Benessere Equo e Sostenibile: Italia promossa in Ambiente?

Una “prevalenza di segnali positivi” negli indicatori ambientali rilevati dall’ultimo rapporto su Benessere Equo e Solidale di Istat. In particolare migliorano quelli riferiti alla qualità dell’aria nelle città (PM10 e NO2) e alla gestione del ciclo dei rifiuti urbani, anche se per questi vengono solo rilevati il conferimento in discarica di rifiuti urbani e la percentuale di raccolta differenziata.

A peggiorare, invece, il consumo di suolo che continua ad avanzare e la superficie complessiva dei siti contaminati oggetto di procedure di bonifica ambientale (quasi 370 mila ettari nel Paese). Segnali negativi arrivano anche dalla gestione delle risorse idriche: aumenta, infatti, la popolazione esposta al rischio idrogeologico da frane e alluvioni e peggiora l’efficienza delle reti di distribuzione dell’acqua.

Indicatori di efficienza BES del rapporto Istat

Se si guarda all’inquinamento da polveri sottili, si nota come questo colpisca in particolare le città del Nord, dove nel corso del 2018 il 43,4% delle centraline hanno rilevato il superamento dei valori limite, con picchi dell’86,4% in Veneto e del 61,5% in Lombardia. L’inquinamento da biossido di azoto è invece più omogenea, nonostante nel Mezzogiorno si registri una situazione migliore, con un 9% soltanto delle centraline che ha rilevato il superamento del limite di legge, a fronte di un 13% del Centro e di un 13,4% del Nord.

Italia promossa?

In generale, secondo il rapporto, la situazione è apparentemente buona, anche se il miglioramento degli indicatori, si legge, sia da considerarsi “più un caso che una precisa strategia di sviluppo”. Nell’ultimo decennio, a fronte di un marcato rallentamento della crescita economica, anche la pressione che il sistema economico esercita sull’ambiente è, infatti, diminuita in alcune delle sue componenti fondamentali quali emissioni di gas serra e consumo materiale interno. Indice che, per il perdurare delle difficoltà economiche generali, non offre però certezze rispetto all’effettiva rottura del legame fra crescita economica e pressione sull’ambiente.

Italia come il resto d’Europa?

Analizzando due misure generali della pressione esercitata dal sistema economico sull’ambiente, ovvero le emissioni di gas serra e il consumo materiale interno (Cmi), una stima della quantità di risorse materiali trasformate dal sistema economico, il rapporto mette in evidenza la prima posizione dell’Italia come Paese che consuma più risorse in assoluto, nonostante sia quello che ne consuma meno in rapporto alla propria popolazione: 7,4 tonnellate pro capite, poco più di metà della media dei 28 Stati membri (13,8).

Consumo materiale interno nei paesi dell’Ue. Anno 2017 (a). Tonnellate pro capite
Consumo materiale interno nei Paesi dell’Ue. Anno 2017 (a). Tonnellate pro capite

Se si guarda alle emissioni di gas serra, si legge come, nel 2017, oltre il 60% delle emissioni dell’intera UE provenisse da cinque Paesi: Germania (21,4%), Regno Unito (11,5%), Francia (10,3%), Italia (9,4%) e Polonia (9,2%), con una riduzione consistente di emissioni nel periodo 2008-2017 registrate solo per Italia e Regno Unito (-25 e -26,7%).

Energie rinnovabili: bene ma si può migliorare

Importanti progressi, secondo il BES, si rilevano nell’impiego delle energie rinnovabili, per le quali l’Italia raggiunge in anticipo l’obiettivo 2020 stabilito dall’Unione europea. In Europa, dal 2008 al 2017, la quota di consumo di energia da fonte rinnovabile è salita dall’11,3 al 17,5%, mentre in Italia è passata dall’11,5% al 18,3% per raggiungere in anticipo il proprio obiettivo nazionale (17%). Nonostante i progressi rilevati, la posizione dell’Italia è ancora lontana da quelle di Paesi quali Svezia, Finlandia, Lettonia e Danimarca, con quote comprese fra il 35% e il 55%.

Consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili nei paesi Ue. Anni 2008 e 2017. Valori percentuali
Consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili nei paesi Ue. Anni 2008 e 2017. Valori percentuali

Italiani soddisfatti?

7 italiani su 10, esattamente come dieci anni fa, si dichiarano molto o abbastanza soddisfatti dello stato dell’ambiente nella zona in cui vivono, con evidenti differenze rispetto ai territorio di residenza: mentre al Nord si dichiarano soddisfatti circa 3 cittadini su 4, nel Mezzogiorno la proporzione scende a 2 su 3.

Si ferma nel 2018 la crescita (costante dal 2012 a oggi) della preoccupazione per la perdita di biodiversità espressa ora dal 21% degli italiani. Un indicatore in cui a fare la differenza è il titolo di studio degli intervistati (le percentuali sono più elevate fra le persone con livello di istruzione medio-alto), la ripartizione di residenza (i valori decrescono da Nord a Sud), ma soprattutto l’età (si dichiarano preoccupati per la perdita di biodiversità il 26,5% delle persone da 14 a 34 anni, contro il 16,7% delle persone di 55 anni e più).

Facebook Comments

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here