Comunicazione etica e coerente per la sostenibilità: intervista a Paolo Tedeschi di Canon Italia

COVID-19 ha insegnato che ci si può accorgere della strategicità della comunicazione proprio nel momento in cui questa non aiuta come dovrebbe a comprendere i fenomeni emergenziali. Abbiamo sentito il bisogno di una “buona comunicazione” in questo periodo, chiara ed efficace e ne avremo bisogno ancor di più in un futuro prossimo scandito dalle fasi”. Paolo Tedeschi, Corporate Communication & Marketing Services Senior Manager di Canon Italia e membro del board comunicazione in Canon EMEA, descrive il ruolo della comunicazione, governativa e aziendale, riassegnando a questa un valore centrale, non sempre percepito come tale. “C’è buona comunicazione se c’è strategia di medio e lungo periodo, se c’è attenzione a cosa si vuole comunicare e soprattutto se ci sono una programmazione e un’analisi corrette. La comunicazione non cambia in emergenza: non può cambiare, può essere indirizzata meglio. Quella di Canon non è mutata perché ha sempre avuto una sua direzione, orientata come il business alla filosofia Kyosei: “agire e lavorare insieme per il bene comune”. E’ cambiato chiaramente il modello operativo, perché già dal 21 febbraio si è sentita la necessità di convocare il comitato di crisi locale e internazionale in Canon, ma gli obiettivi della comunicazione sono rimasti gli stessi di sempre, con un orientamento legato alla salvaguardia della salute dei colleghi e dei loro familiari”.

Cosa significa “comunica bene” per un’azienda o una PA? Quali sono i presupposti per farlo?

Per comunicare bene occorre essere preparati e costantemente alla ricerca di approfondimenti riferiti alle notizie da far uscire. Niente può essere lasciato al caso o improvvisato solo per la smania di dover comunicare. Tanto più in una realtà come quella di Canon che ha conquistato, in oltre 80 anni di vita, un posto di rilievo a livello mondiale in termini di credibilità del brand. Una delle prime cose che ho imparato, una volta entrato nel ruolo aziendale, è stata quella ascoltata durante il primo meeting scandito da una indimenticabile cerimonia del tè con la massima carica aziendale in termini di brand reputation. Una frase che mi porto dietro e che condivido costantemente con il mio team composto da quattro professioniste: nel dubbio se promuovere la tua azienda o proteggerla, scegli di proteggerla. E’ un approccio coerente, fermo, etico, orientato all’attenzione per ogni particolare, che ha modificato il mio modo di gestire la comunicazione, diventato ancora più ragionato e attento all’etica; anche a livello personale. Nella pratica non devono restare parole non dette e non si deve dare troppa enfasi alle cose da comunicare, soprattutto in tempo di crisi o di emergenza.

La comunicazione può supportare la sostenibilità?

La comunicazione può veicolare l’importanza della sostenibilità ambientale, sociale, economica per un’azienda soltanto se è parte integrante dell’azienda stessa. Si può parlare di sostenibilità solo se c’è un comportamento coerente dell’azienda e di tutte le persone ad essa collegate. Non è possibile comunicare sostenibilità se non si parte dal promuoverla al proprio interno e dall’applicarla a ogni processo produttivo e soprattutto, di relazione. Parlando di Canon, posso dire che la sostenibilità e la responsabilità sociale sono nel DNA dell’azienda, pertanto in questo caso diventa facile comunicare progetti che si attivano in un quadro di sostenibilità, come quelli legati all’economia circolare e al riuso. O quelli finalizzati a supportare il raggiungimento degli obiettivi dell’SDG 5 sulla parità di genere o quelli che, attraverso l’uso delle immagini, vogliono sensibilizzare le persone in merito ai problemi del cambiamento climatico o della tutela ambientale.

Oggi si parla di “new normal”, di nuova normalità nel post emergenza: come cambia, se cambia, il ruolo della comunicazione in questa nuova fase?

Pur rispettando il pensiero comune, a me non piace parlare di new normal, perché ritengo che ognuno di noi abbia un proprio concetto di normalità. Penso che non esista una nuova normalità, non è cambiato nulla rispetto al bisogno di incontrare le persone e costruire un ponte con loro; alla bellezza di un sano confronto dialettico, non si può rinunciare. La necessità di comunicare non è cambiata: magari riusciremo ad apprezzare maggiormente ciò che si pensava fosse scontato e che finalmente abbiamo capito non lo era affatto. Ci adatteremo al cambiamento opportunamente per non soccombere, non saremo perfetti come non lo eravamo prima ma, forse riusciremo ad indirizzare nel migliore dei modi il nostro operato, il nostro comportamento, dando concretezza alle nostre azioni.

Parlando di concretezza, quali sono state le iniziative di solidarietà promosse da Canon nel periodo di pandemia?

Abbiamo immediatamente ragionato in un’ottica di concretezza, agendo su due aspetti fondamentali in regime di lock-down e su due fronti. Da un lato, si è fatto ciò che abbiamo pensato potesse essere utile alle persone che erano costrette a casa mettendo a disposizione la nostra conoscenza in termini di costruzione dell’immagine, con corsi “aperti” di fotografia con l’aiuto e la guida della nostra Academy. Dall’altro, e parliamo di solidarietà, tanti progetti finalizzati a portare agli ospedali da campo, alle RSA e alle scuole, ciò di cui avevano bisogno: stampanti, digital camera e computer. Infine un gesto molto significativo a livello mondiale: Canon Inc. ha aderito a COVID-19 Countermeasure Declaration, impegnandosi a non far valere i propri brevetti, modelli di utilità, progetti o diritti d’autore durante l’attuale crisi a favore di qualsiasi attività il cui scopo è fermare la diffusione di COVID-19, tra cui le attività di diagnosi, prevenzione, contenimento e trattamento.

Cosa mette Canon nella valigia della fase 2?

Canon Emea ha previsto diverse “cose” da mettere in valigia. Azioni concrete prima che buoni propositi, che lo erano ancor prima dell’emergenza: dall’economia circolare con i prodotti pensati già per il riuso; all’uso delle immagini per ispirare le generazioni future e sensibilizzarle sui temi della sostenibilità, alla sicurezza dei prodotti legata all’attenzione per l’ambiente con la contestuale riduzione delle emissioni di anidride carbonica. E per finire, ai diritti umani e alla diversity, ovvero alla valorizzazione delle differenze di genere, argomento sul quale c’è ancora tanto da fare e tempo da investire su progetti mirati.

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