter aggiornarsi alla migliore tecnologia disponibile e sfruttare al massimo le prestazioni della banda. C’è un aspetto che vale la pena sottolineare e che potrebbe rappresentare uno scenario futuribile. Quando in casa avremo tutti i dispositivi connessi, il router dell’operatore sarà a tutti gli effetti un dispositivo potenzialmente sotto il controllo dell’operatore. La privacy dell’utente verrebbe compromessa. Se invece il device è di proprietà l’operatore non può metterci mano e non può, ad esempio, limitare un servizio internet su un particolare modello di smart-tv. Pensiamo a Netflix: se un operatore facesse accordi commerciali per poter dare piena banda solo ai suoi clienti che acquistano un determinato televisore su cui vedere film da quella piattaforma, limitando tutto il resto, questo sarebbe un problema non indifferente.
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