Supercalcolatori e superintelligenze contro il Coronavirus: intervista a Francesco Frigerio

Cosa distingue la nostra società, così ricca di tecnologia e digitale, da quella che affrontò altre epidemie in passato? Siamo davvero così impotenti di fronte a Coronavirus oppure abbiamo delle opportunità in più di trovare la cura giusta rispetto al passato? Queste domande ciascuno di noi se le è poste almeno una volta, indossando una mascherina e sentendosi un po’ come quegli uomini e quelle donne che nel 1918 così si difendevano dalla spagnola. Eppure, la situazione è ben diversa e a spiegarlo in modo chiaro è Francesco Frigerio, ricercatore Eni che, insieme alla sua azienda, sta contribuendo attivamente alla ricerca di farmaci efficaci nell’ambito del progetto Exscalate4CoV.

Eni – spiega Frigerio – ha aderito al progetto Exscalate4CoV, mettendo a disposizione competenze ed esperienza di ricerca e la capacità di calcolo del supercalcolatore industriale più potente del mondo: HPC5. L’obiettivo di Exscalate4CoV è quello di mettere insieme conoscenze e tecnologia a livello europeo per fronteggiare al meglio e in tempi rapidi la pandemia, individuando i farmaci più sicuri e promettenti nella lotta al Coronavirus”.

Il progetto è il frutto di una collaborazione guidata dall’azienda biofarmaceutica italiana Dompé, che aggrega 18 istituzioni e centri di ricerca in 7 Paesi europei. “Insieme a Cineca, abbiamo iniziato a lavorare con l’obiettivo di fare simulazione dinamica molecolare delle proteine sulla superficie di SARS-CoV2 che giocano un ruolo chiave nel meccanismo di infezione del virus. I dati che si otterranno dalla modellazione del comportamento di queste proteine su HPC5, serviranno alla fase successiva del lavoro guidata da Dompè durante la quale si confronteranno le strutture con quelle di una banca dati contenente i 10.000 principi attivi dei composti farmaceutici oggi noti. In questo modo, ci si propone di individuare quali fra questi principi attivi – magari un principio attivo sviluppato per curare una malattia completamente diversa – può interagire con il virus e bloccarlo”, continua Frigerio.

Se questa ricerca avrà successo, avremo a disposizione un farmaco già in precedenza sottoposto a tutti i test di laboratorio e clinici del caso, ma già potenzialmente disponibile e pronto per combattere il virus. “Successivamente si svilupperà un’attività per la ricerca di nuove molecole specifiche con funzioni anti-virali create apposta per combattere SARS-CoV2 attraverso lo screening di miliardi di strutture molecolari progettate ad hoc. Nella pratica, si individueranno farmaci per il trattamento immediato della popolazione infetta, a cui seguirà l’individuazione di molecole capaci di inibire la patogenesi del Coronavirus per contrastare i contagi futuri”.

Cosa significa fare modellazione molecolare e perché questa attività si rende necessaria nella lotta al COVID-19?

La modellazione molecolare è un’attività che permette di modellare, appunto, simulare, il comportamento dinamico delle molecole e studiare come queste interagiscono fra di loro, per capire, per esempio, come un virus può interagire con il principio attivo di un certo farmaco. Questa attività di chimica teorica guida la ricerca sperimentale perché permette di simulare al calcolatore numerose strutture molecolari anche mai sintetizzate prima. Individuate al computer le molecole più promettenti, si passano i dati ai chimici sperimentali che possono così concentrarsi solo sulla realizzazione e caratterizzazione delle poche molecole selezionate dalla chimica teorica. Questi calcoli sono molto complessi e richiedono enormi, veramente enormi, potenze di calcolo. Per questo avere a disposizione il più potente supercomputer industriale oggi esistente al mondo, ci permette di ottenere risultati in tempi ragionevoli. Se questa stessa attività si dovesse fare senza l’aiuto di un grande supercomputer avremmo bisogno di anni, mentre è probabile che noi in un paio di mesi riusciremo a modellare le circa trenta proteine presenti in Covid-19, per consegnare il lavoro ad altri ricercatori che potranno fare attività sperimentale. Il traguardo entro cui si confida di poter avere un farmaco efficace è la fine del 2020.

Perché sono necessarie potenze di calcolo elevate come quelle garantite da HPC5?

HPC5 è il nuovo supercalcolatore di Eni, che affianca il sistema precedente, HPC4, triplicandone la potenza di calcolo da 18 a 52 PetaFlop/s. Riesce a fare 52 milioni di miliardi di operazioni matematiche in un secondo, e sta dando una spinta decisiva al progetto Exscalate4CoV. Per fare un esempio concreto, per simulare il comportamento di una certa proteina virale con HPC5 ci mettiamo circa dieci giorni, mentre con HPC4, che era il più potente supercomputer industriale al mondo solo due anni fa, ci sarebbero voluti due mesi. C’è da dire che non solo la potenza elaborativa di HPC5 ha fatto la differenza, ma anche il software che utilizziamo, Gromax, un programma di simulazione dinamica molecolare open source in grado di sfruttare al meglio le 7280 GPU del supercalcolatore. Proprio queste unità di elaborazione grafica lo rendono estremamente efficace nei calcoli paralleli necessari per questa modellazione.

Visto che abbiamo nominato un programma open source, qual è il ruolo dell’openness nella ricerca?

Personalmente credo molto nel valore etico dell’open source e dell’apertura della conoscenza in generale. Nel caso della ricerca di farmaci, così come di vaccini, utili a bloccare il Coronavirus, senza Open Science, e quindi la messa a disposizione di tutti delle sequenze di genoma di tutti i virus collegati a SARS-CoV2 come dei repository di ricerca contenenti la struttura delle proteine, non sarebbe stato possibile fare nulla. Nessuno in autonomia avrebbe potuto raggiungere i risultati che stiamo invece raggiungendo tutti insieme. L’azienda per la quale lavoro, per esempio, non si è limitata a offrire finanziamenti, che ammontano comunque a circa 35 milioni di euro, ma ha messo a disposizione HPC5 e, soprattutto, il nostro know how di ricercatori. Adesso più che mai servono non solo risorse finanziarie, che comunque sono arrivate e sono arrivate in fretta anche grazie alle istituzioni europee che le hanno stanziate, ma servono collaborazione, condivisione e apertura della conoscenza, ovvero più intelligenze che si sommano con l’obiettivo di fermare COVID-19.

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