Smart working in PA: si può fare e porta vantaggi non solo all’ambiente

Un’ora e mezza risparmiata a persona per recarsi presso la sede di lavoro, 46 milioni di km evitati pari a un risparmio di 4 milioni di euro di mancato acquisto di carburante e un taglio di emissioni e inquinanti che ENEA stima in 8mila tonnellate di CO2, 1,75 t di PM10 e 17,9 t di ossidi di azoto. Questi, in estrema sintesi, i dati riferibili agli impatti ambientali e a favore di Zero Carbon del telelavoro e dello smart working analizzati da Enea e pubblicati nel report “Il tempo dello Smart Working. La PA tra conciliazione, valorizzazione del lavoro e dell’ambiente”, che ha coinvolto 29 Amministrazioni pubbliche (per oltre 5.500 persone) che avevano attivato forme di lavoro agile tra il 2015 e il 2018.

E se l’indagine fosse stata svolta in emergenza COVID-19?

Il ricorso al lavoro a distanza immaginato come pratica su larga scala, così come successo in emergenza, si presta, secondo quanto scritto nel report, a essere considerato prezioso per i vantaggi che è in grado di apportare alla collettività in termini di contenimento di fenomeni locali di congestione del traffico urbano, di diminuzione dell’inquinamento atmosferico e di contenimento dei consumi di fonti fossili per un futuro zero carbon.

I risultati – afferma Marina Penna, una delle ricercatrici che ha curato l’indagine assumono un particolare significato in questi giorni in cui circa il 75% dei dipendenti pubblici lavora in modalità smart working e confermano che le amministrazioni che lo avevano già adottato si siano dimostrate più reattive e competitive rispetto alle altre nell’affrontare l’emergenza. La mobilità è il fattore chiave di un sistema complesso che ruota attorno all’organizzazione del lavoro e si configura come una delle principali cause dei consumi energetici e dello stress ambientale sul quale occorre intervenire con estrema rapidità. Del resto le conclusioni dell’ultimo rapporto dell’IPCC sono piuttosto chiare quando sostiene che saremo in grado di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C, rispetto ai livelli preindustriali, solo se mettiamo in atto modifiche senza precedenti delle nostre abitudini in tutti gli ambiti della società, quali l’energia, il territorio e gli ecosistemi, le città e le infrastrutture, nonché l’industria”.

Quali i vantaggi dello smart working in termini di sostenibilità ambientale?

Numerosi i vantaggi rilevati dal rapporto: si va da una migliore qualità del lavoro, a una più facile conciliazione lavoro-famiglia, alla valorizzare delle persone. La cosa più interessante è però riferita alla possibilità, evidenziata dallo studio, di modificare comportamento stabili, su larga scala, in grado di incidere su livelli di congestione e di inquinamento e possibili da impostare tramite policy urbane integrate, aprendo a una maggiore flessibilità nella scelta di luoghi e dei tempi di lavoro.

Per apprezzare il potenziale dello smart working, si può dire che le 8.000 tonnellate di CO 2 evitate grazie a questa forma di lavoro rappresentano, in termini di “alberi equivalenti”, l’assorbimento di 500 ha di bosco per ciascuno dei quattro anni dell’indagine. Se si fa un parallelo con i meccanismi di risparmio di CO 2 associati alla produzione di energia da fonti rinnovabili, rappresentano il risparmio associato alla produzione di 15 GWh circa di energia eolica 24 a cui è possibile collegare, nello stesso periodo, un valore di incentivi pari a poco più di 2,1 milioni di euro. Parametri che consentono di capire quanto potrebbe essere sensato anche investire nella diffusione del lavoro agile.

Il ricorso alle modalità di lavoro flessibile ha evitato complessivamente l’emissione di un quantitativo di NOx pari a quello associato al consumo di energia elettrica in un anno di 27.908 famiglie italiane composte da 3-4 persone.

Quali i vantaggi per i lavoratori in termini di qualità del tempo vita?

Andando ad analizzare gli impatti dello smart working sulla dimensione personale, lo studio ha rivelato che il tempo liberato dagli spostamenti quotidiani non è solo un guadagno in termini di “quantità” ma anche la riscoperta della qualità del tempo “liberato”, ovvero della possibilità di gestire meglio e con maggiore soddisfazione attività lavorativa e vita privata. Il tempo “di vita”, del resto, si posiziona tra i gradini più alti della gerarchia dei bisogni, probabilmente per una tendenza a quella che lo stesso report definisce la “società dell’accelerazione”, che vede pressioni sempre più forti sui singoli. Se è vero che si parla di tempo liberato, è anche vero, si sottolinea nello stesso report, che questo spesso finisce per essere utilizzato come tempo di cura di figli e familiari e “il modello familista rischia di imporre condizioni che limitano l’individuo, in particolare le donne, nel processo di crescita verso una piena partecipazione alla vita civile e sociale”.

Quali i vantaggi per la PA (e non solo)?

Il lavoro agile rappresenta per le Pubbliche Amministrazioni una opportunità di riorganizzazione delle attività, volta a una maggiore efficienza e a un possibile risparmio. La scommessa, secondo lo studio, si gioca su due fronti. “Da una parte opera la volontà delle amministrazioni di mettersi in gioco con il lavoro agile per affrontare quei nodi concettuali e regolamentari che, nel telelavoro, sono stati in qualche modo aggirati. Dall’altra la sempre più diffusa evidenza dei molteplici vantaggi associati alla flessibilità organizzativa del lavoro per amministrazioni, imprese, singoli e collettività ha un’azione “destabilizzante” per i vecchi equilibri”. E la fase post COVID-19 potrebbe essere un ottimo momento per abbattere le resistenze e sposare nuovi modelli di lavoro che si dimostrano “zero carbon friendly”, e non solo.

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