Coronavirus, Sense of Community e sostenibilità futura 

“Per educare un bambino ci vuole un intero villaggio”
Proverbio africano

In questi giorni drammatici di Coronavirus, si parla molto di comunità e Sense of Community.

Che cosa intendiamo quando parliamo di questo e come possiamo svilupparlo?

Come scrivo in Sense of Community, se guardiamo a una comunità vediamo che è un insieme di individui che condividono lo stesso ambiente fisico e tecnologico, formando un gruppo riconoscibile, unito da vincoli organizzativi, linguistici, religiosi, economici e da interessi comuni.

Il senso di comunità che da sempre accompagna l’uomo, oggi acquista un nuovo e particolare valore. Su Internet ad esempio stiamo assistendo alla continua nascita di spazi collettivi: le community, luoghi virtuali dove ci si conosce e si condividono passioni, idee o semplicemente si passa il tempo, oppure dove la partecipazione e il confronto si basa su tematiche importanti.

Nel mondo attuale dove il cambiamento e l’inimmaginato ci travolgono con la loro velocità e la loro immaterialità, il senso di appartenenza forse è la risposta giusta alle incertezze che si vivono quotidianamente nel privato e negli ambienti di lavoro.

Partendo da un approccio psicologico si osservano le differenze tra come un individuo si rapporta alla comunità di appartenenza ed alla società. Nel primo caso l’individuo gode di una rete di protezione che gli consente di evitare traumi, ma limita un suo pieno sviluppo. E qui ritorna il concetto della comunità come famiglia allargata, con i suoi pregi e difetti. Nel rapporto con la società il singolo è più esposto al mondo, ma allo stesso tempo è più libero di sviluppare le sue potenzialità. Se nella società si fa riferimento principalmente ai fini dell’individuo, nella comunità prevalgono gli obiettivi condivisi e la solidarietà.

In questi momenti dolorosi che stiamo vivendo si è visto che non è necessario il contatto fisico o la vicinanza geografica per creare un’identità comunitaria, se ci sono comunicazioni efficienti e comuni obiettivi: sono le comunità virtuali.

Nel 1974, il libro dello psicologo Seymour Sarason ha introdotto il concetto di “senso psicologico di comunità” e ha proposto di diventare il centro concettuale per la psicologia di comunità, affermando che il senso psicologico di comunità “è una delle basi più importanti per l’auto-definizione “.

“La percezione della similarità con gli altri, una riconosciuta interdipendenza, una disponibilità a mantenere questa interdipendenza offrendo o facendo per altri ciò che ci si aspetta da loro, la sensazione di appartenere ad una struttura pienamente affidabile e stabile”.

Nel corso del dibattito sul costrutto di senso psicologico di comunità, McMillan e Chavis (1986) aggiungono che il “senso di comunità è un sentimento che i membri hanno di appartenenza, un sentimento che i membri questione l’uno all’altro e al gruppo, e di una fede condivisa che ha bisogno di soci ‘saranno raggiunti attraverso il loro impegno ad essere insieme”.

Secondo Leonard Greenhalgh, nel suo articolo “Managing Strategic Relationship: The Key to Business Success” il successo organizzativo del XXI secolo è dovuto alle aziende che sostengono, promuovono e proteggono i rapporti di collaborazione nella loro organizzazione e all’esterno. Greenhalgh aggiunge che un maggior vantaggio competitivo si ha quando le relazioni sviluppano il senso di comunità e un manager è tanto più efficace quanto più gestisce le relazioni con i subordinati, i fornitori, i clienti, i concorrenti. “Se le persone, i gruppi e le organizzazioni si focalizzano su un obiettivo comune,” scrive, “è la strada giusta verso il vantaggio competitivo”.

Nel suo libro, Community: The Structure of Belonging, Peter Block, una voce autorevole in tema di apprendimento sul posto di lavoro e performance, scrive: “Gran parte dei miglioramenti sostenibili nelle comunità avviene quando i cittadini scoprono il proprio potere di agire, quando smettono di aspettare che siano dei leader professionali o eletti a fare qualcosa, e decidono che possono reclamare per sé ciò che hanno delegato ad altri”.

Per creare questo tipo di atmosfera e permettere il fiorire di uno spirito di comunità, occorre una cultura solida e motivante. Le persone devono sapere dove si trovano.

Vorrei concludere di come potranno cambiare le nostre aziende. Anche qui la realtà è in continua evoluzione, mentre per anni il modello aziendale ha costituito un mito indistruttibile per tutto ciò che concerne l’organizzazione, ora sempre di più le aziende prendono spunto da concetti e da forme organizzative tipiche, per esempio del no profit o delle ONG. Già Tapscott e Williams in Wikinomics e in Macrowikinomics avevano parlato di questo, ma oggi termini come empatia organizzativa, business collaboration, community entrano direttamente nel linguaggio aziendale. È ormai appurato che se non si costruisce un ecosistema in cui coevolvono i nostri collaboratori, i nostri fornitori e i nostri clienti, in futuro, data la complessità del nostro mondo fatto di innovazione tecnologica rapidissima e globalizzazione, non sarà difficile fare business, ma sarà semplicemente impossibile. Ecco quindi che l’azienda, come dicono Tapscott e Williams, sarà costituita da una serie di “reti di capitale umano” sempre più distribuitecollaborative e basate sull’organizzazione autonoma – che traggono conoscenze e risorse dall’interno come dall’esterno.

Quando usciremo da questa terribile emergenza sanitaria, il capitalismo non sarà più lo stesso e speriamo che lo spirito di comunità che si è creato e che si è sviluppato in questi giorni possa influire sul disegno di una società e di una economia ben più sostenibile di quella attuale.

 

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Roberto Panzarani è docente di Innovation Management. Studioso delle problematiche relative al capitale intellettuale in contesti ad elevata innovazione e autore di svariate pubblicazioni. Da molti anni opera nella formazione in Italia. Esperto di Business Innovation, attualmente si occupa dello sviluppo di programmi di innovazione manageriale per il top management delle principali aziende e istituzioni italiane e internazionali. Viaggia continuamente per il mondo, accompagnando le aziende italiane nei principali luoghi dell’innovazione dalla Silicon alla Bangalore Valley, all’Electronic City di Tel Aviv, ai paesi emergenti del Bric e del Civets. L’intento è quello di facilitare cambiamenti interni alle aziende stesse e di creare per loro occasioni di Business nel “nuovo mondo”. L’ultimo suo libro è “Viaggio nell'innovazione. Dentro gli ecosistemi del cambiamento globale”, Guerini e Associati, 2019.

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