L’economia circolare definisce uno scenario dello Sviluppo sostenibile in grande fermento e dalle prospettive sempre più interessanti. È un’opportunità e una risorsa da cui ci si attende molto in termini di decarbonizzazione. Ma non è sempre facile orientarsi all’interno di un mondo dai confini ampi e sfumati.
Di fatto oggi non esiste neppure una definizione univoca di Economia circolare. Secondo un articolo accademico del 2017 di tre ricercatori e studiosi inglesi, esistevano già circa 115 definizioni di Economia circolare. Oggi potremmo essere arrivati tranquillamente a quota 150 o forse molte di più. In pratica, c’è spesso un caos concettuale attorno a questo principio. Allo stesso tempo, per sapere che cosa è l’Economia circolare bisogna analizzarla nella sua complessità, non ingabbiarla in una definizione sintetica.
Per saperne di più, o per approfondire alcuni aspetti specifici, si può quindi attingere a una vasta gamma di fonti d’informazione. Ne accenniamo e proponiamo qui solo alcune, un piccolo panorama da cui si può aprire una finestra sul vasto mondo della Circular economy, e le sue varie dinamiche e sfaccettature.
Il ‘faro’ della Ellen MacArthur Foundation
Innanzitutto, per farsi un’idea più precisa sul tema, si può ad esempio attingere da due pubblicazioni di Edizioni Ambiente specificamente dedicate all’argomento: ‘Che cos’è l’Economia circolare‘, scritto da Emanuele Bompan e Ilaria Brambilla; e poi ‘Economia circolare per tutti‘, di Walter Stahel. La casa editrice Egea ha invece pubblicato ‘Circular economy‘, firmato da Peter Lacy, Jacob Rutqvist e Beatrice Lamonica.
Nel 2009 viene fondata la Ellen MacArthur Foundation, che costituisce uno dei più autorevoli punti di riferimento in questo campo. Le analisi della fondazione sono ampie e metodiche: partono da numeri (i prezzi delle Commodities aumentati del 150% tra i 2002 e il 2010, cancellando la diminuzione degli ultimi 100 anni), per arrivare ad altri numeri (il mezzo milione di posti di lavoro creati nell’Unione europea dalle attività di riciclo). E la definizione di Economia circolare che la Ellen MacArthur Foundation ha dato è considerata la più efficace: “Un’economia industriale che è concettualmente rigenerativa e riproduce la natura nel migliorare e ottimizzare in modo attivo i sistemi mediante i quali opera”.
Un altro libro, ‘Building a sustainable society‘, fu scritto nel 1982 da
Lester Brown, fondatore e direttore del World Watch Institute, ed era pensato come un appello alla decarbonizzazione per la nazione americana che stava iniziando a superare la crisi petrolifera della metà degli anni Settanta.
L’anello mancante tra l’economia lineare e un mondo Green
Nel 2015 la Commissione europea presenta il pacchetto sull’economia circolare chiamato ‘L’anello mancante: un piano d’azione europeo per l’economia circolare’, che rappresenta un po’ l’avvio, lo Start, delle azioni e politiche comunitarie sul tema. Fonti di informazioni possono essere anche la Commissione mondiale su ambiente e sviluppo (World commission on environment and development, Wced), delle Nazioni Unite, il Wuppertal Institute for Climate, Energy and Environment, oltre al magazine Nature, il sito web del Circular economy network.
Su Instagram tra i profili più seguiti ci sono ad esempio quelli dei fratelli documentaristi Alex e Tyler Miffin (@thewaterbrothers), di Tim Silverwood (@Timsilverwood) e Immy Lucas (@sustainably_vegan).
Tra i più noti Influencer italiani che si possono seguire su Twitter ci sono Alfonso Pecoraro Scanio, già ministro dell’Ambiente, oggi presidente della Fondazione Univerde, ma anche Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, o l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), presieduta da Enrico Giovannini.
Le ‘origini’ partono da una navicella spaziale
E per quanto riguarda le ‘origini’, concettuali e nella letteratura accademica, della Circular economy, queste risalgono almeno alla metà degli anni Sessanta, per poi svilupparsi e ‘ramificarsi’ nel corso dei Settanta e Ottanta.
Nel 1966 l’economista Kenneth Boulding introduce, in ‘The Economics of the Coming Spaceship Earth‘, l’idea della Terra come una navicella spaziale che ha a disposizione un quantitativo limitato sia di risorse sia di possibilità di smaltimento dei rifiuti: la nostra sopravvivenza appare dunque legata alla capacità di usare bene e custodire con cura quello che abbiamo a disposizione rigenerando i materiali che utilizziamo.
Un processo naturale che può essere circolare
Subito dopo, nel 1971, un maestro dell’ambientalismo, Barry Commoner, scrive nel celebre ‘Il cerchio da chiudere’: “Il sistema vitale terrestre si basava su una risorsa non rinnovabile, sull’accumulo geochimico di sostanza organica: la sopravvivenza divenne possibile solo grazie alla comparsa dei primi organismi che svilupparono la fotosintesi (…). Questi nuovi organismi utilizzarono la luce solare per fissare il carbonio dell’anidride carbonica e alcune sostanze inorganiche in materiale organico. Fu un evento cruciale, che permise di riconvertire il primo rifiuto di una forma di vita, l’anidride carbonica, in sostanza alimentare, cioè in composti organici. Il cerchio si chiudeva: un processo che era fatalmente lineare diventa circolare, con la possibilità di autoperpetuarsi”.
‘Dalla culla alla culla’, ovvero edifici come alberi
Con Commoner il concetto diventa molto chiaro sul piano scientifico, ma ancora non se ne coglie del tutto la valenza economica, che comincia a trasparire meglio con l’intervento dell’economista Walter Stahel che assieme a Geneviève Reday-Mulvey traccia, in un rapporto per la Commissione europea del 1976 (‘Potential for Substitution Manpower for Energy’), il profilo dell’economia circolare in senso moderno, cioè sottolineando le potenzialità dal punto di vista dell’occupazione e della competitività economica oltre che del ridotto impatto ambientale e della diminuzione dei rifiuti. Nel 1982 sempre Walter Stahel, assieme a Orio Giarini, crea a Ginevra il Product-Life Institute per esplorare la frontiera del nuovo modo di intendere l’economia.
Nel 2002 esce ‘Dalla culla alla culla’, che si trasforma rapidamente in un testo sacro del settore. I due autori, William McDonough e Michael Braungart, disegnano uno scenario opposto a quello della ‘vecchia’ economia lineare: con edifici paragonati agli alberi perché producono più energia di quella che consumano e purificano le acque di scarico. Sono passati quasi vent’anni, idee, progetti e tecnologie ci sono, gli ‘edifici come alberi’ ancora no.
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