SDG13: a che punto siamo e come il digitale può aiutare?

Il goal 13 di Agenda 2030, lotta al cambiamento climatico, è uno di quelli per i quali c’è grande preoccupazione, non solo riferita all’ambiente ma anche all’economia e alla società, visto che, come riporta la terza edizione Istat del Rapporto sui Sustainable Development Goals (SDGs) di Agenda 2030, quando si parla di SDG13 ci si muove “nel quadro di una più ampia crisi ambientale risultante delle alterazioni degli ecosistemi naturali: prelievi eccessivi di risorse, immissione di inquinanti, stravolgimento degli equilibri ecologici”.

Quali i provvedimenti adottati finora?

Per fronteggiare il rischio climatico, grazie al lavoro di Nazioni Unite e agli accordi fatti quali il Protocollo di Kyoto e gli Accordi di Parigi, i Paesi si sono “impegnati a contenere l’incremento della temperatura media globale tramite la riduzione delle emissioni e l’aumento degli assorbimenti (mitigazione), oltre che a predisporre strategie di adattamento per difendersi dagli effetti avversi”. Nella pratica una complessa sfida globale che richiede una transizione verso una economia più sostenibile.

Qual è la situazione per il goal 13 di Agenda 2030?

Secondo quanto rilevato da Istat nel suo rapporto 2020, le emissioni di anidride carbonica da combustione fossile a livello globale sono aumentate del 41% nel 2017 rispetto ai valori del 2000. A contribuire in modo diverso sono Paesi sviluppati e in via di sviluppo, visto che i primi, a partire dal 2008, grazie all’efficientamento delle risorse, hanno progressivamente ridotto le emissioni di circa l’11%, mentre i secondi, un po’ per un marcato aumento delle quote di produzione legate allo sviluppo industriale, un po’ per la delocalizzazione, le hanno aumentate.

In Europa, secondo quanto riportato dal rapporto, “continua la diminuzione delle emissioni complessive di gas serra”, mentre “il valore delle emissioni di gas climalteranti pro capite risale a quota 8,8 tonnellate di CO2 equivalente”.

E in Italia?

Se guardiamo al nostro Paese, si rileva una sostanziale stabilità nei valori di emissioni di gas climalteranti pro capite (7,3 ton CO2 per abitante nel 2017). Secondo Istat, “le emissioni atmosferiche delle unità residenti, che ammontano in Italia nel 2018 a 438.124 migliaia di tonnellate di CO2 equivalente, sono per i tre quarti generati dalle attività produttive e per un quarto dalla componente consumi delle famiglie”.

A preoccupare sono i fenomeni metereologici estremi che si sono intensificati nel nostro Paese negli ultimi anni e che hanno portato quelli che nel report sono definiti “eventi a cascata multirischio”, quali “frane, alluvioni, incendi boschivi, fenomeni climatici estremi, ondate di calore, deficit idrici, siccità e desertificazione”, con conseguenti perdite umane e danni economici e ambientali.

Se si guarda alle anomalie di temperatura media, nel 2018 queste hanno registrato un incremento pari a 1,71°C in Italia (a fronte di 0,98°C a livello globale rispetto ai valori climatologici normali 1961-1990).

Perché è importante agire (subito) per raggiungere gli obiettivi fissati da SDG13?

Il riscaldamento globale, provocato anche dall’aumento delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, secondo il report Istat, “è dovuto principalmente alle emissioni di origine antropica. L’insieme di reazioni che si producono a catena comprende le alterazioni del sistema pluviometrico, lo scioglimento di ghiacciai, l’aumento della temperatura dei mari e degli oceani e la loro acidificazione, l’innalzamento del livello del mare, l’intensificarsi di fenomeni meteorologici avversi”.

Gli effetti di queste trasformazioni, sotto gli occhi di tutti, sono “distruttivi” non solo per l’ambiente: “alterazione degli ecosistemi, perdita di biodiversità e di quantità e qualità di suolo, ondate di calore e crisi idriche, con gravi ripercussioni sul sistema economico e sociale”. Nonostante gli sforzi, gli accordi, i confronti tra i vari Paesi, il rapporto evidenzia come “sul piano pratico non si sono però realizzate azioni concrete che abbiano portato ad una sistematica riduzione delle emissioni, soprattutto da parte dei maggiori contributori, come la Cina e gli Stati Uniti, questi ultimi usciti formalmente dagli accordi nel 2019”.

Quale il contributo delle tecnologie digitali?

Il contributo delle tecnologie digitali è determinante nella gestione del processo di mitigazione dei cambiamenti climatici. Lo sviluppo di ecosistemi digitali sempre più complessi e articolati può infatti consentire di ottenere forti vantaggi nella gestione del consumo energetico, e conseguentemente una riduzione delle emissioni di gas serra in un’ottica zero carbon, come illustrato in questo approfondimento. In pochi altri ambiti come questo, infatti, è determinante la dimensione di “ecosistema” legato alle tecnologie, che vede i vantaggi derivanti dal ricorso al digitale direttamente collegati alla possibilità di sfruttare i vantaggi combinati di tecnologie differenziate che complessivamente contribuiscono allo sviluppo di un sistema complesso e coordinato. Non è tanto l’intelligenza artificiale in sé a poter produrre effetti positivi sull’ambiente, né l’IoT o la robotica. Il vantaggio in termini di sostenibilità digitale deriva dal fatto che la sempre più amplia possibilità – consentita dalla diffusione dell’IoT – di rilevare le condizioni di contesto (ambientali, climatiche, ecc…) trova una sponda in quella dei sistemi di analisi dei Big Data che, grazie ad algoritmi di Deep Learning, permettono di interagire con sistemi di automazione e robotica che interagendo con l’ambiente possono ottimizzare i consumi degli oggetti con i quali interagiamo. E questo vale in agricoltura come nella gestione dei consumi energetici degli edifici; nei trasporti come nella gestione dei rifiuti. Insomma, il vero punto di forza nella gestione delle tecnologie digitali per la mitigazione del cambiamento climatico consiste, più che in una tecnologia, nella capacità di costruire ecosistemi digitali integrati, che siano in grado di interagire con l’ambiente e rendere contesti rurali ed urbani sempre più intelligenti e “smart”.

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