Economia circolare e SDG 3: una salute circolare è possibile

I rifiuti sanitari sono molti di più di quelli che possiamo permetterci: il settore, molto spesso, manca di separare all’origine i rifiuti pericolosi da quelli non pericolosi, destinando tutti indistintamente all’incenerimento. La grande maggioranza dei rifiuti prodotti dal settore sanitario, infatti, è in realtà non pericoloso e potrebbe essere tranquillamente riciclato

Immagine distribuita da CiaoComo con licenza CCO

Quando negli ospedali statunitensi, nel 2020, mancavano mascherine e altri dispositivi di produzione, in molti si resero conto che era possibile riutilizzare il cosiddetto “monouso”, se sottoposto a specifici interventi di sterilizzazione. Con interventi di questo tipo, attuati tramite attrezzature già esistenti, sarebbe stato possibile evitare la discarica per 100.000 mascherine al giorno. Molto spesso, ci dicono alcuni studi, il monouso in ambito medico è un modo per nascondere una forma di obsolescenza programmata dei prodotti sanitari. Diverse apparecchiature non consentono nemmeno la riparazione, anche per via dei software protetti da copyright che li “abitano”, ma sarebbero tantissime le opportunità di un’economia circolare applicata alla salute, considerando anche che molti dispositivi (ad esempio gli scanner per risonanza magnetica e TAC) sono realizzati con metalli preziosi che stanno diventando sempre più scarsi e costosi. Il ricondizionamento delle tecnologie ospedaliere consentirebbe un notevole risparmio, benefico per imprese, stati e ospedali e addirittura salvifico – come abbiamo visto – nel caso di una pandemia o scarsità di risorse. 

I rifiuti del settore “usa e getta” per eccellenza

Per dare un’idea delle spese, seppur in un sistema molto diverso dal nostro, si può ricordare che il costo stimato dei rifiuti nel sistema sanitario statunitense varia da 760 miliardi a 935 miliardi di dollari, rappresentando circa il 25% della spesa sanitaria totale, mentre i potenziali risparmi derivanti da interventi che riducono i rifiuti oscillano da 191 miliardi di dollari a 286 miliardi, rappresentando una potenziale riduzione del 25% del costo totale dei rifiuti.

Secondo i dati che si riferiscono all’Europa, invece, i rifiuti sanitari sono molti di più di quelli che possiamo permetterci: il settore, molto spesso, manca di separare all’origine i rifiuti pericolosi da quelli non pericolosi, destinando tutti indistintamente all’incenerimento. La grande maggioranza dei rifiuti prodotti dal settore sanitario, circa l85%, infatti, è in realtà non pericoloso e simile ai rifiuti domestici, pertanto potrebbe essere riciclato.

Ma come si misura l’impatto dell’economia circolare sull’economia della salute?

Un report dell’OMS del 2016, dedicato alla sanità europea, ha analizzato i potenziali benefici delle strategie di economia circolare applicate agli ospedali e alle strutture sanitarie. I vantaggi finanziari e ambientali si sono visti nel passaggio a prodotti medici riutilizzabili e nel miglioramento del trattamento delle acque reflue ospedaliere. Ad esempio, le misure di trattamento di minimizzazione dei rifiuti che sono state sperimentate all’ospedale universitario di Freiburg hanno prodotto un risparmio annuale di 321.000 euro, mentre un caso di studio si è rivelata l’analisi sugli ospedali in Danimarca, che ha evidenziato notevoli risparmi potenziali derivanti dall’adozione dell’economia della performance, l’opportunità chiave per l’economia circolare in tutti i settori. Ma come applicarlo alla sanità?

I modelli performativi riguardano contratti in cui il cliente paga per l’utilizzo di un prodotto (es. tramite leasing) piuttosto che per il prodotto stesso. Ciò aiuta a ridurre al minimo i costi totali, poiché la proprietà può comportare costi di investimento iniziali, rischi (riparazione, manutenzione o obsolescenza) e costi di trattamento alla fine dell’uso, mentre i modelli prestazionali possono ridurre i costi di acquisto e manutenzione e massimizzare le prestazioni.

Alcune direttive europee in materia di riciclo delle sostanze pericolose suggeriscono di consentire pienamente le operazioni sul mercato secondario e aumentare la disponibilità di parti di ricambio per determinate apparecchiature elettriche ed elettroniche. Notevole la riduzione dei costi e degli oneri amministrativi per azioni che oltre a far crescere il mercato della vendita secondaria farà risparmiare agli ospedali europei circa 170 milioni di euro dopo il 2019 grazie al mantenimento della possibilità di rivendere e acquistare dispositivi medici usati.

Superare le questioni di compliance e i limiti geografici, ma anche allineare la legislazione europea con quella dell’FDA, tutelare la responsabilità del produttore sono i temi all’ordine del giorno nell’Unione Europea sul tema del riciclo delle attrezzature mediche.

