3 lezioni dal libro di Jeremy Rifkin “Un green new deal globale”

Sostenibilità, innovazione, sviluppo e responsabilità. Se si dovesse sintetizzare solo in quattro parole il libro dell’economista americano Jeremy RifkinUn Green New Deal Globale” si potrebbero usare queste, insieme a zero carbon.

Siamo di fronte a un’emergenza globale. Gli scienziati ci dicono che il cambiamento climatico indotto dall’uomo con l’impiego di combustibili fossili ha portato la razza umana e i nostri amici animali alla sesta estinzione di massa della vita sulla Terra”. La frase che introduce il libro di Rifkin non lascia spazio a molte interpretazioni, anche se viene utilizzata non tanto per fare del pessimismo, quanto per lasciare una speranza al Green New Deal per quei “nativi digitali, pronti a imprimere il loro marchio sulla nazione dei prossimi decenni e ansiosi di farlo”.

Quali sono le lezioni che si possono apprendere leggendo questo libro che lancia una sfida già nel sottotitolo “Il crollo della civiltà dei combustibili fossili entro il 2028 e l’audace piano economico per salvare la Terra”? Quali sono i suggerimenti che possiamo cogliere nelle pagine scritte da Rifkin alla luce di una crisi da Covid-19 paragonata da molti alla crisi climatica in atto?

1. La connessione è al centro di questa rivoluzione

Gli elementi che contraddistinguono una rivoluzione industriale secondo Rifkin sono tre: un mezzo di comunicazione, una fonte di energia e un mezzo di locomozione. Tra la prima e la seconda rivoluzione industriale, infatti, si è passati dal telegrafo al telefono, alla radio e alla televisione; dal carbone al petrolio; dalle locomotive ai veicoli a combustione interna. Questa terza rivoluzione, suggerisce Rifkin, è quella della connessione, dell’internet delle cose che dà vita all’internet delle comunicazioni, internet delle energie rinnovabili e internet della mobilità, connesse da un’infrastruttura pubblica e intelligente. “L’intreccio tra l’internet delle comunicazioni e l’internet dell’energia rinnovabile – si legge nel libro – rende possibile la realizzazione e la messa in opera dell’internet della mobilità e della logistica autonome. La convergenza tra questi tre internet costituisce il nocciolo della piattaforma internet delle cose per la gestione e il trasporto di beni e servizi, e la fornitura della relativa energia, in un’economia da terza rivoluzione industriale”.

2. L’economia pienamente digitale porterà grandi benefici

La transizione verso un’economia completamente digitale e la terza rivoluzione digitale, in termini di efficienza aggregata, significherà un salto ben superiore ai guadagni ottenuti dalla seconda rivoluzione industriale nel XX secolo”. Secondo Rifkin, il passaggio a una piattaforma internet delle cose porterà nei prossimi venti anni l’efficienza energetica ad aumenti che arriveranno a toccare il 60%, “portando a un sensazionale aumento della produttività durante la transizione verso una società post carbonio basata quasi al 100% su energie rinnovabili e verso un’economia circolare altamente resiliente”. La transizione dovrà essere, secondo l’economista americano, comunque giusta e non lasciare indietro nessuno. “Abbiamo bisogno di una visione economica e di un Green New Deal per il mondo. Deve essere convincente e attuabile nelle grandi città, nelle piccole città e nelle comunità rurali. E dovrà essere implementata rapidamente e scalata entro vent’anni o giù di lì se vogliamo rispettare la scadenza di decarbonizzare l’economia globale e di rienergizzarla con elettricità verde e servizi sostenibili. Dovremmo fare un passo indietro, quindi, e porci la domanda: “Come emergono i grandi cambiamenti del paradigma economico nella storia?” Se lo capiamo, allora possiamo agire e i governi di tutto il mondo possono redigere tabelle di marcia per realizzare il Green New Deal”.

3. Si può fare bene facendo del bene

Una nuova frase – si legge nel libro – è entrata nel dibattito pubblico sugli investimenti economici: “fare bene facendo del bene “, che è una citazione da Benjamin Franklin. L’idea era che non ci deve essere, né dovrebbe esserci, una netta divisione tra le buone pratiche commerciali morali e sociali e il risultato finale. Piuttosto, è stato sostenuto che si tratta di una falsa dicotomia: in realtà, fare bene facendo del bene migliora i profitti”.

Rifkin, nel ridisegnare una nuova società che punta alla decarbonizzazione e alla sostenibilità, parla di capitalismo sociale. “La mossa da parte dei fondi pensione pubblici e privati di prelevare miliardi di dollari dei loro investimenti dal settore dei combustibili fossili e dalle industrie collegate e reinvestirli nell’economia verde intelligente segna l’avvento dell’era del capitalismo sociale. Gli investimenti socialmente responsabili sono passati dai margini delle decisioni di investimento al nucleo stesso dell’attività di mercato, fornendo le basi per la più fondamentale delle transizioni: la strategia di uscita dalla civiltà dei combustibili fossili. L’investimento socialmente responsabile prende il centro della scena”.

Jeremy Rifkin si definisce un ottimista, un attivista che riesce a ottenere l’attenzione dei politici e che, alla domanda sul più grande risultato ottenuto nella battaglia per un mondo decarbonizzato risponde “Hanging on there”, resistere ancora.

 

Immagine di copertina di World Travel & Tourism Council, CC-BY 2.0

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