Importante anche il risparmio sulle spese sanitarie con l’attuazione di iniziative di economia circolare: minore inquinamento migliora la qualità della salute. Le malattie legate all’inquinamento, infatti, comportano costi sanitari equivalenti a circa l’1,7% della spesa sanitaria annuale nei paesi ad alto reddito e fino al 7% nei paesi a reddito medio che sono fortemente inquinati e in rapido sviluppo. D’altra parte, costi sanitari aggiuntivi potrebbero derivare dalla dispersione di chimiche problematiche non riciclate nel modo corretto, problema che le iniziative circolari risolvono alla base.

Inoltre, un ridimensionamento dell’impronta energetica del settore è necessaria: i sistemi sanitari mondiali rappresentano il 4% delle emissioni globali di CO₂, più dell’aviazione globale o dell’industria navale

La cura da remoto e la dematerializzazione della sanità

La principale iniziativa di economia circolare in ambito medico è quella di Philips: consapevoli che l’80% dell’impatto ambientale totale di un prodotto è determinato in fase di progettazione, hanno puntato per la produzione dei loro dispositivi sull’ecodesign circolare tramite approccio olistico. Ciò significa, fin dall’inizio del processo di creazione del prodotto, progettare per un peso inferiore e per contenuto riciclabile, nonché progettare per la manutenzione, l’aggiornabilità, la modularità, il riciclaggio, il recupero delle parti e/o la rimessa a nuovo.

Non esiste, però, un prodotto “circolare”: lo diventa solo se abbinato a soluzioni di business performative basate sull’utilizzo e sui risultati. Ad esempio, l’azienda olandese sta passando dalla vendita del prodotto o del sistema fisico all’offerta del suo utilizzo “come servizio”. In questo modo, gli ospedali possono accedere alle funzionalità, ad esempio, di imaging, analisi e informatica di alta qualità, senza spese di capitale iniziali. Modelli come questo hanno l’ulteriore vantaggio di supportare il riutilizzo e il riciclaggio, contribuendo così all’uso sostenibile delle risorse.

Alcuni dei progetti di Philips ispirati all’economia circolare mirano a soddisfare tutti i bisogni dei clienti con soluzioni digitali, tramite software e dematerializzazione per rendere le aziende sanitarie meno schiave dei materiali fisici; rendere sempre i macchinari adattabili e flessibili ad aggiornamenti in fase di progettazione; ridurre la dipendenza dagli ospedali in tutto il percorso di cura, quindi immaginare soluzioni di e-healthcare e assistenza da remoto, ad esempio il monitoraggio remoto innovativo in un percorso di cura post intervento cardiaco, consentendo ai pazienti di essere dimessi dall’ospedale molto prima e riducendo così l’impronta di carbonio dell’ospedale (ricordiamo che ogni posto letto produceva fino a qualche anno fa 2,5 kg di rifiuti al giorno solo in Italia). Infine l’attenzione alla catena del valore rende l’azienda attenta alle soluzioni di ristrutturazione per i costosi macchinari di risonanza magnetica che garantisce risparmio grazie al riutilizzo dei componenti.

Solidarietà circolare del farmaco

Si tratta di un’iniziativa di Banco Farmaceutico che punta sulla nostra brutta abitudine di lasciare farmaci inutilizzati nelle case fino a scadenza. L’iniziativa va ad inserirsi in questo spazio di vita del prodotto che normalmente in questi casi si trasformerebbe in “rifiuto speciale” difficile da smaltire, per restituirgli valore tramite il Recupero Farmaci Validi non scaduti (RFV) alla quale aderiscono diverse farmacie in Italia. Proprio nelle farmacie aderenti vengono posti appositi contenitori di raccolta in cui ognuno, assistito dal farmacista, che ha il compito di garantire la correttezza dell’operazione, può donare i medicinali di cui non ha più bisogno, quando hanno ancora almeno 8 mesi di validità e la confezione è integra. I farmaci donati vengono poi consegnati agli enti assistenziali convenzionati con Banco Farmaceutico.

In questo modo si è in grado di garantire un approvvigionamento di farmaci per tutto il corso dell’anno. A beneficiare delle donazioni sono quelle strutture che si occupano di assistenza sanitaria, quelle che hanno personale medico che può dispensare farmaci con obbligo di prescrizione e quelle che dispongono di armadio o magazzino farmaceutico. Vengono così ogni anno raccolti e recuperati oltre 1 milione di medicinali che sono donati a 1.844 realtà in tutta Italia. Un’idea che, grazie alla collaborazione di diverse aziende del settore farmaceutico e sanitario, unisce i principi dell’economia circolare a quelli della solidarietà.

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